«Vado da papà è ferito»

Roma: a dieci anni voleva raggiungere il genitore ad Alessandria, bloccato a Livorno Roma: a dieci anni voleva raggiungere il genitore ad Alessandria, bloccato a Livorno «Vado da papà, è ferito» Figlio di separati, fugge in treno LIVORNO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dieci anni ed una sola, unica irrefrenabile voglia: riabbracciare il papà che sta male. E' questa la ragione che ha spinto Stefano, un bambino come tanti altri, a salire su di un treno per attraversare mezza Italia. Per lui, figlio di genitori separati, l'impresa non era da poco. Per quell'abbraccio avrebbe dovuto attraversare 600 chilometri, esattamente quanto dista la sua casa di Aprilia (dove abita con la mamma e il patrigno) da Alessandria (dove sta il papà). «Ed io ci vado in treno», ha deciso Stefano dopo averci pensato su. Forse ha perfino elaborato un piano, forse si ò confidato con un amico, fatto sta che Stefano, si deve essere informato bene. Il treno sul quale è salito infatti era proprio quello giusto. Ma la presenza sull'Intercity Salerno-Torino di un bambino, per lo più senza biglietto, non poteva non insospettire gli agenti della Polfer. E così il piano di Stefano è sfumato, smontato dalle precise domande di quattro agenti (Manuel Bravi, Giuseppe Moret, Marcello Claudio e Manuela Caso). Lui, Stefano, se ne stava seduto immobile in uno scompartimento, con lo zaino della scuola ancora sulle spalle. Ed è stato proprio quello zainetto a tradirlo. Per una stranissima coincidenza infatti, uno degli agenti che Stefano aveva di fronte, era nientemeno che il figlio del preside della sua scuola. E' bastata così una telefonata perché il giallo del bambino senza biglietto si risolvesse. Restava ora solo da riconsegnarlo «materialmente» alla madre. Ma la mamma di Stefano, incinta di 6 mesi del patrigno, non poteva certo muoversi. E così, da Aprilia, è partito proprio il patrigno. Sono le 15. Stefano viene comunque fatto scendere a Livorno e per lui inizia un pomeriggio che difficilmente scorderà. Sulla porta dell'ufficio della polizia ferroviaria di Livorno lo attendono l'ispettore Fabrizio Maestrini e l'agente Stefano Centiani. «Lo affidiamo a voi fino a quando non verranno a riprenderlo» dicono agli agenti i colleghi che hanno «pizzicato» Stefano. Ma la simpatia tra gli agenti livornesi e Stefano è immediata. L'imbarazzo dura pochi istanti: quanto può durare una ramanzina ad un bambino di 10 anni in ansia per un papà che non vede da tempo. Squilla il telefono dell'ufficio. E' la mamma di Ste¬ fano. Vuol parlare con il suo bambino. Ma lo scopo della chiamata è un altro, pregare gli agenti di sorvolare sulla faccenda della malattia del papà. I due poliziotti capiscono al volo ed evitano di parlare a Stefano del padre, rimasto ferito in un incidente. «Come vai a scuola» gli domandano infatti, e lui risponde «con l'autobus». Ridono tutti e tre, il ghiaccio è definitivamente rotto. Vista l'ora una capatina al buffet della stazione è d'obbligo. Stefano mangia un tramezzino e beve una Coca Cola. Il patrigno del bambino intanto sta per raggiungerlo a Livorno. Non sa esattamente perché Stefano è laggiù, gli hanno solo detto di andarlo a prendere. Il bambino e gli agenti tornano in ufficio. «Volevo solo andare ad Alessandria da papà - inizia a raccontare Stefano con un velo di malinconia sapete, il mio papà ha avuto un brutto incidente, si muove con le stampelle ed io non lo vedo da tanto tempo. Ho tanta voglia di abbracciarlo, di parlarci. Ho nostalgia anche dei due miei fratellini. Anche loro stanno con mio papà ad Alessandria. Volevo salutare anche loro». Francesco Gazzetti

Persone citate: Fabrizio Maestrini, Giuseppe Moret, Manuela Caso, Marcello Claudio, Polfer