« Non faccio teleforche » di Gabriele Beccaria

sr 20,3% no 74,2% « Non faccio teleforche » «Ho mostrato l'orrore delle esecuzioni» LA DIFESA DI CECCHI PAONE CECCHINO Paone. Ecco come l'hanno ribattezzato le penne sferzanti del «manifesto». La foto di Alessandro Cecchi Paone campeggiava ieri in prima pagina con un titolone altrettanto brutale: «Teleforca». «Il patibolo piace. Soprattutto a chi ne fa materia di sondaggio tv. Per concludere che il 67% degli italiani vuole la pena di morte. Una telepropaganda che alimenta i peggiori istinti». Sotto accusa «Giorno per Giorno», la trasmissione di Rete4 che è stata sommersa da 100 mila telefonate di telespettatori favorevoli alla pena capitale. «Mi hanno dato addirittura del boia e hanno scritto che spargo un veleno che uccide la democrazia, ma a me preoccupa la violenza insita in questo tipo di giornalismo», si difende il reporter-anchorman. «Sono dispiaciuto, ma sono pronto a rifare ciò che ho fatto». Insulti a parte, quelle rilevazioni sono quanto meno controverse. Nelle stesse ore il Tg2 ha diffuso una ricerca di Datamedia con dati opposti: il 74% si dice contrario alle «uccisioni di Stato», in qualunque forma. Non pensa che il suo televoto abbia preso un abbaglio? «Le accuse che mi sono state rivol- te sono inaccettabili per due ragioni. Primo punto: faccio televoti tutti i giorni, da 15 giorni, e ho sempre detto che non si tratta di sondaggi ma di indicatori delle emozioni e delle tendenze del mio pubblico. Secondo punto: andiamoci piano a dare patenti di scientificità ai sondaggi, come a quello del Tg2. Le ultime elezioni hanno dimostrato che possono incappare in errori clamorosi e sempre in materia di rilevazioni il presidente della Confindustria Abete è arrivato a mettere in dubbio i dati dell'Istat». Lei non è stato colpito da questo (plebiscito» a favore della pena di morte? Eppure, a ogni condanna negli Usa, in Italia si levano sempre voci contrarie, e robuste. «Devo dire che sono rimasto colpito da questo risultato. Personal¬ mente sono contrario alla pena di morte da sempre: ho ospitato più volte nelle mie trasmissioni "Amnesty International" e milito nell'associazione radicale "Nessuno tocchi Caino". Se non bastasse, a ottobre sono stato tra i primi a portare in tv il caso di Pietro Venezia, l'italiano che, se verrà estradato negli Usa, rischia l'esecuzione per aver ucciso un uomo a Miami». Allora, perché così tanti «forcaioli» tra coloro che la seguono? Se lo è chiesto? «La mia spiegazione è la stessa che in trasmissione ha dato Sergio D'Elia di "Nessuno tocchi Caino". Oggi c'è un diffuso senso di insicurezza e di scontentezza per come viene amministrata la giustizia, per i processi troppo lunghi, per le carceri che scoppiano». Non pensa che la sua tra¬ smissione possa aver contribuito a incitare istinti non del tutto ortodossi, come accusa il «manifesto»? «Assolutamente no. Nel mio programma ho proposto due filmati sull'orrore delle esecuzioni dal titolo eloquente: "E' vera giustizia?". E la mia posizione contro la pena di morte era evidente». Forse è la filosofia del televoto che è da rivedere? «Posso dire che ho fatto tanti altri televoto su problemi delicati come l'aborto, le adozioni e i matrimoni gay e non è mai successo un bailamme simile. Funziona come uno strumento di coinvolgimento, non è un'analisi statistica». A Parma un bambino si è impiccato dopo aver visto alcuni servizi sulle esecuzioni negli Usa. C'è una responsabilità dei media in questa tragedia? «Mi dispiace moltissimo per quella morte. "Giorno per Giorno" ha dato la notizia dell'impiccagione negli Usa non diversamente dagli altri media: si trattava di un fatto di cronaca che - è evidente - non poteva essere taciuto. Secondo gli psicologi, i bambini dovrebbero guardare il video sempre in compagnia di un adulto». Gabriele Beccaria LEALsrTELsr SO Alessandro Cecchi Paone e la prima pagina del «manifesto»

Persone citate: Alessandro Cecchi Paone, Cecchi Paone, Paone, Pietro Venezia, Sergio D'elia

Luoghi citati: Italia, Miami, Parma, Usa