Prodi «Un premier eletto dal Parlamento»

Interno D'Alema avverte Fini: «Le riforme si possono fare anche senza An, il problema è di Berlusconi» Prodi: «Un premier eletto dal Parlamento» Nell'Ulivo continua il muro contro muro ROMA. Da due ore in quella stanzetta di palazzo Colonna c'è un'atmosfera gonfia di diffidenze e Gerardo Bianco si assenta per andare a fare una telefonata. Ma proprio mentre Bianco è fuori stanza Walter Veltroni si infila con nonchalance nelle vicende del ppi: «Ho letto il documento dei senatori popolari a favore dell'elezione diretta del Capo dello Stato, mi sembra una posizione più complessa di quella rappresentata dai giornali...». Gerardo Bianco rientra e Carlo Ripa di Meana interrompe Veltroni: «Guarda Veltroni, che non è possibile continuare col sistema delle ingerenze nelle faccende altrui...». D'Alema al volo: «Ah, ci si offende per interposta persona...». E Ripa: «Voi dovete smetterla col sistema del portalettere...», allusione neanche troppo velata a Gianni Mattioli, considerato da Ripa una sorta di «infiltrato» del pds tra i Verdi. E' questo il clima che ha permeato il vertice dell'Ulivo chiamato a decidere una volta per tutte la posizione del centro-sinistra sulle riforme istituzionali. Dopo cinque ore di dibattito e battibecchi, Bianco, Ripa di Meana e un silente Romano Prodi sono riusciti a stoppare D'Alema e soprattutto Veltroni, che avrebbero voluto una più chiara presa di posizione a favore del sistema presidenziale alla francese, il segnale chiesto dal Polo per chiudere la trattativa. E così, un Prodi più disteso di quanto non fosse cinque ore prima, ha potuto annunciare che «l'Ulivo propone il governo del primo ministro, così come viene chiamato nelle grandi democrazie europee, Germania e Inghilterra», dunque un premier eletto dal Parlamento. E il presidenzialismo alla francese nella versione del professor Sartori che fine ha fatto? Dice Veltroni, salendo in macchina: «Resta una disponibilità a discuterne...». E D'Alema: «Nulla è accantonato, può essere un punto di arrivo se il Polo la condividerà... E in ogni caso è possibile che il presidente incaricato deciderà di fare una sua proposta...». Come dire: caro Berlusconi e caro Fini, la nostra proposta è quella di un governo del premier, ma attenzione perché abbiamo anche una subordinata che potrebbe essere il punto di incontro, tanto più se ad avanzarla sarà il presidente incaricato. E più tardi incalzato dai cronisti, D'Alema per la prima volta ha lanciato un mezzo «avvertimento» a Fini: «E' ovvio che le riforme si possono fare senza An. Il problema è di Berlusconi, non mio. Insomma, Fini non è preclusivo». Una frase che certo non metterà di buon umore né Fini né Berlusconi. E così, il lungo vertice che doveva produrre «il» progetto dell'Ulivo in realtà ha partorito una proposta e una subordinata, che in politica, da sempre, significano due proposte. E' dunque finito in pareggio il primo match tra D'Alema e Prodi, tra l'ala socialdemocratica dell'Ulivo (pds e laburisti di Spini) e quella cattolico-ambientalista di Prodi, Bianco e Ripa di Meana. Per D'Alema un pareggio che segue di poche ore un passaggio diffìcile, l'assemblea con i segretari regionali e di federazione, un passaggio superato brillantemente. In quattro ore di dibattito (trasmesse a circuito chiuso per i giornalisti) i «dubbi» e le «per- plessità» sulla grande intesa con Berlusconi sono stati tanti, ma nessuno ha parlato di «rivolta» della base. E anche se D'Alema ha dovuto parlare per quasi due ore e mezzo per «piegare» i dubbiosi, anche se ha dovuto dire che sarebbe «un errore di portata storica non tentare un'intesa», alla fine il segretario del pds ha varcato il suo Rubicone: ha avuto via libera sull'ipotesi presidenzialista alla francese che per 51 anni è stato un tabù per la sinistra di tradizione comunista. Assai più turbolento il vertice (a porte chiuse) dell'Ulivo. Prodi è partito in quinta: «Dobbiamo approvare un documento, da dare subito ai giornalisti, che critichi gli atteggiamenti di Berlusconi in questi giorni...». Spini, persino Zanone e soprattutto D'Alema bloccano il professore: «In una trattativa si pongono delle condizioni, non delle precondizioni...». Quasi due ore e Prodi rinuncia. Poi il clou: Veltroni propone di assumere il progetto Sartori. Bianco e Ripa di Meana insorgono: «Su questo andiamo al voto!». D'Alema media. Poi all'uscita ognuno dice la sua. Fabio Martini La proposta semipresidenziale del Professore al centra del dibattito Berlusconi telefona al mostro sacro della scienza politica, inUsadai .76 lema per la prima volta ha lanciato un mezzo «avvertimento» a Fini: «E' ovvio che le riforme si possono fare senza An. Il problema è di Berlusconi, non mio. Insomma, Fini non è preclusivo». Una frase che certo non metterà di buon umore né Fini né Berlusconi. E così, il lungo vertice che doveva produrre «il» progetto pp «Contrordine comaddirittura Massimchio personaggio trio del pds, le critdella Quercia: «Noma trinariciuto - dzione ed uno Statoma su questo tipo ca popolare. C'è uncupa e preferisce fbisogna riassestarprima dobbiamo faBisogna riassestarin campo, anche sestata la Resistenzano», La propsemipredel Profal centra A destra: Giovanni Guareschi In alto: Veltroni, Prodi e Giulietti al vertice dell'Ulivo Il politologo Giovanni Sartori A sinistra: Massimo D'Alema Qui sopra: Mario Segni

Luoghi citati: Germania, Inghilterra, Meana, Roma