Dini o Amato? La parola a Scalfaro di Alberto Rapisarda

Entro domani la scelta: se l'incarico andrà all'attuale premier, più probabili le elezioni anticipate Entro domani la scelta: se l'incarico andrà all'attuale premier, più probabili le elezioni anticipate Dini o Amato? La parola a Scalf aro Spuntano anche Ciampi, Baldassarre, Scognamiglio ROMA. Dini o Amato, ma anche Ciampi, Baldassarre, Scognamiglio. Questa sera, o al massimo domani, Scalfaro sceglie tra questi personaggi per dare l'incarico di formare il governo, anche se i primi due sono i più «gettonati». A Giuliano Amato se Berlusconi, Fini e D'Alema gli diranno questo pomeriggio che hanno trovato un serio accordo di massima sulle riforme. A Lamberto Dini se, come pare più probabile, questo accordo ancora non c'è. E dietro Dini si intravedono le elezioni anticipate ad aprile. «In questa situazione io l'incarico lo debbo dare perché, di fronte a questioni che riguardano la vita della legislatura - ha detto Scalfaro - è necessaria una certificazione vera e definitiva». Cioè, un voto di fiducia o di sfiducia alle Camere. Si ipotizza anche una terza variante: lasciare al suo posto l'attuale governo Dini che, in questo modo, offrirebbe ai partiti altri due mesi di tempo per tentare l'accordo sulle riforme. Se alla fine dei due mesi l'accordo ci sarà, potrebbe nascere il governo Amato. Altrimenti, si va a votare a giugno. Di certo, Scalfaro non concede altre proroghe. La crisi è ormai arrivata al ventesimo giorno e vere soluzioni non se ne vedono. Berlusconi e Buttiglione si mostrano ancora ottimisti ma sembrano isolati. «La crisi si risolverà con lo scioglimento delle Camere» prevede Umberto Bossi. «Fini e D'Alema mostrano perplessità nel voler re¬ stare in questa legislatura» assicura l'ex leghista Ellero. Ieri è cominciato l'ultimo giro di consultazioni con i partiti minori. Nel pomeriggio di oggi Scalfaro ascolterà quel che hanno da dirgli Fini, Berlusconi e D'Alema e ci penserà su una notte. «Ho lasciato otto giorni di pausa ai partiti per trovare una soluzione, ma ho dovuto riprendere in mano io il problema» ha detto ieri ad alcuni dei suoi interlocutori, non nascondendo impazienza e delusione. Perché i partiti si incontrano, trattano, propongono e respingono riforme, ma una soluzione scritta e sottoscritta ancora non c'è. E molto difficilmente ci potrà essere oggi. Berlusconi, pressato dal drammatico passare delle ore, ieri sera ha deciso di metter fuori campo i tecnici e di trattare direttamente con l'Ulivo. Anzi, con D'Alema (col quale sinora ha parlato per telefono), visto che Prodi e Veltroni sono scettici. «Vai avanti tu, perché noi abbiamo già dato» avrebbero detto al segretario del pds. La storia del capo del governo eletto direttamente dai cittadini pare proprio finita su un binario morto. Fini la vuole in un modo e D'Alema in un altro e sono posizioni incompatibili. Bloccati su quel fronte, i partiti che non vogliono le elezioni (centristi del Polo e FI) stanno ripiegando su un sistema semipresidenziale simile a quello francese. Il pds ha ripetuto ieri che se ne può discutere, visto che «non ci sono altre vie di uscita, in quanto l'ipotesi presi- denzialista, anche nella forma resa nota stamane, è respinta». Berlusconi vuole sapere da D'Alema se e come ci starebbe. E sono in tanti a dargli una mano. Valdo Spini, segretario dei laburisti, si è incaricato di chiedere a Fini cosa pensa del sistema francese e assicura che il presidente di An è disponibile a trattare. «Condivide l'opportunità di togliere al Presidente della Repubblica la proclamazione dello stato di guerra, il potere di indire referendum sulle leggi del Parlamento e di partecipare al Consiglio dei ministri». Ma quel che conta è capire se oltre a Fini, anche D'Alema si è ormai convinto che è meglio andare a votare. La disponibilità a trattare sulla riforma alla francese sarebbe solo un modo per evitare di essere accusati di sabotaggio (per D'Alema) e di voler affondare Berlusconi (per Fini). In realtà, in caso di accordo sulle riforme, il problema si sposterebbe sul programma del governo. «E' sulla gestione dell'economia che le differenze tra destra e sinistra sono enormi» dice Fini, mettendo le mani avanti. E di fronte al rischio che un governo possa ottenere la fiducia con l'appoggio di un pezzo di Polo (ieri alcuni esponenti del centro-destra hanno saggiato la disponibilità della Quercia), il pds ripete che o ci sta anche Fini o non se ne fa nulla. Alberto Rapisarda

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