Giallo a Parigi sulla fine dei test
Giallo a Parigi sulla fine dei test NUCLEARE Un ministro: a Mururoa abbiamo finito. Ma per il Quai d'Orsay «si chiude a febbraio» Giallo a Parigi sulla fine dei test Ondata di proteste dopo l'esplosione numero 6 PARIGI. Si sfoglia la margherita nucleare in Francia: la potentissima esplosione di sabato sera nell'atollo di Fangataufa, la sesta della campagna di test francesi cominciata a settembre, è l'ultima oppure ce ne sarà un'altra da qui a febbraio? Il toto-bomba ha tenuto banco ieri a Parigi, dove un portavoce del Quai d'Orsay ha fatto sapere che «in ogni caso» la fine della campagna nucleare nel Pacifico rimane fissata a fine febbraio, mentre Jean-Claude Gaudin, ministro della gestione del territorio, ha azzardato: «Secondo me siamo al termine». Centoventi chilotoni, una potenza mai raggiunta negli esperimenti precedenti - dicono gli esperti - può essere giustificata soltanto dall'obiettivo che i francesi vogliono raggiungere più di ogni altro in questa ultima serie di esplosioni: la messa a punto della testata nucleare TN-75, con cui sarà armata la nuova generazione dei missili che equipaggeranno i sottomarini nucleari francesi. Gli specialisti dell'equipe che opera nel Pacifico del Sud hanno bisogno di 48 ore per valutare i ri- sultati dell'esperimento. Due giorni dopo i quali, se l'obiettivo sarà stato raggiunto, il presidente Chirac potrebbe annunciare che la campagna di test è finalmente conclusa. Lo farà - magari - proprio sulla scaletta dell'aereo che lo condurrà, mercoledì pomeriggio, negli Usa per una visita che si concluderà sabato. Intanto, quasi a calmare le rituali proteste internazionali, Parigi insiste sull'intenzione non solo di firmare quest'anno il trattato che si sta nego¬ ziando a Ginevra per il divieto di tutti i test nucleari, ma anche di mettere al bando le miniesplosioni inferiori al chilotone, quelle da laboratorio, che neppure i sismografi riescono a rilevare. Oltre a Greenpeace, i primi a protestare anche stavolta sono stati i governi di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Filippine, i più agguerriti e quelli geograficamente più interessati alle esplosioni. «E1 un'azione irresponsabile - ha sostenuto Paul Keating, primo ministro australiano - che invia il peggior messaggio alle nazioni che aspirano a possedere l'arma nucleare». Camberra chiede a Parigi l'annuncio «immediato» della fine dei test e la firma «senza ritardi» del Trattato di Ginevra. Attacco frontale anche da Jim Bolger, premier della Nuova Zelanda, secondo il quale «l'insistenza della Francia nel proseguire i test è scandalosa. Questo deve per forza essere l'ultimo». Tokyo, attraverso il premier Ryutaro Hashimoto, ha esortato a mettere fine ai test francesi «facendo leva sull'opinione internazionale». Fidei Ramos, presidente filippino, ha condannato i test chiedendone la fine, così come Olanda e Svezia. Ma anche all'interno della Francia, l'opposizione non è stata tenera: il sesto esperimento nucleare, per il portavoce socialista Francois Hollande, non è altro che «il sesto errore». Dominique Voynet, dei Verdi, se l'è presa addirittura con i francesi, che «non sono scesi in piazza per protestare contro i test». Tullio Giannotti L'atollo di Fangataufa al momento dell'esplosione della sesta atomica francese
Persone citate: Chirac, Claude Gaudin, Dominique Voynet, Francois Hollande, Jim Bolger, Paul Keating, Ramos, Ryutaro Hashimoto, Tullio Giannotti
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