Resa a Clinton nell'Egeo

Le telefonate del Presidente e la mediazione di Holbrooke spengono sul nascere la guerra Le telefonate del Presidente e la mediazione di Holbrooke spengono sul nascere la guerra Resa a Clinton nell'Egeo Ritiro di greci e turchi dall'isola contesa ATENE NOSTRO SERVIZIO La crisi si è risolta all'alba di ieri. Dopo il fermo invito rivolto telefonicamente da Clinton ai premier di Ankara ed Atene, con le prime luci del giorno, gli ammiragliati, quello greco e quello turco, hanno cominciato a ritirare le unità pericolosamente ammassate in un fazzoletto di mare, attorno all'isoletta Imia (o Kardak, secondo Ankara), con una procedura basata sulla reciprocità: fregata per fregata, silurante per silurante, vedetta per vedetta. Da ultimi sono partiti, dagli scogli rispettivamente occupati, anche i commando di sommozzatori delle marine avversarie, portandosi dietro le insegne nazionali a causa delle quali si era rischiato, durante un lungo momento, la degenerazione bellica di questa ennesima schermaglia sulle acque del mare Egeo. Ma da ieri la «guerra delle bandiere», evitata per un soffio nell'arcipelago, si è trasferita ad Atene. Degni di riminescenze di storia classica gli alterchi nel Parlamento, convocato in mattinata dal nuovo capo del governo Costas Simitis, per annunciare la soluzione del confronto ed i termini coi quali questa è stata conseguita. «Siamo riusciti ad evitare l'implicazion ; in un negoziato attorno allo statuto vigente nell'Egeo, dove perennemente ci vogliono trascinare i nostri vicini» ha detto il premier. «Per raggiungere questo obiettivo ottimale, cioè tornare allo statu quo ante, abbiamo accondisceso all'invito di disimpegno inoltratoci dai nostri alleati americani, ai quali vorrei rivolgere i miei ringraziamenti». La tempesta di indignazione, espressa dalle frequenti interruzioni del discorso del premier, non solo dai banchi dell'opposizione ma anche da quelli del Pasok, si è conclusa con l'abbandono sdegnoso dell'aula da parte delle due formazioni di destra, la «Nuova democrazia» di Miltiadis Evert e la «Primavera politica» di Antonis Samaras, dopo repliche frementi in cui il governo è stato accusato di «tradimento nazionale». Non per via del disimpegno, bensì per «l'umiliazione subita accettando di ammainare lo stendardo bianco-blu da un lembo di terra la cui sovranità greca è sancita dai trattati internazionali». Uno scoppio di sdegno, formalmente patriottico, ma daTdecisi riflessi populisti, trasmesso alla popolazione attraverso le mtenninabili trasmissioni della radio e dei canali televisivi greci. «Questa è stata una crisi montata dai mezzi di comunicazione di massa», ha detto ieri in assemblea l'ex ministro degli Esteri neo-democratico Papacostantinu, oggi deputato indipendente. Diagnosi confermata dall'origine della tensione che si è impennata in seguito all'iniziativa di un popolare quotidiano e di un canale televisivo turchi. Come si sa, gli eventi sono precipitati in seguito al colpo di mano mediante il quale un gruppo di giornalisti e dì cameramen avevano issato domenica scorsa la bandiera con la mez- zaluna sullo scoglio conteso. La signora Tansu Ciller, la «Thatcher turca» che guida l'attuale governo di transizione, ha colto al volo l'occasione per cavalcare il furore popolare così fomentato. In Turchia sussiste, fin dal dicembre scorso, una situazione di stallo politico a causa del notevole incremento elettorale conseguito dal partito islamico del Benessere. Necmettin Erbakan, leader di questi integralisti la cui crescita è fonte di preoccupazione, oltre che per l'establishment militare turco, anche per i governi occidentali, ha accusato ieri la premier di aver «rinunciato al possesso di un gruppo di isole che storicamente appartengono alla Turchia». Una polemica, speculare a quella in corso sull'altra sponda dell'Egeo, quindi, dalla quale però i responsabili di Ankara si difendono con maggiore abilità. Il ministro degli Esteri Deniz Baykal ha infatti sostenuto che il ritiro greco è frutto esclusivo dello spiegamento delle forze nazionali, negando ogni intermediazione di Washington. Più sibillina invece l'interpretazione dell'episodio da parte della signora Ciller. In una conferenza stampa convocata trionfalmente ieri, l'energica premier anziché rin¬ graziare, come il suo collega di Atene, ha accusato gli americani di «indebite ingerenze» nel contenzioso che divide la Turchia dai vicini. Mbias Minassian Ad Atene la destra accusa il primo ministro di tradimento; lo stesso fa ad Ankara il leader del partito islamico A sinistra, soldati dell'esercito di Ankara che si preparano a lasciare l'isola di Imia. Sotto, un commando turco [foto ansa-reutersi