Editoria nasce il quarto polo di Mirella Appiotti

Editoria, nasce il quarto polo B L CASO. Dopo l'acquisto della casa milanese, parla Gianni Merlini Editoria, nasce il quarto polo La ricetta Utet per rilanciare Garzanti ITORINO L boccone era molto grosso e la Garzanti si presentava a noi in una situazione di I sastrata : nonostante la nostra solidità non poteva mancare qualche preoccupazione», esordisce Gianni Merlini, da poco più d'un mese padrone dell'editrice milanese. Si è detto che tra gli azionisti, tutti di famiglia, del presidente della Utet esistessero posizioni diverse a proposito dell'operazione, condotta a tappe in questi ultimi tre anni mentre circolavano voci di una disponibilità di alcuni tra gli eredi di Pomba ad accettare, addirittura, proposte di acquisto della gloriosa azienda di Torino: da parte del gruppo olandese Wolters Kluwer e persino del colosso Bertelsmann. «Nessuna avance di questo tipo ci è arrivala dai tedeschi, con cui forse si realizzeranno collaborazioni attraverso joint venture. Quanto alle promesse di Amsterdam erano in apparenza mirabolanti ma non ci ho mai creduto. Infatti sono svanite. E poi, non mi piaceva l'idea di restare disoccupato... Gli olandesi mi avevano offerto, è vero, di entrare nel loro board internazionale, ma io sono nato qui, questa è la mia casa». Nipote dell'ultima Pomba, Rosa, approdato in corso Raffaello alla fine degli Anni 40, ancora studente di giurisprudenza, Merlini è ora a capo del quarto polo editoriale italiano con Mondadori, Rizzoli e De Agostini. Attorno alla Utet - il cui catalogo, dalle discipline umanistiche in senso stretto alla scienza con le epocali enciclopedie e le collane dei classici, è uno dei pochi italiani a cui la cultura mondiale fa riferimento - si muove una galassia che comprende un vasto settore scolastico, dalla Petrilli alla Marietti di Milano, una presenza forte nei tascabili, fifty fifty con le Messaggerie nel pacchetto azionario della Tea longanesiana oltre a reti minori per un fatturato annuo di 200 miliardi. E adesso il '(gioiello» Garzanti, giro d'affari di 100 miliardi in via di rapido assottigliamento, costato carissimo nonostante lo stato comatoso perché Livio Garzanti avrebbe voluto, in questo modo, far «pagare» alla Utet la scelta di Luciano Mauri come socio al 49% nell'operazione, cioè la distribuzione sino a ieri organizzata «in casa» passata automaticamente in mano alle Messaggerie. Quanto avete pagato? E perché questo acquisto? Che fondamento hanno le accuse? Livio Garzanti avrebbe detto che «si è impuntato perché vi siete comportati male». «La Garzanti aveva avuto due abbattimenti di capitale, noi abbiamo operato due interventi, uno sulla famiglia e un altro sull'azienda. E' vero, Livio ha tenuto alto il prezzo, ma la Garzanti e un nome prestigioso, avrebbe potuto interessare altri, tanto valeva buttarci noi sull'operazione. Quanto allo "sgarbo" non riesco a credere che Livio si sia sorpreso della cooptazione di Mauri, antico amico e con un know- how assolutamente complementare al nostro: da un lato la Utet, da sempre leader nella vendita diretta e nell'organizzazione rateale quindi in grado di assorbire anche il peso delle grandi opere e delle enciclopedie garzantiane, settore nel quale "anche" i nostri amici milanesi hanno accumulato crediti pazzeschi. Dall'altro lato le Messaggerie, attivissime in libreria, quindi essenziali per il rilancio del marchio nella saggistica e nella varia su cui puntiamo molto». Alla Garzanti è in atto una «normalizzazione»? «Sacrifici sul personale solo nelle aree di forte esubero. Già eliminato tutto il settore grafico con la vendita dello stabilimento di Cernusco poiché io credo che l'editore debba fare grandi investimenti non nella grafica ma nell'industria editoriale. Al contrario, nessun taglio redazionale, anzi: qui la struttura esistente ò essenziale, dà un ottimo prodotto, semmai potrà essere potenziata». Quindi non cadranno teste? Ma ci sono nuovi editor. C'è già un programma? «Tre i vertici: alla scolastica, celebre per i suoi libri di geografia e di storia, Franco Rampini. Varia e saggistica (che hanno appena fatto man bassa al