La febbre della domenica di Paolo Patruno

Dopo il «no» delle assemblee i sindacati si interrogano Dopo il «no» delle assemblee i sindacati si interrogano La febbre della domenica Scoppiano i casi Pirelli e Zanussi IL CASO IN FABBRICA MILANO. Il settimo giorno, a Bollate, non vogliono lavorare. E così la Pirelli si trova nel bel mezzo di un braccio di ferro con i suoi dipendenti, che vorrebbe in fabbrica anche la domenica per far marciare la produzione a ciclo completo: martedì i lavoratori hanno bocciato la proposta e annunciato un pacchetto di scioperi, proprio mentre l'azienda fa sapere di non avere alcuna intenzione di cambiare progetto. A Mei, in provincia di Belluno, la «svedese» Zanussi corre un rischio analogo. Dopo aver sottoscritto un'intesa che cambia le rególe del lavoro notturno, l'azienda attende ora il verdetto dei 1800 dipendenti. L'esito non è scontato, anche le fonti sindacali temono che il voto possa essere negativo. I due casi fanno discutere. Nel tentativo di ottimizzare la produzione, la Pirelli ha deciso di mantenere aperti gli impianti per l'intera settimana: per le prossime domeniche, è stato deciso, verranno comunque organizza delle squadre. Il sindacato spiega così il suo rifiuto: «è una proposta che non solo non avrebbe aumentato la produttività, ma avrebbe anche colpito i lavoratori nei loro rapporti familiari». La Zanussi intende invece introdurre un quarto turno, dalla mezzanotte alle sei riducendo (sarebbe la prima volta in Italia) l'orario a 34 ore e mezzo. Qui la posta in gioco va ben oltre il problema della notte. I vertici del gruppo di elettrodomestici non escludono il trasferimento della produzione all'estero. IROMA L sasso l'ha lanciato Raffaele Morese, segretario generale aggiunto della Cisl, che dopo le bocciature alla Pirelli e alla Zanussi del lavoro domenicale e notturno, ammette: «Dalle fabbriche arriva un segnale d'allarme, a riprova che la flessibilità deve abbinarsi alla riduzione degli orari. «Insomma, la questione dell'orario di lavoro si intreccia con l'esigenza delle aziende di sfruttare la potenzialità degli impianti. Ma la riduzione che noi reclamiamo deve essere funzionale a due esigenze dei lavoratori: la tutela dell'occupazione e la qualità della vita dei lavoratori ai quali si richiede un mutamento radicale d'orario strutturale e non solo congiunturale». In concreto, per compensare i disagi del lavoro domenicale o notturno, ossia una flessibilità d'orario che va oltre i processi di ristrutturazione, per Morese ci vogliono «incentivi forti». E la via indicata dal governo e dagli imprenditori per ridurre gli orari attraverso il part-time o l'interinale, resta per il sindacalista della Cisl una soluzione marginale, non serve a tutelare l'occupazione. Un'altra strada è proposta invece dal leader della Uil Pietro Larizza, che avverte: «Attenzione a non generalizzare i casi Pirelli o Zanussi. Questa giostra sull'orario e sugli straordinari, che poi sono lo strumento più usuale della flessibilità, si può risolvere in un modo molto preciso. Inserendo in alcuni settori, per alcune categorie l'orario annuo». Perché, spiega ancora il numero uno della Uil, questo strumento «consente la flessibilità reclamata dalle aziende, evitando però il ricorso generalizzato agli straordinari. In più, consente anche di aumentare i posti di lavoro, migliorando l'occupazione». Questa soluzione non convince, invece, il leader della Cgil Sergio Cofferati che ritiene possa applicarsi solo nelle situazioni congiunturali. Per Cofferati,! casi Pirelli e Zanussi dimostrano che quando si generalizza l'estensione degli orari, con un mutamento radicale nelle abitudini anche di vita dei lavoratori, «allora vengono al pettine tutti i nodi». Perché si tratta di cambiamenti difficili anche se, ammette Cofferati, «hanno ricadute positive sul piano dell'occupazione e possono dare altri vantaggi». Allora che fare, per venire incontro alle esigenze produttive delle aziende alle prese con la concorrenza internazionale? Il quadro tracciato dal leader della Cgil ha queste coordinate: «E' importante coniugare l'utilizzo accresciuto degli impianti con la riduzione degli orari e la definizione di nuove condizioni normative e salariali per i lavoratori». E questi tre elementi devono essere presi in conto tutti insieme, perché affrontati separatamente non offrirebbero alcuna soluzione. Cofferati punta naturalmente l'indice contro «gli atteggiamenti a volte sbagliati di certe imprese che reclamano flessibilità d'orario ma non sono poi disponibili ad accordare vantaggi anche ai lavoratori». Perciò il leader sindacalista sostiene che la flessibilità è praticabile se «la quota di ricchezza prodotta grazie alla flessibilità viene ripartita e non utilizzata solo a vantaggio delle imprese». Di qui la conclusione scontata per Cofferati che «le aziende devono entrare nell'ordine d'idee che la riduzione del¬ l'orario è una pratica contrattuale indispensabile, è una strada da percorrere assolutamente». Il numero uno della Cgil parla di riduzione «articolata», si sottrae a obiettivi precisi, vincolanti. Ma ammette con coraggio l'esistenza di resistenze anche da parte dei lavoratori, indicando che «in più di un caso anche fra i lavoratori sono presenti comportamenti conservativi che si traducono in scarsa disponibilità a sostenere la riduzione degli orari oppure in forme di egoismo che impediscono di creare nuovi posti di lavoro anche attraverso soluzioni avanzate». Una presa d'atto impegnativa, e Cofferati si augura che «l'ultima formulazione dell'accordo per la Zanussi venga accolta positivamente, perché è una soluzione contrattuale avanzata». Insomma, il segretario generale della Cgil non si nasconde che può esistere uno scarto consistente fra il perseguimento dell'obiettivo della riduzione d'orario e la disponibilità dei lavoratori a considerare praticabile questa strada, «anche se una diversa distribuzione dell'orario può dare allafine risultati utili». Paolo Patruno

Luoghi citati: Belluno, Bollate, Italia, Milano