Anche da noi calo del 5per cento

Anche da noi calo del 5per cento Anche da noi calo del 5per cento UNA recente pubblicazione della Organizzazione Meteorologica Mondiale, Agenzia delle Nazioni Unite con sede a Ginevra, fa il punto sulla situazione dell'ozono stratosferico e riporta i dati sulla riduzione di questo gas raccolti sia attraverso satellite, sia attraverso sondaggi da terra. Le misure e i rilevamenti riguardano in primo luogo l'Antartide, dove il fenomeno si è manifestato con maggiore intensità, ma il problema coinvolge l'intero pianeta ed in particolare, con riferimento alle nostre regioni, risulta che sull'Europa e sul Nord-America si è verificata, a partire dagli Anni Sessanta, una riduzione dello strato di ozono che, eliminando le oscillazioni interannuali in breve periodo, si colloca attorno al 5-6 per cento. Una riduzione di questo ordine di grandezza sembra essere insignificante, ma in realtà può avre un impatto ambientale non trascurabile, poiché può dare luogo ad un incremento della radiazione solare ultravioletta al suolo. Essendo questa componente dello spettro della radiazione solare quella di energia più elevata, si potrebbero verificare effetti diversi non solo sugli ecosistemi per il danno che subirebbe la vegetazione, ma anche sull'uomo. Le previsioni indicano un aumento dei casi di eritema, di cataratta e di cancro della pelle anche se per ovvi motivi è difficile fare stime quantitative. Come si sa, responsabili del processo di trasformazione dell'ossigeno atomico e molecolare sono alcuni composti del cloro, i floroclorocarburi, che trovano o hanno trovato largo impiego o come liquidi refrigeranti nei frigoriferi o come propellenti nelle bombolette «spray». A causa della ormai accertata responsabilità di questi composti nella deplezione. dell'ozono, a seguito di un accordo internazionale siglato a Montreal nel 1987 e perfezionato con due successivi emendamenti (Londra, 1990 e Copenaghen,1992)i vari composti di questa famiglia dovrebbero essere messi fuori produzione per la maggior parte entro il 2000, consentendo di tornare al livello di guardia per la concentrazione di cloro in atmosfera entro la metà del prossimo secolo. Tutto ciò è il risultato di un paziente lavoro di monitoraggio che, finalizzato inizialmente al controllo dell'ozono, si è esteso successivamente a tutta la stratosfera. Va segnalata al riguardo una iniziativa che, sorta in modo spontaneo tra i ricercatori impegnati nello studio dell'atmosfera tra 10 e 100 chilometri, si propone come obbiettivo di realizzare una rete mondiale di osservazione e monitoraggio per seguire i processi che in stratosfera hanno luogo e possono portare alla progressiva distruzione dello strato di ozono. Si tratta del «Network for Direction of Stratosphenc Changes» che ha iniziato a operare nel 1992 e in breve tempo ha coinvolto un numero molto alto di ricercatori provenienti da Paesi diversi. Le prime stazioni di rilevamento erano collocate in Antartide: successivamente si sono avviate iniziative anche nell'emisfero Nord con l'installazione di stazioni nelle isole Svalbard ed in Groenlandia. Accanto alle stazioni polari, sono state poi attivate stazioni alle medie latitudini in modo da avere una copertura globale del pianeta. Gli strumenti prevalentemente usati per le misure sono Lidar e spettrometri. Il Lidar (Light Detection And ranging) è un apparato di telerilevamento attivo, funzionante sullo stesso principio del radar. Segnali luminosi, emessi da una sorgente laser, vengono sparati verso l'alto nell'atmosfera: dal segnale retrodiffuso, captato con un opportuno sistema ottico di rilevazione, è possibile risalire all'altezza ed alla concentrazione degli aerosol disegnandone, quindi, il profilo verticale. Gli spettrofotomeri danno invece il contenuto colonnare dell'ozono e degli altri gas da monitorare, in quanto misurano, utilizzando come sorgente la luce del Sole, l'assorbimento subito da quest'ultima in corrispondenza alle righe o bande spettrali proprie dei composti in studio, assorbimento che dipende dalla concentrazione del gas lungo tutto il percorso dalla sorgente al rivelatore. A supporto di questa attività vanno ricordati i rilevamenti eseguiti mediante i sondaggi che consistono nell'inviare, tramite palloni in stratosfera, sonde che registrano con continuità la concentrazione di ozono trasmettendo a terra i dati. Questi sondaggi sono generalmente eseguiti a cura dei Servizi Nazionali per la Meteorologia o l'Ambiente e sono effettuati ormai da diverse decine di anni cosicché i dati raccolti costituiscono una vera e propria serie storica di informazioni in merito a questo problema. L'altra tecnica di rilevamem to, che si è dimostrata di grande importanza perché consente una visione globale della situazione è il monitoraggio da satellite: in particolare il «Toms» (Total Ozone Monitoring System) si è rivelato strumento utilissimo perché le immagini a colori da esso fornite danno una vista immediata di come si distribuisca l'ozono su un intero emisfero anche se le applicazioni più significative hanno riguardato e riguardano le regioni polari. Alcuni gruppi di studiosi italiani partecipano a queste ricerche sulla stratosfera. In particolare, si può ricordare che un gruppo della Università di Roma ha allestito in collaborazione con colleghi danesi la base di Thule in Groenlandia, mentre ricercatori del Cnr di Firenze collaborano con unità di ricera francesi e neozelandesi per le stazioni di Dumont d'Urville e Lauder. Michele Colacino Cnr, Istituto di fisica dell'atmosfera DALLE sue origini ai nostri giorni, la lunga storia della siderurgia - pur così ricca di contenuti per l'umanità - è stata marcata dal «peccato originale» dell'insopprimibile amore per l'ossigeno da parte del ferro. Quando il connubio avviene - e avviene molto spesso nonostante le verniciature e altri sistemi di protezione superficiale - il frutto del peccato è la ruggine (ossido idrato di ferro e ossido di ferro). Ciascuno di noi ha qualche conoscenza diretta o indiretta dei danni prodotti dalla ruggine - basti pensare, per esempio, alla corrosione delle lamiere delle auto -, ma pochi si rendono conto della loro entità globale. Utilizzando dati di fonte inglese, si può stimare che, nei Paesi industrializzati, le perdite economiche dovute ai processi di ossidazione dei materiali ferrosi ammontino a circa il 2 per cento del Pil (prodotto interno lordo). Per la sola Italia si tratterebbe, dunque, di una perdita di circa 36.000 miliardi. Per comprendere meglio queste cifre bisogna considerare che il meccanismo di degradazione del ferro non si limita alla sola corrosione ma comprende anche i danni con-

Persone citate: Dumont, Lauder, Light Detection, Michele Colacino, Ozone, Toms

Luoghi citati: Antartide, Copenaghen, Europa, Ginevra, Groenlandia, Italia, Londra, Roma