Berlusconi chiara indicazione del premier

Presidenzialisti in ordine sparso alla convention romana: il «sindaco d'Italia» porta applausi a Segni Presidenzialisti in ordine sparso alla convention romana: il «sindaco d'Italia» porta applausi a Segni Berlusconi: chiara indicazione del premier «Caro Fini, sono io ilpapà del Polo» ROMA. Sabato mattina, al cinema Capranica di Roma, va in scena il presidenzialismo fatto in casa. C'è quello di Fini, che dice di volere l'elezione diretta del premier per non dire che vuole le elezioni al plurale, quelle politiche. E c'è quello targato Segni, il quale propone che i cittadini scelgano il presidente del Consiglio come scelgono il sindaco. Poi Pannella, ^(americano». E infine c'è il presidenzialismo alla maniera di Silvio Berlusconi. Che oscilla tra tutti i sistemi possibili, senza fermarsi su uno solo, perché non intende arrivare alla rottura con D'Alema. E infatti, mentre il presidente di An dice che l'ipotesi Segni «potrebbe essere un punto di svolta», il Cavaliere, invece, che pure incontra nel pomeriggio il leader referendario, si guarda bene dall'ufficializzare questa proposta. Tant'è vero che al termine del convegno Fini è costretto ad ammettere che «Berlusconi non ha sciolto il nodo, anche se è stato abbastanza esplicito sul presidenzialismo». E che il «nodo», che «stringe» il Polo e che per ora tiene miracolosamente insieme la linea Fini e quella Berlusconi, sia tutt'altro che sciolto lo dimostra lo stesso Cavaliere qualche ora dopo. Lontano dal presidente di An, Ù leader di Forza Italia si lascia andare: «Sono abbastanza fiducioso - dice perché sembrerebbe profilarsi una soluzione che potrebbe accontentare tutti... La chiara indicazione del premier». E' Gianni Letta a spiegare di che cosa si tratti: «Sulla scheda - precisa - ci può essere il nome del candidato "Tizio" e fra parentesi quello del presidente "Caio"». E l'elezione diretta? Quella si è persa lungo la strada che allontana il Cavaliere dal Capranica. Alla convenzione per la riforma liberale promossa da Marco Taradash ce n'è ancora traccia. Ma lì la platea è di quelle dure e pure: all'ingresso vengono venduti «gadget» di An. Al Capranica il primo politico a intervenire è Segni, che riscuote un grandissimo successo. «C'è solo una proposta chiara - dice - ed è quella del sindaco d'Italia. Si tratta di una battaglia che non è né di destra né di sinistra perché sulle isti¬ tuzioni ci si divide tra innovatori e conservatori». Quindi è la volta di Fini. Gli applausi si sprecano. Il presidente di An rilancia la proposta del leader referendario. E al pari di Mariotto dipinge lo scontro politico come battaglia tra «riformatori» e «conservatori». Questi ultimi «hanno vinto due punti con l'elezione di Scalfaro e il governo Dini», ma ora è la volta dei primi. Poi Fini attacca senza nominarli ccd e cdu, che chiama «i professionisti della moderazione» e la sinistra che «gioca con le carte truccate». «Se l'Ulivo, come credo, non ci sta a fare un'intesa presidenzialista - dice - allora si torna alle urne e si fa una campagna elettorale all'insegna di un manifesto presidenzialista». Chiude il convegno Berlusconi. E' reduce da un'assemblea in cui ha dovuto faticare a convincere i suoi sulla bontà dell'accordo. E la platea che ha di fronte ora ha la stessa tempra. Con i primi, se l'è cavata grazie ad una metafora calcistica («Noi e il pds siamo come il Milan e l'Inter, che decidono insieme le regole del gioco prima di scendere in campo») e ad una critica dura delle proposte della sinistra («non vogliono un premier bensì un re Travicello»). E al Capranica il Cavaliere, che per celare i dissensi nello schieramento si autodefinisce «papà» del Polo nonché «fratello maggiore di Fini», usa un'altra tattica. I toni sono quelli del comizio. «L'elezione diretta dice - è un credo irrinunciabile. Se le sinistre vogliono finte riforme come quelle che oggi ci sembrano proporre abbiano il coraggio di assumersene la responsabilità». E per trarsi d'impaccio senza avanzare una proposta precisa, il Cavaliere legge brani del discorso sulle riforme da lui pronunciato alla Camera il due agosto. I duri si infiammano e non si accorgono che Berlusconi alla fine dice: «Siamo aperti al confronto senza rigidità». Il Cavaliere si trascina appresso la foga da comizio anche dopo e ad una fan che glielo chiede dice che si andrà a votare, salvo rettificare subito dopo («Non mi ricordo di averlo detto»). Ed è ancora euforico quando ironizza su D'Alema: «Non vuole l'elezione diretta perché mentre nel Polo il leader è destinato ad essere il presidente del Consiglio, dall'altra parte invece le due cose non coincidono: il segretario del pds sa di non poter essere lui il premier». Ma bastano pochi minuti lontano da quel palco perché il Cavaliere torni a usare toni concilianti: «Anche l'incaricato potrà verificare se si può fare questa intesa che sarebbe un evento straordinario», dice, e persino su Dini questa volta non pone problemi, almeno a parole. Eccolo, il Cavaliere, più mediatore che presidenzialista. Maria Teresa Meli Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. A sinistra: Mario Segni

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