Il ccd: addio alla coalizione di F. Mar.

E al centro-sinistra i verdi minacciano di uscire dall'Ulivo E al centro-sinistra i verdi minacciano di uscire dall'Ulivo Il ccd: addio alla coalizione «Se l'intesa fallisce per colpa diAn» ROMA. E proprio alla vigilia di una settimana che si preannuncia risolutiva, nei due Poli accade simultaneamente lo stesso fenomeno: da una parte i Verdi, dall'altra il Ccd minacciano di abbandonare i propri alleati. Dice Carlo Ripa di Meana al congresso verde: «Noi non firmeremo l'accordo politico con l'Ulivo se prima non verranno discussi alcuni nodi politici con noi». E Ripa minaccia: «I verdi potrebbero uscire dal gruppo parlamentare progressista». Dice Casini in un'intervista all'«Opinione»: «Se l'accordo sulle riforme tra Polo e Ulivo dovesse saltare per colpa di Fini siamo pronti ad uscire dalla coalizione. Se invece fallisse per colpa di D'Alema non nascerebbe alcun problema». - Due dichiarazioni di guerra roboanti che però nascondono, almeno in parte, una esigenza contrattuale che gli stessi leader lasciano intendere tra una minaccia e l'altra. Casini, dopo aver detto che è pronto ad abbandonare il Polo, aggiunge: «Noi non andremmo certo a sinistra finché sarò io segretario e il Ccd non farà mai accordi elettorali con l'Ulivo...». E allora? «E allora - dice Casini - potremmo fare come Rifondazione comunista: mantenere col Polo accordi di desistenza». Casini come Bertinotti. E Ripa di Meana? Anche lui non immagina di buttarsi dall'altra parte della barricata proprio alla vigilia di possibili elezioni e semmai spiega che «i verdi puntano ad un patto elettorale con il centro-sinistra». Ma Ripa fa capire cosa non gli piace e cosa serve per riassorbire la dissidenza verde: «Non ci piace il doppio turno», che cancellerebbe i verdi, qualunque fosse la soglia per accedere al ballottaggio nei collegi. «Invito i verdi a mobilitarsi - dice Ripa - e nessuno può fare harakiri». E anche sull'abbandono del gruppo progressista nulla di deciso, anche perché il no di Mattioli prelude ad un fuoco di sbarramento del «parlamentino» verde. Ma a sinistra c'è di nuovo fermento anche nel pds: assieme ai comunisti democratici di Chiarante e Tortorella, allarmatissimi da un possibile accordo di governo con Berlusconi, ora torna all'attacco Achille Occhetto, che dopo avere sponsorizzato nelle settimane scorse una grande intesa, proprio nel momento più critico della trattativa, spara contro D'Alema: «Nel pds bisogna ancora discu¬ tere, perché c'è una separazione netta tra presidenzialismo ed indicazione del premier». E sulla democrazia interna al pds: «Fra le tante cose della svolta c'era anche il superamento del centralismo democratico, ma vedo che si sta tornando al centralismo, nel migliore dei casi...». E sempre sul fronte del centro-sinistra c'è polemica feroce tra due ex amici come Gerardo Bianco e Mariotto Segni. Al segretario del ppi che aveva ribattezzato «il podestà d'Italia» il progetto di Segni del «sindaco d'Italia», l'ex leader referendario risponde così: «Bianco si rilegga i libri di storia: il podestà era nominato dal cavalier Benito Mussolini. Mentre il primo ministro nella mia proposta sarebbe eletto dai cittadini con tutta una serie di pesi e contrappesi e non mi sembra una differenza da poco...». E sul sindaco d'Italia che piace a Segni spara a zero Umberto Bossi, l'outsider per definizione: «Questa storia del sindaco d'Italia mi sembra una follia!». E Bossi, che pure è sempre stato un nemico delle elezioni anticipate, ostenta spavalderia: «Il voto è vicino, oramai c'è il 70 per cento di probabilità che si vada alle urne: Berlusconi sta di nuovo proponendo un presidenzialismo alla sudamericana, grazie al quale il Parlamento sarebbe succubo del premier». E il pds, possibile alleato elettorale? «Sinistra e destra - dice Bossi - vorrebbero l'accordo per perfezionare questo maggioritario coloniale al solo scopo di escludere la Lega». E martedì il presidente Scalfaro riprenderà le consultazioni: le concluderà il giorno successivo, incontrando alla fine e in successione Bossi, Berlusconi, Fini e D'Alema. [f. mar.]

Luoghi citati: Italia, Meana, Roma