Rischio Aids, da Israele no al sangue nero di Aldo Baquis

Scontri a Gerusalemme dopo la scoperta che la Sanità getta i flaconi dei donatori «etiopi» Scontri a Gerusalemme dopo la scoperta che la Sanità getta i flaconi dei donatori «etiopi» Rischio Aids, da Israele ao al sangue nero Falasha in rivolta-, razzisti GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Diecimila ebrei etiopici (Falasha) si sono scontrati per ore con la polizia di fronte alla sede dell'Ufficio del Premier a Gerusalemme nel corso di una manifestazione di protesta organizzata ieri dopo che il quotidiano «Maariv» aveva scoperto che per anni quasi tutte le loro donazioni di sangue erano state sistematicamente distrutte «per limitare la diffusione dell'Aids». Il bilancio della manifestazione - di una violenza senza precedenti nel settore ebraico della città - è di una sessantina di feriti, fra agenti e dimostranti. Un poliziotto ha perso un occhio, un altro rischia di rimanere paralizzato. «I dimostranti sono stati più volte sul punto di irrompere all'interno del palazzo del premier e di mettere a repentaglio la sicurezza dei ministri» ha detto il capo della polizia di Gerusalemme, Aryeh Amit. Per respingere una prima ondata di dimostranti - che gridavano «Razzisti, nazisti» e «Israele come la Germania» - gli agenti sono ricolmi a polenti getti d'acqua e a gas lacrimogeni, poi sono passati a proiettili rivestiti di gomma. Se avessero varcato la cancellata di ingresso, ha lasciato intendere Amit, la polizia avrebbe sparato munizioni vere. Sarebbe stato un massacro. In mattinata il presidente dell'Associazione degli ebrei etiopici, Adisso Massaia, aveva avvertito: «Siamo stufi dell'ipocrisia dell'establishment. Molti di noi sono ormai pronti ad immolarsi». Già la settimana scorsa i funerali di un soldato Falasha suicidatosi per le difficoltà del sei-vizio militare si erano trasformate in una grande manifestazione di protesta dell'intera comunità degli ebrei etiopici, allarmati dal ripetersi di suicidi del genere. A incendiare le polveri negli slums dei Falasha è giunta la settimana scorsa la vistosa pubblicazione sul «Maariv» del gigantesco inganno delle donazioni di sangue: da anni era prassi comune gettare il plasma degli etiopici nella spazzatura per l'asserita impossibilità di verificare con certezza se non contenesse il virus dell'Aids. Solo il sangue di tipo più raro veniva sottoposto a costosi esami e conservato. Nell'esercito - aveva scritto ancora «Maariv» - gli infermieri militari erano stati istruiti a mentire ai soldati Falasha: dovevano dire loro che soffrivano di bassa pressione e che pertanto non sarebbero stati sottoposti a prelievi di sangue. Secondo dati ufficiosi, la meta dei 1300 sieropositivi israeliani sono Falasha, e così pure 250 dei 350 malati di Aids. «Ma anche se così fosse - si è chiesto ieri Avraham Yarday, segretario dell'Organizzazione degli ebrei etiopici è forse lecito bollare in blocco una comunità di 70 mila anime? Ovunque andiamo, al lavoro o a scuola, siamo guardati come portatori di malattie». Ieri, mentre gli scontri raggiungevano il culmine della violenza, il premier Shimon Peres ha ricevuto una delegazione di ebrei etiopici, ha detto che il governo non era al corrente della distruzione del sangue, ha porto scuse ufficiali e ha assicurato che una Commissione di inchiesta farà luce sull'episodio entro alcune settimane e tenterà di garantire la salute pubblica senza tuttavia discriminare i Falasha. «(Allora - ha incalzato Yarday - facciamo il punto anche sui nostri soldati che si suicidano, sui nostri bambini emarginati dal sistema scolastico...». Accolti negli Anni Ottanta con grande commozione, i Falasha si sono visti presto emarginati in Israele dall'establishment politico, militare e rabbinico. Nella transizione da una società patriarcale a un Paese occidentale, la leadership tradizionale è scomparsa: di fronte alle difficoltà quotidiane i più deboli sono rimasti abbandonati e hanno cercato soluzioni estreme nel suicidio, nella violenza all'interno della famiglia, nei riti magici, nelle droghe leggere. Si registra anche un «boom» della musica «reggae». Reazioni polemiche all'ingenuo sionismo di alcuni anni fa. Ieri la disperazione dei singoli si è tramutata in una disperazione di massa e la spianata antistante l'Ufficio del Premier è divenuta così un campo di battaglia. Aldo Baquis

Persone citate: Amit, Avraham Yarday, Shimon Peres

Luoghi citati: Germania, Gerusalemme, Israele