La luce della ribellione poi l'autoaccecamento di Barbara Spinelli

La luce della ribellione poi l'autoaccecamento La luce della ribellione poi l'autoaccecamento EA impressione il primo numero di Temps Modernes, quando lo si sfoglia. Sembra di vedere una Francia che infine apre le finestre, esce dalla provincia stretta che l'avvolgeva, la rinchiudeva. Che si libera non solo del fascismo di Vichy, ma della paralisi molle che sul finire degli Anni 30 le aveva impedito di vedere il montare dei pericoli, predisponendola alla disfatta. Il 1° ottobre '45, quando Sartre e Merleau-Ponty fondano la rivista, è anche un'umiliazione che viene rimeditata, è anche su un'espiazione che si ricostruisce. L'articolo più luminoso è quello di Maurice Merleau-Ponty, in quel magico momento. Si intitola «La guerra ha avuto luogo», e in esso si dà vera concretezza alla «Presentazione», più ideologizzata perché marxista, di Jean-Paul Sartre: la disfatta del '40 è la prova che la neutralità dello scrittore e del cittadino può preparare immani disastri, e che sempre occorre affrontare ie battaglie militari e mentali, sempre occorre «ritrovare il momento in cui la Guerra di Troia può di nuovo avere luogo». «Segretamente eravamo decisi a ignorare la violenza e l'infelicità, come elementi della storia, perché vivevamo in un Paese troppo felice e troppo debole». Così Merleau-Ponty rievoca gli Anni 30, mentre Raymond Aron già mette in guardia contro le illusioni, ottimistiche, della libertà appena ritrovata. Tutto questo sembrò essere Temps Modernes, in principio: la promessa di una letteratura impegnata ma allergica alle carceri mentali, contro il chiuso anteguerra. La promessa di una vigilanza, di uno sguardo sempre «messo in presenza della crudeltà, della morte». La scoperta che la guerra di Troia, immutata, ita sempre per ricominciare. Temps Modernes fu questa splendida occasione, poi idiotamente sprecata. Lo spreco soprattutto fa impressione, a cinquantanni di distanza: spreco di intelligenza, spreco dello stesso spirito di Resistenza che sembrava animare la rivista dopo la Liberazione. La maniera in cui Temps Modernes precipiterà nel filocomunismo e nello stalinismo; la maniera in cui si farà apologeta del terrorismo, durante la guerra d'Algeria e gli anni di piombo in Germania, la maniera in cui Sartre romperà non solo con i Lumi di Flaubert e Proust ma successivamente con tutte le intelligenze libere dell'epoca - da Camus a David Rousset, da Raymond Aron a Claude Lefort allo stesso Merleau-Ponty dimostrerà come le prove furono mancate, e le viltà degli Anni 3040 compulsivamente ripetute. La stessa parola Impegno, engagement, diverrà sinonimo di autoaccecamento, di schieramento idiotizzato, servile, mafioso, alla Russia comunista. Neppure il giorno in cui Sartre e MerleauPonty ammetteranno l'esistenza di 10 milioni di prigionieri nei Lager sovietici, nel 1950, la fede nei «comuni valori comunisti» vacillerà. Un anno prima, a Parigi, si era svolto il processo per calunnia contro la rivista comunista Lettres Franqaises di Kravchenko, testimone dei Gulag e del genocidio sovietico durante la carestia in Ucraina. Simone de Beauvoir, sprezzante, riterrà Kravchenko un venduto ai servizi americani. Lo chiamerà «un uomo equivoco, mentitore, venale». Giudicherà «sospetti» tutti i suoi testimoni, compresa Margarete Buber-Neumann scampata ai Lager nazisti, e comunisti. In quell'occasione solo qualche surrealista, e l'incorrotto poeta René Char, capirono che la nuova Guerra di Troia del XX secolo era in pieno corso nei campi di fame e di morte comunisti. Poco dopo giungerà a Parigi il grande poeta polacco Czeslaw Milosz, e Temps Modernes lo tratterà alla stregua di un appestato fastidioso. Questo resta perturbante, nell'itinerario della rivista: il baratro tra promessa inaugurale e comportamenti effettivi, tra ribellione iniziale e succedanee sudditanze, tra apparente liberazione e prigionia reale della mente. L'inizio fu luminoso, anticonformista, ribelle: nacque la leggenda del Quartiere Latino e dei caffé di Saint-Germain-des-Prés, fu allora che la Francia si sprovincializzò, infranse il continentale Muro dell'Atlantico eretto da Hitler e scoprì New York, il jazz, il giallo americano, il cinema. Temps Modernes americanizzò la Francia, europeizzò l'America, e grazie a Boris Vian e Sartre regalò a Parigi un momento di vero cosmopolitismo: uno degli ultimi, probabilmente, e tanto più mitico. Ma anche questo sarà smentito: l'America verrà giudicata ben più ripugnante dell'Urss, negli Anni 50 e 60. Resta qualche lezione non trascurabile, nella rivista oggi diretta dal regista Claude Lanzmann. Resta la curiosità per gli autori stranieri, la passione per il reportage che Sartre aveva esaltato come nuovo, prezioso genere letterario. Resta la consuetudine dei numeri monografici - sul Ruanda, la Serbia, le periferie - e gli accurati studi letterari su scrittori come Borges. Temps Modernes non ha ancora fatto l'autocritica, sul passato filocomunista. Ma ben pochi intellettuali l'hanno fatta: la rivista non è sola. Da questo punto di vista si può dire che Temps Modernes ha avuto successo: un successo di conformismo, che può sempre divenire veleno mortale. Barbara Spinelli