Fisichella si dimette: An sbaglia linea

Il professóre contrario al voto e al presidenzialismo: «Pericolosa reiezione diretta del premier» Il professóre contrario al voto e al presidenzialismo: «Pericolosa reiezione diretta del premier» Fisichella si dimette: An sbaglia linea «Non sono il portavoce di Fini» ROMA. Tempismo fortuito? Forse. Ma non può sfuggire a nessuno la significativa coincidenza: Domenico Fisichella, l'inventore di Alleanza nazionale, lascia il partito proprio in occasione del primo compleanno di An. E per Gianfranco Fini è un brutto colpo. Anzi, pessimo, in termini di immagine, tant'è che i suoi avversari rigirano con sadico piacere il dito nella piaga: è tornato il vecchio msi, dicono. Al Professore, invece, vanno solo lodi e complimenti. Alcuni sinceri, come quelli di Giuliano Urbani, che è suo amico e che ventila già nuove fuoriuscite da An. Altri, frutto di una magnanimità «pelosa» perché l'addio di Fisichella è una bella arma nelle mani dei nemici di Fini. Il quale Fini si dice «dispiaciuto», ma aggiunge subito di «capire l'imbarazzo» del professore: «Ha fatto quello che era giusto fare - sottolinea perché doveva redigere un'istruttoria e non sottoscrivere accordi». Allora, professor Fisichella, come si sente dopo il «gran gesto»? «Sto benissimo per due motivi. La febbre va meglio e mi sento liberato da un peso». E adesso che farà? «Passerò nel gruppo misto del Senato e continuerò a far politica. Ma l'ha letto il mio comunicato? C'è scritto che non voglio rilasciare dichiarazioni». Però qualche precisazione potrebbe darla. Nella nota che ha diffuso lei fa sapere che si era già dimesso il 4 gennaio... «Sì, in quella data ho mandato una lettera a Fini, a Maceratini e a Scognamiglio. Poi un'altissima carica istituzionale ha fatto un richiamo alla gravità della crisi politica in atto e io, per dovere civico, ho congelato le dimissioni. Mi era stato chiesto ad altissimo livello e io per spirito di sacrificio ho accettato». Un'altissima carica? Scalfa- ro? «Non posso rispondere». Lei quindi si è dimesso nel momento in cui Fini e An alzavano il tiro su Scalfaro anche perché non condivideva quella battaglia? «Sì». E per quali altri motivi? «Perché non condividevo la linea politica del partito che voleva andare alle elezioni. Io sono sempre stato di avviso diverso, come è noto. Del resto avevo scritto testual¬ mente a Fini: «Non sussistono le condizioni politiche per la mia permanenza nel partito». Insomma, le sembrava che An stesse subendo il richiamo della foresta, che non era più il partito che lei aveva contribuito a far nascere? «Esatto, del resto è noto che io l'ho sempre pensata in un certo modo. Però guardi che le dico queste cose per farle capire cosa è successo. Non le scriva». E adesso ha «scongelato» le dimissioni perché Fini l'ha trattata poco urbanamente? «Guardi che la divisione è politica, squisitamente politica. Non è una questione di galateo. In quest'ultima settimana, infatti, l'andamento del dibattito sulle riforme ha aggravato e confermato i motivi della mia decisione. Insomma, non è che non si sappia come la penso io. Basta andarsi a leggere le mie pubblicazioni. Nel momento in cui Fini mi ha affidato quelle trattative sapeva che non potevo fare il suo portavoce. Una cosa del genere non me la poteva chiedere: io non l'avrei accettata perché avrebbe ferito la mia storia». Quindi Fini sapeva quali erano le proposte sul tappeto ed era a conoscenza del fatto che era stata esclusa l'elezione diretta del premier? «Sì. Tutti noi quattro la pensavamo in un certo modo. Io credo che l'elezione diretta del premier sia pericolosa. Potrebbe spuntare dal nulla un "Corsaro Nero" che viene eletto e che non si sa dove può portare il Paese. No, è rischioso: il primo ministro deve essere legato ad una maggioranza reale, al Parlamento». Quindi nelle trattative lei ha seguito questa linea e Fini lo sapeva. «Già e nei nostri appunti abbiamo lasciato diverse opzioni su alcuni punti perché sapevamo che all'interno del Polo c'era conflittualità su determinate questioni. Quella bozza, poi, doveva essere sottoposta, in via riservata, ai leader dei diversi schieramenti. Ma il «Giornale» pubblicandola, ha fatto precipitare tutto». Maria Teresa Meli Rodotà «scaricato» dal vertice pds che gli preferì Napolitano Miglio riuscì solo ad «annusare» l'odore del potere poi litigò con Bossi resto avevo scritto testual¬ ne. Insomma, non «Già e nei nostri appunti abbiamo lasciato diverse opzioni su alcuni punti perché sapevamo che all'interno del Polo c'era conflittualità su determinate questioni. Quella bozza, poi, doveva essere sottoposta, in via riservata, ai leader dei diversi schieramenti. Ma il «Giornale» pubblicandola, ha fatto precipitare tutto». Maria Teresa Meli Rododal vche gNapo Il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini

Luoghi citati: Roma