«Il Palazzo» I fans ingombranti del presidentissimo

F IL PALAZZO Ifans ingombranti delpresidentissimo RR, mamma mia: il presidentissimo... Fin troppo facile, però, fare gli spiritosi sull'uomo forte, sull'uomo nero, sul «corsaro nero» (variante Fisichella), sul dittatore, sul «podestà», su Peron e su quel «leone», addirittura, a cui secondo Prodi sarebbe sciagurato «affidare il destino di questo Paese». Il presidenzialismo sarà una gran cosa, e magari pure inevitabile, ma perché far finta di non capire che per un bel pezzo d'Italia quel sistema lì, nella sua ferina indeterminatezza, fa paura? «Deriva plebiscitaria» a parte, dopotutto, non è mica proibito chiedersi che succede se quel genere di presidente «diventa matto»; se le passioni e le debolezze personali, già così evidenti nell'era della personalizzazione e dello Stato-spettacolo, prendono il sopravvento su quelle, diciamo, politiche? Non accade, del resto, mica solo a teatro e nei film. Perché avrà senz'altro ragione il politologo made in Usa Codevilla, che spiega Hitler e Mussolini come prodotti di un proporzionalismo andato a male, però qui c'è sempre tanta gente che per diversi motivi e svariate esperienze il presidenzialismo continua a viverselo in ogni caso come un incubo. Va a sapere. Conta poco, dopotutto, che a proporlo per primi, alla Costituente, furono vecchi e rispettabili azionisti alla Calamandrei; o che oggi sia divenuto la bandiera di tante persone al di sopra di ogni sospetto. Per tanto, troppo tempo l'idea presidenziale è andata a letto con le suggestioni autoritarie di una certa destra. Ha sempre dormito, sì, ma è anche vero che mentre un uomo d'azione in buonafede come Pacciardi sognava la Repubblica presidenziale, aveva intorno un sacco di tante teste calde. Come si fa a dimenticare, proprio in questa crisi, che l'elezione diretta è stata a lungo sostenuta solo e soltanto come accorgimento tecnico per aggirare una volta per tutte quello strano scherzo della storia che è stato il pei? voli sche stati Fu di sicuro una campagna smodata, con il senno del poi, quella contro il Fe ufani gollista e autoritario, il «No al Fanfascismo» lanciato da Lotta Continua nei primi anni Settanta. Allo stesso modo suonano come minimo esagerate le ossessioni dietrologiche nei confronti dei presidenzialisti «catacombali» di «Europa Settanta». E tuttavia Fini sbaglia a sottovalutare questa antica e recente storia di diffidenze. Tanto più sbaglia - se lo faccia spiegare dagli ex democristiani che ha arruolato - perché a parte il fascismo e le paranoie della sinistra emotiva, una volta esaurita la funzione di scorciatoia anti-comunista, senza che nessuno fiatasse il presidenzialismo è stato dichiarato tabù dall'intero sistema dei partiti di Tangentopoli che ne vedevano - a ragione una minaccia per la loro stessa sopravvivenza. Già accompagnato da un'idiosincrasia pressoché generale, i suoi novelli alfieri gli facevano intanto la peggiore pubblicità. Craxi se n'era fatto confezionare uno che appariva al tempo stesso troppo vago e troppo su misura. E in modo troppo brusco Cossiga, che pure dal regime proporzionale aveva avuto tutto, quasi si divertì a buttarlo tra le gambe dei suoi ex amici. Per non dire degli spot di Miglio, che il presidenzialismo l'ha sempre presentato insieme alle più catastrofiche profezie e agli «sgarri» costituzionali. Se non bastasse, infine, è arrivato Berlusconi con la televisione e la sacra unzione. La paura no, dunque, ma sul presidentissimo un po' più di calma non sarebbe male. Filippo Ceccarelli Bili

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