Grinzane) in retaggio, naturalmente, a Gianandrea Piccioli. Le grandi opere e l'Enciclopedia Europea da rilanciare, a Sandro Firpo, anche direttore di rete e consigliere d'amministrazione». Un consiglio al quale è approdato pure Mario Spagnol. Significa che l'area longanesiana si allarga, evitando il rischio di una «utetizzazione» della Garzanti? «Significa che di un mago dell'editoria come Spagnol è obbligatorio servirsi, se si riesce. Spagnol avvierà un dialogo con Piccioli. Dovrebbe fare un po' il grande regista. Quanto alla utetizzazione, la robustezza dei due schieramenti, molto caratterizzati e distinti, garantisce che nessuno dei due sarà in grado di inghiottire, tantomeno di utetizzare o longanesizzare l'altro». Come sarà il nuovo corso? «Non c'è che da liberarsi delle incrostazioni, ringiovanire. Faremo un restyling dei tascabili, lo si sta già facendo per le grandi opere. Due nuove linee grafiche sono nate nella collana dei narratori moderni (Culicchia, Gambarotta, Gennari). Ovviamente siamo fieri di avere tra noi i Kenzaburo, i Roth, nonché, tra gli italiani, i Doninelli ecc., ma credo sia ora di riaprire con più convinzione anche a una narrativa di consumo. Non dimentichiamo che Garzanti ha pubblicato il Segai di Love Story e gli 007 di Fleming. Più ancora che dei Nobel avremmo bisogno di un altro Crichton...». Fuori da questo pelago e forte dei collegamenti con il mondo della ricerca, la Utet prosegue invece il suo cammino «alto». Il varo della collana «Atlanti tematici», dalle religioni all'archeologia, la Storia della civiltà letteraria inglese a cura di Franco Marenco, l'aggiornata Storia del cinema di Rondolino, il 18" tomo del Battaglia e, per fine anno, la prima cronologia storico-universale su cd-rom, sono appena un assaggio del palinsesto '96. Mentre si spera che il Togliatti di Agosti non sia l'ultimo dei 42 volumi biografici dedicati ai grandi personaggi della vita sociale della nuova Rana. «(Avremo ancora un De Gasperi di Pietro Scoppola - dice Merlini - poi riteniamo il nostro compito concluso. Dopo De Gasperi non vedrei, purtroppo, altre personalità da poter dignitosamente inserire». Un percorso di grande rigore. Molto subalpino, si marcia con i piedi di piombo. Anche nel cooptare i nuovi collaboratori. Mai un nome di battaglia. Perché? «Perché la Utet è programmaticamente fuori della battaglia. Nessuna delle nostre opere di critica, filosofiche o propriamente scientifiche, è di "tendenza", noi non vogliamo aprire nuove strade. Siamo e vogliamo rimanere la casa editrice "che arriva dopo". Il compito che ci siamo dati, a partire da Giuseppe Pomba, è di offrire al lettore il panorama dei vari saperi, non fornirgli il giudizio». Ma si può tener duro su posizioni così «aristocratiche» in un Paese in cui la rissa culturale è pane quotidiano, e dove si legge pochissimo? «Le cifre ci dicono che a livello di lettori forti la nostra situazione non è diversa, anzi forse migliore, della media europea. L'Utet ha quasi soltanto lettori forti. Quindi squadra che vince non si cambia». Grande esperto dei problemi dell'editoria internazionale; a lungo, grazie anche alla sua soffice durezza diplomatica, a capo dell'Associazione italiana editori della quale ora è vicepresidente, Merlini è favorevole alla liberalizzazione dei punti vendita del libro ma non della deregulation totale dei prezzi, si serve delle tecnologie più sofisticate ma, preoccupato della sorte dei suoi autori e della tutela dei loro diritti, guarda anche a Internet con parecchia cautela. Troppa forse, se è vero quanto sostiene Giuliano Vigini, il guru dell'editoria italiana, che «il regno del libro è finito». «Sinché vedo l'elenco telefonico stampato su carta penso che il libro è vivo, che 0 Grande Fratello non c'è ancora. Del colloquio con la pagina non si potrà mai fare a meno». Mirella Appiotti «Intanto concludiamo la collana dedicata ai grandi personaggi della nuova Italia: l'ultimo sarà De Gasperi, dopo di lui il vuoto» Nella foto sopra Gianni Merlini, presidente della Utet. In basso, da sinistra, Mario Spagnol, Luciano Mauri e Livio Garzanti

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