Juve, il soldatino alia la voce

Juve, il soldatino alia la voce A Bergamo il tornante bianconero non ha giocato e c'è rimasto male Juve, il soldatino alia la voce Di Livio: il turn over spero non riguardi solo me UN NAZIONALE IN PANCHINA TORINO. La vita non gli ha riservato un destino da intoccabile. C'è chi nasce Maradona e chi nasce Di Livio. Ma la storia non la fanno soltanto i generali, servono anche i bravi soldatini che quando sono al fronte combattono più di chi li comanda. Di Livio appartiene proprio alla categoria dei giocatori meno reclamizzati, ma non per questo meno utili. Anzi, una buona fetta di scudetto gli spetta di diritto. Questo però non gli ha fruttato alcun diritto o favore. «Io non ho mai giocato per simpatia» ammette senza remore. Cioè, il posto in squadra lo trova se lo merita, allenamento dopo allenamento, non per grazia divina. Domenica scorsa a Bergamo Di Livio è rimasto intrappolato nella mini rivoluzione d'inverno. Poche ore prima della partita ha saputo che sarebbe andato in panchina. Un brutto colpo anche se certi inconvenienti fanno parte del mestiere. Ma la sorpresa è stata grossa e la domanda spontanea: perché proprio io? Ricorda: «Lippi ci ha detto che siamo in tanti e che l'abbiamo messo in difficoltà nelle scelte. Ed in fondo è vero. Però ci sono rimasto male, non ero contento. Noi giocatori dovremmo essere vaccinati a queste situazioni. Invece...». E' la dura legge del turn over che Di Livio accetta con la speranza che la ruota giri e che la prossima volta la pallina non si fermi di nuovo sul numero sette: «Lippi dice che c'è spazio per tutti. Sono d'accordo, in questa Juve tutti meriterebbero di giocare. Io non ho altre armi a disposizione se non quella dell'impegno per dimostrare all'allenatore che ha ragione. Spero comunque che la storia non si ripeta. Lippi avrà buoni motivi, ma io sono soddisfatto di me stesso, ho la coscienza a posto, non credo di essere usci¬ to per demerito. E aspetto che il turn over riguardi tutti». Toni misurati, ma fermi. Di Livio non fa la vittima, ma non gli piace passare per colpevole. E' sicuro: «E' normale che ci siano giocatori come Vialli considerati inamovibili e che quindi un allenatore abbia dei punti fermi. Ma, a parte Luca, gli altri sono sullo stesso piano. E non credo di aver perso il posto per ragioni tattiche. L'anno scorso ho sempre giocato anche quando Lippi utilizzava il tridente come ha fatto a Bergamo. Mi auguro che non si creino problemi per la Nazionale. L'Europeo è il mio obiettivo, ma la maglia azzurra si conquista indossando prima quella della Juve. Non so se mi hanno trasformato in capro espiatorio. Su questo motivo e altre cose deve rispondere Lippi». Deluso, ma battagliero: «Quando sono arrivato alla Juve tre anni fa ho dovuto farmi apprezzare, è stato faticoso come costruire un palazzo di dieci piani. Adesso diciamo che siamo in fase di restauro. Per il bene del gruppo si può stare anche in panchina, aiutando Lippi senza fare polemiche». Ma si capisce che è una tregua a termine. Intanto Vialli fa il punto della situazione: «La nostra posizione di classifica è lo specchio di quanto abbiamo fatto finora. Il Milan merita il primato, noi lavoriamo per invertire le posizioni. Il tridente? Sta a noi convincere Lippi che è la formula migliore. Se un tecnico non cambia è perché tutto funziona». Dall'Inghilterra rimbalzano nuove voci sul futuro di Vialli. Il Daily Mirror lo pone nel mirino del Chelsea. Pare addirittura che a Londra si possa ricomporre la storica coppia con Mancini. Fabio Vergnano Angelo Di Livio, 30 anni, è alla Juve dall'ottobre '93 Voci dall'Inghilterra: Vialli con Mancini nei piani del Chelsea

Luoghi citati: Bergamo, Inghilterra, Londra, Torino