I veri intellettuali? Gli scienziati

il caso. John Brockman, il grande agente editoriale a Milano per il suo libro, accusa il caso. John Brockman, il grande agente editoriale a Milano per il suo libro, accusa I veri intellettuali? Gli scienziati «Letterati ignoranti: li snobbano e se ne vantano» 4? MILANO OHN Brockman, il più grande agente di letteratura scientifica su scala internazionale, non ha remore a sostenere che l'un per cento delle persone al mondo pensa per tutte le altre. E che la maggior parte della gente vive una vita di seconda mano, «basata su idee di seconda mano». Io sono interessato a quell'uno per cento dice. «E' un piccolo mercato, ma in termini di business è un business solido. Ci sono probabilmente più scienziati oggi di quanti abbiano attraversato la Storia. E a differenza dei letterati, che aspettano le loro riviste alla fine del mese, loro ogni sera si siedono al computer ad elaborare idee nuove e comunicare per posta elettronica». E' ora di finirla, sostiene Brockman, con la cospirazione dei letterati che a partire dagli Anni 30 hanno occupato tutta la scena culturale. Uno scienziato per essere colto deve avere letto Shakespeare mentre un letterato si può far vanto di non sapere nulla di matematica e fisica. «L'intellettuale tradizionale ha perduto molto del suo smalto», scrive nel libro La terza cultura, che esce in questi giorni da Garzanti. «Gli intellettuali americani sono sempre più reazionari, spesso si vantano di ignorare anche le più grandi conquiste culturali del nostro tempo. Non amano la scienza e in genere tutto ciò che è empirico e verificabile; usano un loro gergo e s'inventano dispute che solo loro sono in grado di apprezzare. Scrivono libri che hanno per oggetto altri libri e così via in ima spirale di commenti senza fi- *~ ne, fino a che della realtà in carne ed ossa non resta che una vaga traccia». A cinquantanni passati, capelli bianchi, abiti scuri, sguardo e senso dell'umorismo freddissimi, John Brockman appare come un autentico prodotto Zeitgeist newyorkese: nato nel mondo della pop art Anni 60, organizzatore di happening con Warhol, Rauschemberg e Oldenburg, fondatore della prima discoteca multimedia, autore di libri di «cibernetica, lingua, realtà, a metà tra l'empirico e l'epistemologico», abilissimo businessman nel software e l'editoria informatica, agente letterario, fondatore di un club di alti ingegni, e nella sua ultima incarnazione imprenditore cibernetico impegnato a creare in quel «luogo assurdo, patetico e imbecille» che è Internet, un angolo per le persone intelligenti interes¬ sate al nuovo e alla cultura, con accesso rigorosamente selezionato. Si chiamerà Megasite e stimolerà la comunicazione quanto l'acquisto di prodotti culturali. La terza cultura, secondo Brockman, è quella che crea un ponte tra la prima, quella dei letterati, e la seconda, dei ricercatori, rendendo accessibile al pubblico i grandi temi della scienza per mezzo di una divulgazione di buon livello letterario. E il libro ne è un esempio. In esso Brockman ha raccolto le testimonianze di due dozzine tra i più grandi scienziati viventi - dai fisici Paul Davies e Roger Penrose, ai biologi evoluzionisti Richard Dawkins e Stephen Jay Gould, ai biologi Luynn Margulis e Francisco Varela, agli informatici come Marvin Minsky e gli psicologi come Nicholas Humprey - ha chiesto loro di esporre il contenuto delle proprie ricerche, le ha fatte commentare da un certo numero di amici e rivali, e alla fine ha prodotto una specie di happening: da un lato, sullo stato delle ricerche più avanzate, dall'altro sulla piaggeria e l'invidia che regolano i rapporti dei suoi protagonisti. «Faccia conto un gruppo di scienziati di altissimo livello che dopo una conferenza resta alzato a ubriacarsi fino alle due di notte...». E' stato frequentando gli artisti della pop art che Brockman si è avvicinato alla scienza, quando ha scoperto che leggevano libri di cibernetica piuttosto che di meccanica dei quanti. Nel 1973 ha aperto un'agenzia letteraria specializzata in informatica e alla fine degli Anni 80 ha sfruttato l'onda del successo di Una breve storia del tempo di Stephen Hawkings, scommettendo che il mercato avrebbe potuto assorbire altri cinquanta autori di quel genere. E con il suo successo ha contraddetto la regola che i soldi si fanno con i prodotti di basso livello, e confermato quella che più l'editore spende per un libro, più quel libro venderà. Ne sanno qualcosa i suoi clienti Paul Davies, Richard Dawkins, Nicholas Hunphreys e Murray Geli-Mann, che si è visto consegnare due milioni di dollari prima ancora di aver finito il suo The Quark And Thejaguar. «Io non sono uno scienziato. Non vado alle conferenze degli scienziati che rappresento. Quello che mi interessa sono le domande che pongono. E non vendo alla gente le loro risposte, perché la domanda è la risposta. Le loro non sono dispute marginali di un piccolo gruppo di persone che parla solo a se stesso». Cioè quei letterati per i quali, secondo Brockman, il successo dei libri di divulgazione scientifica non è altro che un deplorevole fenomeno di costume. Livia Manera *~ per le persone intelligenti intereslogi evoluzionisti Richard Dawkins e Stephen Jay Gould, ai biologi Luynn Margulis e Francisco Varela, A sinistra, Tullio I vicinato allscoperto chbernetica pica dei quanun'agenzia in informati80 ha sfruttdi Una brevStephen Hache il mercsorbire altri John Brockman, il più importante agente di letteratura scientifica, ha messo a confronto in un libro stili e linguaggio di ricercatori e scienziati A sinistra, Tullio

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