Utah la corsa degli aspiranti boia

Condannato per omicidio ha voluto questo tipo di esecuzione Condannato per omicidio ha voluto questo tipo di esecuzione Utah, la corsa degli aspiranti boia Sono decine le richieste per una fucilazione DIRITTO E PIETÀ' WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Tra meno di due settimane John Albert Taylor avrà vinto la sua battaglia, se così si può dire. In fondo, la legge era dalla sua e lo Stato dello Utah, anche se con titubanze e evidenti imbarazzi, ha dovuto riconoscere il diritto di Taylor di essere fucilato da un plotone d'esecuzione. Così, mentre la classe dirigente mormone di uno degli Stati più ricchi del West faceva il possibile per evitare che la vicenda avesse un'eco nazionale, il telefono di Jack Ford, portavoce del penitenziario di Draper dove è recluso Taylor, non ha fatto che suonare per due giorni interi dal momento in cui è stata fissata l'esecuzione per il 26 gennaio. «Finalmente, dopo due giorni, ho inserito nella segreteria telefonica il messaggio "non accettiamo volontari" e ho smesso di rispondere». E' profonda e antica, nei mormoni, l'idea che deve essere il sangue a lavare il sangue e in senso letterale. Per questo la legge dello Stato consente ancora ai condannati di scegliere tra la fucilazione e la puntura letale. Non c'è dubbio che la fucilazione appare oggi un crudele anacronismo quasi a tutti, anche se gli attivisti contro la pena di morte realisticamente non fanno molte distinzioni. «La fucilazione non è più barbarica della puntura o della sedia elettrica», sostiene infatti Carol Gnade, direttrice della sezione dello Utah dell'American Civil Liberties Union. Certo, non sarà più barbarica, ma lo sembra. In fondo è per questo che Taylor, che sta per essere battezzato cattolico romano, ha insistito per il plotone d'esecuzione: per mettere in imbarazzo lo Stato che lo ha condannato a morte. L'ultima fucilazione nello Utah ebbe luogo nel 1977, quando un altro detenuto, il celebre Gary Gilmore, aprì la strada a Taylor. La Corte Suprema degli Stati Uniti aveva ristabilito la legittimità della pena di morte, con il conseguente permesso di reintrodurla agli Stati che lo volessero, solo un anno prima, nel '76. Gilmore fu il primo condannato a morte della nuova era nello Utah. Dopo la sua, nello Stato ci furono soltanto tre esecuzioni capitali, tutte e tre per iniezione letale. Ma questa statistica non deve trarre in inganno. Kay Gillespie, che insegna giustizia criminale alla Weber State University di Ogden, ha scritto uno storia della pena di morte nello Utah. Dal 1847 (quando per la verità lo Utah non era ancora uno Stato ma solo un territorio chiamato Deseret) ad oggi, nella patria dei mormoni sono state eseguite 48 condanne a morte, la grande maggioranza delle quali, cioè 39, attraverso fucilazione. «La gran parte dei mormoni nello Utah - spiega Gillespie - utilizza il concetto di espiazione con il sangue per sostenere la pena di morte in generale e il plotone di esecuzione in particolare». Fu Brigham Young, il grande patriarca dei mormoni dello Utah a instillare nei suoi pio¬ nieri la dottrina per la quale «vi sono peccati che possono essere riscattati solo dal sangue di un uomo». Assieme alla pratica della poligamia, la dottrina dell'espiazione con il sangue fu un serio ostacolo al riconoscimento dello Utah come Stato da par¬ te dell'Unione. Nel 1890, finalmente, la chiesa mormone, in pieno controllo allora come adesso di tutto il potere nel territorio, sconfessò entrambe le dottrine, sia quella del «matrimonio plurimo» sia quella dell'espiazione con il sangue. Questo aprì la strada all'agognato riconoscimento dello Utah come Stato, che avvenne nel 1896, e del quale in questi giorni gli abitanti delle terre attorno al Grande Lago Salato stanno celebrando il centenario con grandi cerimonie. Ma poiché lo Utah, nonostante lo straordinario sviluppo economico e la modernità delle infrastrutture, resta pur sempre l'unico Stato teocratico tra i 50 degli Stati Uniti, molto delle vecchie tradizioni, credenze e dottrine è rimasto vivo, matrimonio pluri¬ mo compreso. Non c'è alcun dubbio sulla colpevolezza di Taylor, 36 anni, che nel 1989 violentò e uccise una ragazzina di 11 anni, diaria Nicola King. L'unica giornalista con cui il condannato parla, Beverly DeVoy, racconta che Taylor ha scelto la fucilazione sia per mettere in imbarazzo i suoi giustizieri sia perché «non vuole sdraiarsi su una tavola e contorcersi come un pesce fuor d'acqua». E' senz'altro riuscito nel suo intento. Il Congresso dello Stato voterà certamente il prossimo mese un legge per abolire il plotone di esecuzione come opzione e il governatore repubblicano e mormone ha detto che aspetta con ansia di firmarla. Così, gli altri due detenuti che come Taylor hanno chiesto di essere fucilati dovranno invece sottoporsi all'iniezione letale. Ma il Congresso non farà in tempo a votare la legge prima del 26 gennaio e il posto della fucilazione è già stato allestito. Il plotone sarà composto solo da 5 tiratori scelti, che spareranno non visti da dietro una feritoia. Taylor sarà seduto e legato. Fin qui tutto bene, ma si è posto un problema nuovo che segnala sarcasticamente l'anacronismo dell'evento. L'epoca d'oro delle fucilazioni non conosceva ancora l'Aids. Così, per rispettare tutte le regole d'igiene, la sedia di Taylor sarà sistemata su una griglia sotto la quale c'è un raccoglitore, una specie di larga padella. Espiazione con il sangue sì, ma senza contaminazione. i Paolo Passarmi Secondo la legge mormone si deve lavare la colpa con il sangue *-If/S!H > issa;?.* *sat»ras&<* «* assi >■ m s ili «8 Nelle immagini, in alto il refettorio di un carcere negli Stati Uniti e qui accanto un congresso di giovani mormoni a Salt Lake City