Visti venduti, pugno di ferro della Farnesina

Inchiesta del ministro Agnelli sull'ambasciata in Nigeria. Lo scandalo avrebbe reso 100 miliardi in 5 anni Inchiesta del ministro Agnelli sull'ambasciata in Nigeria. Lo scandalo avrebbe reso 100 miliardi in 5 anni Visti venduti, pugno di ferro della Farnesina «Faremo piena luce sui gravi episodi » TORINO. E adesso, sul vergognoso traffico dei visti all'ambasciata di Lagos, interviene anche la Farnesina. Le dimensioni dell'inchiesta torinese sono tali da far scendere in campo il ministro degli Affari esteri Susanna Agnelli: «Le irregolarità avvenute sonò molto gravi». Sullo scandalo che ha investito la nostra rappresentanza diplomatica in Nigeria, l'esponente del governo promette «provvedimenti in tempi brevissimi». Quei lasciapassare per il nostro Paese venduti alle ragazze di colore avrebbero fruttato in cinque anni un centinaio di miliardi, ammucchiati a suon di mazzette da mille a tremila dollari l'una. La sede di Lagos era il crocevia per la concessione di visti a migliaia di prostitute di colore dirette in tutt'Italia, e forse anche nel resto d'Europa. La «tangentopoli dei visti» è appena agli inizi. Dopo l'arresto di una delle dipendenti dell'ambasciata e l'emissione di ordini di cattura per altre due, il sostituto procuratore di Torino Elena Daloiso si prepara a partire per la Nigeria. E nei prossimi giorni verrà sentito, come teste, anche l'ex ambasciatore a Lagos Stefano Rastrelli. Il ministro Agnelli ha disposto una nuova indagine ispettiva sull'ambasciata, e ha chiesto al neo-ispettore generale del ministero, Luigi Fontana Giusti, un rapporto sulla situazione: «I comportamenti tenuti da alcuni impiegati a contratto dell'ambasciata sono davvero deplorevoli. Voghamo evitare che simili episodi possano ripetersi: ho già dato istruzioni all'intera rete diplomaticoconsolare, per rafforzare la vigilanza sui permessi di ingresso in Italia». Vuol dire controlli nelle sedi più «calde» tra le 124 ambasciate italiane all'estero. Nei giorni scorsi il pm Daloiso ha interrogato Graziella Monaci, l'impiegata «contrattista» di Lagos arrestata dal vicequestore Filippo Dispenza con accuse pesantissime: concussione, corruzione e associazione per delinquere. La donna è in isolamento nel carcere di Alessandria. Nega tutto: «Mai preso soldi in cambio di permessi». Sui suoi conti bancari risulterebbero però depositi da capogiro. E a Carcare la ricordano spendere milioni nei negozi, pagando con carte di credito di istituti svizzeri. La procura di Torino ha anche avviato le procedure di estradizione per le altre due «contrattiste» di Lagos (subito sospese dal lavoro). Ma gli indagati sono di più. Altri italiani, ma anche nigeriani. E i filoni d'inchiesta sono destinati ad allargarsi, con risvolti clamorosi. La polizia ha ascoltato numerose nigeriane che avrebbero pagato i lasciapassare per l'Italia. Stefano Rastrelli, ambasciatore in Nigeria dal 1988 al 1994, oggi in servizio a Sofia, sarà presto sentito come teste: «Certo, sono cose spiacevoli - dice -. Ma parlerò solo con la magistratura». Il diplomatico guidava la nostra sede in Nigeria negli anni cui fa riferimento l'inchiesta. Si parla di 12 mila visti concessi ogni anno. Però Umberto Plaia, l'attuale ambasciatore, smentisce: «Negli ultimi tempi non ne sono stati rilasciati più di 6 mila l'anno. Sono pronto, comunque, a dire quel che so alla procura di Torino». Il pm Daloiso ha chiesto anche l'acquisizione degli atti di un'inchiesta condotta (sempre a Torino) nel '92: la polizia scoprì un passaporto collettivo per una ventina di prostitute nigeriane. Avevano un visto «per pellegrinaggio»: a quel tempo, l'indagine del pm Amisano finì in nulla. «Segnalammo tutto anche a Roma - spiega Antonio Baglivo, capo dell'ufficio stranieri della questura -: i permessi erano autentici, ma ci insospettì la motivazione religiosa». L'inchiesta scopre ora decine di ragazze arrivate con lasciapassare «business» (di una settimana), con visti turistici o sportivi (per squadre fantasma di basket o pallavolo). Si stanno passando al setaccio le garanzie patrimoniali: a Lagos lo stesso denaro sarebbe passato di mano da una «lucciola» all'altra, con il tacito consenso di chi doveva controllare. Gli inquirenti puntano al cuore dell'organizzazione italiana che gestisce il traffico. E, per ora, escludono che la base si trovi a Torino. Sull'inchiesta ò intervenuto anche il senatore dei Federalisti liberaldemocratici Riccardo Sandrone: «I magistrati possono acquisire una lettera del sottosegretario agli Esteri Walter Gardini: a proposito di eventuali irregolarità nei visti, scrisse che era tutto in regola». Ivano Barbiero Giovanna Favro