Puccini una calamità al volante di Maurizio Lupo

E il Museo dell'Auto espone le sue vetture predilette Puccini, una calamità al volante E il Museo dell'Auto espone le sue vetture predilette note e motori GIACOMO Puccini: patito di motori, collezionista di ben 13 vetture e pessimo automobilista. Il Touring Club gli concesse il «permesso di libera circolazione internazionale» ma non ebbe mai la patente. E quando osò mettersi al volante finì in un fosso. Lo ricorda la mostra che il Museo Nazionale dell'Automomobile inaugura domani. Rievoca fino al 29 febbraio la passione di Puccini per la velocità, in auto, sul sidercar, persino sul lago di Massaciuccoli, dove ebbe più barche a motore: il cabinato «Cio-Cio-San», munito di pianoforte e battezzato con il nome di Madama Butterfly, più tre natanti: «Minnie» prima, seconda e terza, in onore della «Fanciulla del West», protagonista dell'omonima opera. Ma come conducente Puccini era inesperto. Lo dimostrò il 25 febbraio 1903. Viaggiava verso Lucca con la moglie Elvira e il figlio Tonio e aveva convinto l'autista a cedergli il posto, alla guida della sua nuova vettura, una «Clement Bayard» a 9 cavalli e mezzo. Puccini li aveva scatenati tutti per raggiungere la «piena velocità»: circa 50 chilometri orari. All'improvviso, in vista delle case di Vignola, perse il controllo del mezzo. Uscì di strada e finì in un campo sottostante. Fece un volo di 5 metri e si spezzò una gamba. Gli altri rimasero incolumi. La notizia venne diffusa in Italia il 15 marzo successivo, dalla rivista musicale di Casa Ricordi. Pubblicò 12 foto dell'incidente, sotto il titolo: «Catastrofe automobilistica del Maestro Giacomo Puccini». Fu il primo incidente del musicista, ma anche l'ultimo. Da allora affidò la gestione delle vetture ad autisti, concedendosi un unico vezzo: quello di fare benzina da solo. Perchè così controllava la spesa e approfittava dell'occasione per ricaricarsi l'accendi sigari. Sono aneddoti resi noti da un piccolo carteggio che Puccini tenne con il suo più affezionato autista: Ultimo Spadaccini. Il figlio Adone e il nipote Paolo hanno prestato al Museo tutti i documenti in loro possesso. Rivelano un Puccini molto attento ai conti e alla scadenza del «bollo d'auto». «Caro Ultimo - scrisse il 31 dicembre 1913 - riceverai il bollo per l'automobile. Se non arrivasse non entrare in Viareggio, perchè ti farebbero la contravvenzione». E nel giugno 1914 annotò: «Io non voglio pagare quando la colpa è di coloro che non danno l'avviso». Ma per le auto di famiglia Puccini non badava a spese. Il Museo ne espone 7. Dalla la prima, una «Dedion-Bouton»; fino ai modelli di lusso, come la Isotta Fraschini AN20/30HP, una torpedo, 8 mila di cilindrata, molto comoda e per questo apprezzata dalla moglie Elvira. Non manca la Lancia Trikappa, che Puccini usò nel 1921 per un giro fino al Mar del Nord. E c'è la preferita: una Lancia Lambda, presa pochi mesi prima di morire. «La Lambda va benone» scrisse il 18 maggio 1924. «Per me è la migliore macchina odierna, di poco consumo e grandi risorse». Su questa vettura «avveniristica», fra le prime con scocca portante, fece l'ultimo viaggio alla stazione di Pisa, dove partì per Bruxelles per sottoporsi a un'operazione alla gola. Nella speranza di salvarsi dal cancro che lo uccise il 29 settembre 1924. Maurizio Lupo Una immagine della mostra che il Museo dell'automobile dedica a Giacomo Puccini e al suo controverso rapporto con i motori. La volta in cui volle mettersi alla guida, il Maestro perse il controllo del mezzo e finì in un fosso

Luoghi citati: Bruxelles, Italia, Lucca, Viareggio, Vignola