«lo stuprata dai mostri incappucciati»
Parla una vittima Parla una vittima «lo, stuprata dai mostri incappucciati» ROMA. A due mesi dalla violenza subita, ha deciso di parlare dei suoi aguzzini: la «banda degli incappucciati». Erano cinque giovani lombardi di Crema e dintorni, individui all'apparenza normali, con un lavoro e ima famiglia, eppure protagonisti di una catena di stupri nel triangolo fra Lodi, Mantova e Cremona. Li hamio arrestati nel novembre scorso. Hanno ammesso le proprie colpe, per nulla pentiti. Una delle vittime, una giovane donna sposata, ha risposto alle domande di Maria Luisa Busi per il programma «TV7». Così comincia il suo sconvolgente racconto, andato in onda ieri sera su Raiuno: «E' successo che quattro persone incappucciato all'improvviso mi hanno fermato a pochi passi da casa. Mi si sono scaraventate addosso. Mi hanno trascinato sul sedile posteriore della macchina e, sotto la minaccia di una pistola, mi hanno portato in una zona industriale vicino a casa. E sempre sotto la minaccia della pistola mi hanno costretta a subire violenza. Avevano una faccia da persone pulite». Come ha trovato il coraggio di denunciarli? «Hai voglia di urlarlo perché non sopporti che oltre alla violenza subita ce ne sia dell'altra, che è violentare e soffocare in te tutto lo schifo che ti fa venire dentro. Quindi, prima riesci a buttarlo fuori, a fare in modo che si arrivi a catturare queste persone e prima, forse, riesci a buttare fuori questi fantasmi che comunque continuano in parte a perseguitarti. Io sono stata male dopo il riconoscimento in caserma. Sono stata male perché pensavo a quanta sofferenza, oltre la mia, avrei inflitto alle persone che comunque credevano in questi ragazzi: ai genitori, alle mogli, alle fidanzate. Qualcosa sicuramente è sfuggito a loro. E quindi provo tanta pena anche per queste persone, perché, in l'ondo, hanno avuto dei mostri in casa». Lei come l'ha detto a suo marito? Ne avete parlato? Ha raccontato subito l'accaduto? «E' stato immediato perché quando sono arrivata a casa la cosa più importante era riuscire ari arrivare all'ospedale vicino e vedere se tutto andava bene, perché io ero incinta». Lei ha perso questo bambino? «Si, l'ho perso. Ed e stata molto dura sopportare tutto. Ripensando oggi, a quella sera, l'unica cosa che sento nella testa è la disperazione perché loro lo sapevano. E' stata una cosa che io ho continuato ad urlargli. Lasciatemi stare... sono incinta! Laciatemi andare. Vi supplico... Ma non è slato sufficiente. Neanche di fronte a una cosa così sono stata ascoltata e, quindi, il doverlo dire a mio marito è partito da qui». Come sarà la sua vita adesso? | «Per certi versi più ricca, sicuramente. Perché ho capito tante cose. Anche il mio molo in tutta questa vicenda è stato mosso da tanta speranza. Soprattutto, la speranza che le cose cambino. Il senso negativo è che comunque ti rimane addosso la paura». Lei perdonerà mai? «Non credo - risponde la donna violentata -, perché comunque il mio presente è il passato nei loro confronti e come tale è stato troppo grande il dolore». (r. cri.]
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