Verlaine il corpo si fa poesia

Una polemica biografìa dalla Francia, nel centenario della morte: da Zola a oggi, sempre frainteso Una polemica biografìa dalla Francia, nel centenario della morte: da Zola a oggi, sempre frainteso Verlaine, il corpo si fa poesia Brutto e vizioso: per questo fu grande Y\ PARIGI A madre di Paul Verlaine teneva sospesi in un armaI I dio quattro boccali contesa nenti, sotto spirito, i quattro feti dei figli morti prima del solo concepimento andato a buon fine. Paul ragazzino, a furia di restare annichilito da quella macabra visione, finì col fracassare tutti e quattro i boccali con enorme soddisfazione e, inscindibile, il senso di aver profanato per sempre la propria purezza. A cento anni dalla morte del grande poeta, l'episodio è ripreso da una biografia uscita per l'anniversario, violenta e polemica come è raro trovarne: Verlaine. Histoire d'un corps, di Alain Buisine (Tallandier). Il biografo è convinto che di Paul Verlaine si sia detto e ripetuto il più gran bene e il più gran male, senza mai tentare lo sforzo di far convergere su un'unica persona i due discorsi. L'esaltazione del poeta da un lato, l'esecrazione dell'uomo vizioso d'altro lato: come se si trattasse di due Verlaine, Jekyll e Mister Hyde, alternativi e non sovrapponibili. Prova ne siano le innumerevoli pubblicazioni uscite l'indomani della morte - sopraggiunta l'8 gennaio 1896 a Parigi - che Jacques Drillon ha riunito in volume nel Tombeau de Verlaine (Le Promeneur). Di tanti articoli di giornale, commemorazioni, commenti, solo nello scritto di Mallarmé si parla, con pertinenza e entrando nello specifico, di poesia. Sorprendente, invece, l'articolo pubblicato sul Figaro da Emile Zola. Intitolato «Il solitario», attacca a fondo il defunto: «Se la poesia non è altro che la libera fantasia vagabonde 'di un povero essere che gioisce o piange, che pecca e si pente, Verlaine è stato il poeta più mirabile di questa fine di secolo. (...) Ma il fatto è che ha composto i suoi versi come l'albero delle pere fa le pere. Mai ha voluto, discusso, combinato, eseguito qualcosa nel pieno esercizio della sua intelligenza». I fratelli Goncourt, del resto, di Verlaine avevano scritto nel loro Journal: «Ubriacone, pederasta, assassino, attraversato di tanto in tanto da una paura dell'inferno tale, che se la fa nelle mutande... Grande pervertitore che ha fatto scuola, nella gio- ventù letterata, di tutti i cattivi appetiti, di tutte le tendenze antinaturali, di tutto ciò che è disgusto e orrore!». E Leon Daudet lo ricordava «in preda a accessi di priapismo da bestia selvaggia». Alain Buisine è feroce contro il protrarsi di giudizi di questo genere. Ancora oggi (è il caso dello stesso Drillon) si continua a parlare di Verlaine come di un «ossimoro vivente», si resta incapaci di spezzare lo stereotipo di un Verlaine brutto e vecchio da sempre, abbrutito anzitempo dall'assenzio e dagli amori contronatura. Esistono moltissimi celebri ritratti del poeta, quasi tutti lo dipingono laido e deforme. C'è forse un solo quadro, di Bazille, in cui Verlaine figura giovane e per nulla abbrutito. Prendendo spunto da questo ritratto diverso, Buisine ha impostato la sua polemica biografia sulla storia del corpo di Verlaine per dimostrare l'assurdo del ritenerlo poeta benché bruto o, secondo i pareri, bruto benché poeta. Per Buisine, Verlaine fu poeta proprio perché fu bruto. I biografi precedenti hanno parlato spesso, a dire il vero, del corpo di Verlaine. Ma solo (come i pittori) per sottolinearne la straordinaria bruttezza. Edmond Lepelletier, il primo biografo che fu compagno di scuola di Verlaine, scriveva (nel 1907): «Era afflitto da una bruttezza intensa». E parlava della fisionomia disgraziata, bizzarra, asimme- trica; del cranio a bozzi e del naso camuso; della maschera da fauno quando rideva e dell'aspetto sinistro quando era serio: «Grottesco, assomigliava a una scimmia». Max Nordau, seguace di Lombroso, lo descrisse come «un degenerato spaventoso, dal cranio asimmetrico e dal viso mongoloide». «Ridicolizzare, imbruttire, semplificare a questo punto il corpo di Verlaine significa anche, anzi soprattutto, negare il suo lavoro di scrittore», protesta Buisine. Per lui «la presa di rischio propriamente sessuale è consustanziale all'arte di Verlaine», e la sua «straordinaria esperienza di body-art costituisce la sua odissea poetica di alcolizzato». «Il poeta fa dell'esibizione stessa del suo corpo degradato una componente essenziale, decisiva per il suo porsi poetico. Il corpo in rappresentazione fa parte del corpus poetico». Più che alle opere «buone» meglio note [Romances sans paroles, Sagesse, Fètes galantes, la bonne chanson), è a quelle maledette, sinora maltrattate, che il biografo dà rilievo. Ad esempio le due raccolte Femmes e Hombres, che l'edizione delle opere complete nella collana della Plèiade Gallimard, 1962-'72, escluse. Ma c'è poi da parte di Buisine un passo ulteriore, nella storia del «corpo poetico» di Verlaine. 11 pauvre Lélian (così il poeta anagrammava il proprio nome) era claudicante: per Buisine è possibile stabilire un nesso tra questo fatto e il verso impari di Verlaine, che «zoppica». Un verso cade sull'altro, Yenjambement si fa metafora e la poesia acquista in corporeità. Dell'ipotesi di Jacques Drillon, che Verlaine abbia forse in realtà più offeso liberando in questo modo il verso che abusando di alcol e sesso, ancora una volta Buisine si indigna. Che senso ha, perché - si chiede - continuare a parlare di offesa? Verlaine. Histoire d'un corps vuole essere l'inaugurazione di un genere nuovo: la «corpografia». Genere la cui unica regola dovrebbe essere: «Non trascurare nulla, nei limiti del possibile, dei percorsi e degli incidenti di un corpo che ha tentato di essere lui stesso la sua propria poetica, che ha fatto della sua indecente esibizione e della sua costante rappresentazione una delle componenti essenziali del gesto poetico». Gabriella Bosco Tutti l'hanno esaltato per i suoi versi e stroncato come uomo Per i fratelli Goncourt era un «ubriacone, pederasta, assassino e pervertitore» H &; H A fianco Paul Verlaine: &; morì a Parigi l'8 gennaio 1896 A sinistra Stéphane Mallarmé, più in basso Emile Zola

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