E ora il Toro si schiera contro Borsano

La squadra di calcio si costituisce parte civile nel processo all'ex presidente granata La squadra di calcio si costituisce parte civile nel processo all'ex presidente granata E @m il Toro si schiera contro Borsono Non avrebbe versato 15 miliardi alla società Il finanziere nella prima udienza era assente IL CASO un mmm IL Toro è stato il suo grande amore. E ora, tra i suoi «nemici», Gian Mauro Borsano vede spuntare anche quella maglia granata che era in cima ai suoi sogni. Il Torino Calcio lo ha «tradito» e ieri, nell'udienza preliminare, s'è costituito parte civile contro di lui. Gli chiede conto di una quindicina di miliardi che Borsano non avrebbe versato nelle casse della società, denaro arrivato per vie estere da Milan e Juve per le vendite di Dino Baggio e Gigi Lentini. Una mazzata tremenda per l'ex finanziere un po' spregiudicato, affarista furbo e politico forse non proprio di razza alla corte di Craxi. Borsano ieri era assente, ma sapeva del «tradimento» in arrivo, e forse anche per questo ha preferito tenersi lontano dall'aula. Non è paura la sua, ma delusione per un qualcosa che non avrebbe mai potuto neppure immaginare anche nelle più nere previsoni. «Il Toro e la "Gazzetta del Piemonte" sono stati i miei due grandi amori, e si sono trasformati in due grandi delusioni. Ma io al Toro non ho rubato nulla, ho versato tanti soldi, poi ho cercato di recuperare qualcosa quando le mie società sono andate in crisi», ha detto una volta l'ex deputato. Secondo l'accusa, sostenuta dai pm Sandrelli, Avenati Bassi e Riccaboni, Borsano chiese un «surplus» in nero, estero su estero: 10 miliardi dal Milan (per Lentini) e 4 dalla Juve (per Baggio). Soldi che l'allora presidente granata non versò nelle casse della società. Ma si tratta di appropriazione indebita? Borsano, assistito dall'avvocato Tom Servetto, respinge l'accusa e sostiene che si tratta di un «surplus» che gli fu versato dalle società per «ripagarlo della perdita di popolarità nei confronti dei tifosi». Un costo aggiuntivo, niente di più. Ma Borsano, che ha lasciato l'I¬ talia per tentare avventure commerciali in Sierra Leone, deve rispondere, assieme ai suoi fidi collaboratori, di ben altri reati: dalla bancarotta fraudolenta al falso in bilancio, alle false comunicazioni sociali. Solo gli addetti ai lavori riescono a districarsi nella miriade di vicende, nove per la precisione, che lo vede coinvolto. C'è il filone dei fallimenti delle varie società, della finanziaria Ipifim, della «Gazzetta del Piemonte», un groviglio quasi inestricabile. Ma né Borsano, né gli altri imputati arriveranno nell'aula del tribunale. Tutti hanno chiesto di chiudere al più presto i loro conti con la giustizia. Qualcuno ha già patteggiato. E' il caso di Angelo Moriondo, presidente del collegio sindacale (avvocato Tardy), dall'89 al '92, che ha patteggiato un anno e 8 mesi di carcere e di Giovanni Matta, segretario amministrativo del Toro (difeso dall'avvocato Anfora) che ha chiuso il conto con la multa di 4 milioni e 750 mila lire. Ma tutti gli altri hanno chiesto di arrivare al patteggiamento o almeno al rito abbreviato (Borsano): se ne parlerà alla prossima udienza del 15 aprile. Ieri intanto si sono chiarite le posizioni in campo. Oltre al Toro (con l'avvocato Zancan), si sono costituite altre parti civili. Più di 300 creditori deU'Ipifim con gli avvocati Marta e Comellini; per i fallimenti Gima e altri crack (aw. Mazzucchetti). Nino Pietropinto Gian Mauro Borsano

Luoghi citati: Lentini, Sierra Leone