Il candidalo Spunta l'outsider di Alberto Rapisarda
Scalfaro in difficoltà: veti incrociati sui nomi indicati dai Poli Scalfaro in difficoltà: veti incrociati sui nomi indicati dai Poli Il candidalo? Spunta l'outsider //più quotato è Antonio Maccanico Ma D'Alema insiste: incarico a Dini ROMA. Dini lo propone il centro-sinistra più la Lega, ma non 10 vuole il Polo. Scognamiglio lo chiede il Polo, ma non piace a D'Alema. E il Cageolello Stato non sa quale 'JjÉBnaggio pescare per affidai^ l'incarico di andare ad esplorare le intenzioni delle parti sulla riforma. Quelli più esposti nelle consultazioni concluse ieri, di fatto, si annullano a vicenda. Anche perché nessuno dei tanti nominati dalle varie delegazioni (Dini, Amato, Ciampi dal centro-sinistra, Scognamiglio, Baldassarre, Cossiga dal Polo) ha una maggioranza parlamentare alle spalle. Tutti sono azzoppati da un qualche veto. Così, sulla scrivania Luigi XVI di Scalfaro, ieri sarà sono rimasti solo gli scombinati tasselli di un rompicapo. Non è da escludere, quindi, che 11 Capo dello Stato si veda costrétto a giocare la sua partita fuori dal campo pieno di ostacoli recitato dalle delegazioni consultate. Dando, magari, l'incarico ad un personaggio non nominato da nessuno. Un esperto di riforme che abbia avuto incarichi istituzionali e che abbia capacità politiche. E il più quotato, al momento, pare Antonio Maccanico. Già segretario generale della Camera, poi della presidenza della Repubblica, presidente di Mediobanca, ministro per le Riforme e via elencando. Personaggio già noto ai due poh perché da tempo sta svolgendo una funzione di mediazione per aiutarli a trovare l'accordo sulla riforma del sistema politico. Dietro Maccanico, ma molto più sfumate, si intravedono le figure di Corasaniti e Casavola. Scalfaro, a quanto pare, dovrebbe decidere in giornata dopo un altro giro informale di consultazioni. Quelle di ieri sono servite solo a far piantare paletti di confine a Fini e a D'Alema, sulla riforma possibile. Il presidente di An ha precisato (dando un dolore a Berlusconi, che ha insistito con lui fin dentro i saloni del Quirinale) che «non c'è alcun accordo politico tra le parti». E concedendo al capo del Polo solo l'ammissione che ci sono «significative convergenze. Se prima ero molto, molto scettico, ora ho tolto alcuni aggettivi». Convergenze, si è capito, solo sul fatto che si discute di un sistema semipresidenziale simile a quello francese. Che per Fini, però, deve essere l'esatta fotocopia dei poteri che ha Chirac (il Presidente deve avere «il potere di indirizzo dell'azione del governo»), mentre per D'Alema deve essere ampiamente corretto. Lasciando al Parlamento un ruolo centrale: «I governi debbono avere la fiducia del Parlamento». Niente fotocopia. Insomma, ci potrà essere l'accordo di D'Alema con Berlusconi sul sistema francese corretto, ma continua a sembrare difficile accordarsi anche con Fini, che continua a dare l'impressione di stare in attesa degli eventi ai margini del campo. Pronto a cogliere qualsiasi occasione per ottenere le elezioni ad aprile. Il suo problema è raggiungere l'obiettivo sognato senza che sembri un plateale sgarbo a Silvio Berlusconi. Le occasioni di rottura, comunque, non mancheranno. Anzi, al momento non si capisce come il futuro presidente incaricato possa raggiungere veramente un accordo sulle riforme e sul programma del governo per il risanamento economico. Cioè, non si vede come Fini e D'Alema possano sottoscrivere la stessa legge Finanziaria per il 1997. E, infatti, sia la delegazione di An che quella del pds hanno sottolineato che l'accor¬ do deve essere anche sui provvedimenti economici, tenendo così ben stretto in mano il pulsante del detonatore che può far saltare qualsiasi tentativo. Il centro-sinistra teme, in particolare, che tutto il fumo che esce dal forno delle riforme possa servire solo a togliere di mezzo Dini per andare, poi, ugualmente alle elezioni. Per questo ieri D'Alema ha presentato a Scalfaro la candidatura secca di Dini, nella speranza che il Capo dello Stato accetti di reincaricarlo. Berlusconi incrocia le dita e confessa: «L'accordo? E' una roulette». Alberto Rapisarda
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