E la Serbia restò sola

Si apre l'ultimo atto del disfacimento dell'ex Jugoslavia Si apre l'ultimo atto del disfacimento dell'ex Jugoslavia E la Serbia restò sola Il Montenegro vuole l'indipendenza ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Adesso che l'accordo di Dayton sta riportando la pace - per quanto fragile possa essere - in Bosnia e in Croazia, una nuova crisi potrebbe riesplodere nell'ex Jugoslavia a causa delle crescenti aspirazioni indipendentiste del Montenegro. La piccola Repubblica montagnosa, finora sempre al fianco della potente Serbia, pare ribellarsi sempre più apertamente all'unione con Belgrado, ovvero alla cosiddetta Federazione Jugoslava. «Il nostro popolo si rende conto che deve recuperare la propria autonomia all'interno della comunità internazionale. Non può restare supinamente attaccato al carro serbo». La recente dichiarazione del primo ministro montenegrino Milo Djukanovic non lascia dubbi sul rapporto subordinato di Podgorica, la capitale che una volta portava il nome di Titograd, nei confronti di Belgrado. Sonu sempre più numerosi i montenegrini che non nascondono la loro ostilità verso questa nuova Jugoslavia monca di cui teoricamente sono partner ugualitari, ma nella quale in realtà sono schiacciati dai serbi. «Non abbiamo bisogno di restare in una federazione fantasma», ha risposto a una giornalista del Financial Times un alto esponente del partito al potere. Paese agricolo che si affaccia sull'Adriatico, 600 mila abitanti di cui il 61% montenegrini, l'I 1,5% musulmani e il 9% serbi, sin dall'inizio de) conflitto jugoslavo il Montenegro si è schierato con la Serbia di Milosevic. Durante le prime elezioni democratiche, nel dicembre del '90, nel Montenegro, proprio come in Serbia, stravinsero i comunisti, mentre Momir Bulatovic, all'epoca loro candidato per le presidenziali, ottenne il 77% dei voti. Il patto di unione con Belgrado era più saldo che mai, tanto più che nelle altre quattro Repubbliche jugoslave il primo voto pluralista aveva praticamente fatto sparire i comunisti dalla scena politica. Nel settembre del '91 i montenegrini affiancano i serbi nella guerra contro la Croazia, con cui confinano all'estremo Sud. Sono le truppe montenegrine che bombardano Dubrovnik, danno fuoco e saccheggiano tutti i villaggi della costa meridionale croata. Eppure all'interno del Paese esiste una certa opposizione autonomista che vuole separarsi da Belgrado nel rispetto delle tradizioni storiche del vecchio regno del Montenegro. Lo stesso presidente Bulatovic in un'occasione «tradisce» Milosevic nel nome dell'indipendenza: alla conferenza di pace dell'Aia, nell'autunno del '91, accetta un piano di pace internazionale, respinto da Belgrado, che prevede l'autonomia per tutte le Repubbliche jugoslave. Per i serbi si trattò «della più perfida pugnalata alla schiena». Ne parla nel suo libro di memorie Borisav Jovic, fedelissimo di Milosevic che era a capo della presidenza collettiva jugoslava. «Non potevamo crederci. Eravamo sotto choc. Abbiamo chiesto a Bulatovic che cosa gli avevano offerto i croati, gli italiani e gli austriaci durante i loro incontri». Bulatovic avrebbe risposto: «Non abbiamo niente da nascondere. Ci hanno detto che il nostro partito verrà considerato democratico, che otterremo i soldi per lo sviluppo del Montenegro, che otterremo Prevlaka in modo pacifico e che non verranno introdotte le sanzioni internazionali contro il Montenegro». Sempre secondo le memorie di Jovic i serbi a quel punto fecero «chiaramente capire ai montenegrini che sarebbero stati responsa- bili della situazione che ne sarebbe derivata». In realtà Milosevic reagì duramente, accusando Bulatovic di aver ceduto di fronte alle promesse di aiuti economici dell'Italia, storicamente legata al Paese per via del matrimonio di Vittorio Emanuele III con la regina Elena, che era appunto montenegrina. Ancora una volta vinse Belgrado. Nella primavera del '92 un referendum popolare confermò la volontà dei montenegrini di rimanere nella Federazione Jugoslava. Ma oggi, nel clima del dopo-Dayton, il presidente Bulatovic parla di nuovo di cambiamenti radicali. «Dobbiamo puntare sulla privatizzazione delle imprese, scrollarci di dosso le incrostazioni del regime passato. Abbiamo bisogno di rapide riforme economiche», ha detto, aggiungendo che i montenegrini hanno una tradizione da difendere: «Mentre i serbi sono stati soggiogati dagli ottomani, i guerrieri montenegrini hanno difeso sulle montagne la loro autonomia». Ingrid Badurina A fianco il rilascio di alcuni prigionieri bosniaci a destra soldati italiani dell'lfor durante un pattugliamento sotto la neve nella capitale bosniaca