«Sheherazade» tra forme e colori di Silvia Francia

«Sheherazade» tra forme e colori Araldo, affascinanti magie visive nello spettacolo del Teatro del Buratto «Sheherazade» tra forme e colori Quando l'immagine «ruba la scena» alla parola Quel che viene in mente, assistendo allo spettacolo «Sheherazade» che il Teatro del Buratto ha presentato all'Araldo fino a ieri, è che il «teatro per ragazzi», quendo è di qualità, funziona bene anche con il pubblico adulto: godibile, seppure in modo differente, da spettatori di varia età. E proprio verso questo genere di performance, decifrabile in maniera elementare ma anche raffinata, è orientata da anni la produzione della formazione milanese. Gli elementi di seduzione di questo nuovo spettacolo, ispirato alle «Mille e una notte» (creazione scenica di Jolanda Cappi, Giusy Colucci e Franco Spadavecchia) sono forti, a partire dalla musica: quella suite dedicata a «Sheherazade», composta da Bimskij-Korsakov nel 1888 che rivela più che una promessa di narrazione. Il repertorio novellistico antico, che Antoine Galland tradusse e accorpò, è qui ridotto ad uno spezzettato e breve racconto, affidato a una voce narrante. E' l'immagine, in questo caso, a rubare potere alla parola. E il germinare di storie innestate l'una sull'altra si traduce in una genesi di forme e colori, complice una miscela di tecniche: dal «teatro su nero» al mimo, all'animazione a vista (ottimi esecutori, Sergio Mussida, Daniele Dazzi, Sergio Tonon e Marti¬ na Moretti). Il prevalere dell'immagine, che semplifica storie e temi quanto basta per renderli familiari anche ai bimbi, rende evidenti «disegni» confusi nell'ordito narrativo fittissimo. Il volto della principessa Sheherazade, un ovale stilizzato color oro, si scorpora per generare un mondo di forme e meraviglie e, finita l'avventura narrativa, si fonde con quello del sultano. Dalla fiaba-cornice nascono altre storie: quella del povero pescatore che trova un'ampolla contenente un genio furioso per aver trascorso da recluso 4 secoli. E quella di Simbad il marinaio, avventuriero tra onde che gli negano un approdo sereno. Infine, c'è la vicenda della principessa del Bengala, promessa sposa a un mago perfido ma innamorata di un nobile persiano che la salva su un cavallo volante. Spunti fiabeschi appena spolverati di esotismo. Le forme si trasformano e moltiplicano: un'isola diventa balena e poi uovo da cui nasce uno stormo di minacciosi uccelli, che si rimodella in serpente. Mentre il palazzo color giada del re del Bengala (i personaggi: lievi sbuffi di stoffa animati con perizia) diventa incombente fortezza di un mago che non ha volto, ma solo tenaglie purpuree per imprigionare la preda. Meraviglia e misura, che governano il movimento e l'accordano con la musica, sono le cifre prevalenti di una «semplicità ricercata» che cattura il pubblico. Silvia Francia Lo spettacolo del Buratto «Sheherazade» si ispira alle «Mille e una notte»