Carcere duro per gli incappucciati«Tutti condannati i giovani della banda di stupratori»

Carcere duro per gli incappucciati Monza: violentarono 5 donne, pene da 6 a 14 anni. Uno di loro: sentenza giusta Carcere duro per gli incappucciati Tutti condannati igiovani della banda di stupratori MONZA. Sono stati tutti condannati quelli della banda degli incappucciati, che per mesi hanno terrorizzato le donne di mezza Lombardia e violentato cinque ragazze tra Lodi, Brescia, la Brianza e Piacenza. Tutti e cinque hanno scelto il rito abbreviato, solo quattro si sono presentati ieri in tribunale a Monza per l'udienza preliminare davanti al gip Patrizia Gallucci. Le pene più dure sono state inflitte a Simone Paonessa, 25 anni, di Crema, sposato, padre di un bambino di 2 anni e a Massimiliano Mangoni, 23 anni, di Sergano, operaio: 14 anni ciascuno. Agostino Soardi, 24 anni, di Spino d'Adda, è stato condannato a 12 anni; Fabrizio Costa, 26 anni, operaio, sposato, di Romanengo, a 9 anni e Luciano Conte, 30 anni, di Spino d'Adda, riconosciuto colpevole solo di un episodio di violenza, a 6 anni di reclusione. Il pm Bellomo aveva invece chiesto 16 anni di carcere per Paonessa e Mangoni, 12 anni per Soardi, 9 anni per Costa e 6 anni e 6 mesi per Conte. Il processo si è svolto a porte chiuse, nessuna delle vittime (tutte parti civili) ha assistito. Alle 10 dal carcere di Monza sono arrivati i quattro imputati. Massimiliano Mangoni ha invece rifiutato la possibilità di comparire davanti al gip. Pare che nei giorni scorsi il Mangoni sia stato brutalmente picchiato da altri detenuti e abbia scelto di non presentarsi in aula per non farsi vedere con il volto segnato dai lividi. Alla lettura della sentenza Simone Paonessa ha fatto una dichiarazione sulla moglie e sul figlio di 2 anni: «Ho deciso di lasciarla perché non posso sopportare che mi aspetti per 14 lunghi anni». L'unico a scoppiare in lacrime è stato Luciano Conte, 30 anni, il più fragile (fisicamente e psicologicamente): aveva preso parte solo al primo tentativo di violenza carnale del 28 aprile dello scorso anno, quando insieme a Paonessa, Mangoni e Soardi aveva tentato di violentare a Castelletto di Leno due ragazze. Le vittime erano però riuscite a scappare. Soardi, che si era dichiarato pentito subito dopo l'arresto, ha detto invece: «Io capisco. Se fossi stato un giudice avrei fatto la stessa cosa». L'unico che non ha voluto commentare è stato Fabrizio Co- sta. I cinque sono stati anche condannati a pagare il risarcimento dei danni alle cinque vittime. Il giudice Patrizia Gallucci ha stabilito una provvisionale di 150 milioni per ogni imputato per la donna di Giussano che era stata violentata l'8 luglio scorso per oltre due ore nonostante avesse chiesto più volte pietà perché era incinta. Dopo i traumi subiti aveva anche abortito. Per le altre donne è stata rico¬ nosciuta una provvisionale di 100 milioni ciascuna. Nessuna delle vittime ha avuto il coraggio di presentarsi in aula. Troppi giornalisti assiepati davanti all'aula, troppo dolore nel rivedere gli aggressori. Solo la giovane di Giussano ha chiesto al suo avvocato di leggere in aula una lettera di quattro pagine che aveva scritto per spiegare quello che ha provato in quei momenti. «Prima di tutto ringrazio di essere ancora in vita. Nei primi momenti ero anestetizzata dal dolore e dallo choc e le mie testimonianze erano prive di alcuni particolari sulle emozioni che ho provato... Quando mi hanno puntato la pistola alla tempia pensavo di morire, poi ho capito... Ho chiesto più volte di aver pietà, ho detto che aspettavo un bambino, non mi hanno ascoltata. Quella notte sono morta insieme a mio figlio, ma so¬ no rinata più l'iera di prima di essere in vita». E ancora: «Sono loro le vere vittime, perché incapaci di affrontare le loro paure. Confido che il carcere li aiuti a riflettere. Non dedicherò più di un attimo di pena per le loro vite sprecate, per la loro pochezza e incapacità di godere la vita». Silvia Masieri La giovane aggredita anche se era incinta ha scritto ai giudici: «Non dedicherò più di un attimo di pena per le loro vite sprecate e l'incapacità di godere la vita» Quattro dei cinque componenti della «banda degli incappucciati» all'arrivo in tribunale. Da sin.: Luciano Conte, Simone Paonessa (seminascosto da Conte) Fabrizio Costa (col codino) e Agostino Soardi (dietro un carabiniere) ifotoservizioansa]