Parma il crack dell'isola felice
Per Scala movimentato confronto con gli ultras, Minotti e Zola respingono le critiche Per Scala movimentato confronto con gli ultras, Minotti e Zola respingono le critiche Parma, il crack dell'isola felice «Con i tifosi frattura netta» PARMA DAL NOSTRO INVIATO Quaranta ragazzotti che sparano palle di neve sui loro beniamini miliardari, accusati di non saper vincere. Un'immagine destinata a sciogliersi al primo sole dei risultati, se ancora verranno. Però la ferita resta. E non basta la serenità, chissà quanto reale, di Scala per ridimensionare l'accaduto. Il Parma si sente tradito, pur senza aver perduto nulla, finora. Città fredda, dacci la scossa, invocava l'allenatore nei momenti difficili. La risposta è andata oltre: ha turbato le coscienze dei gialloblù più dei punti scialacquati nel campionato che doveva essere della consacrazione definitiva e che rischia di trasformarsi in una logorante guerriglia che potrebbe distruggere il giocattolo. Altro che isola felice, questa è diventata l'isola dei condannati, senza appello. Lorenzo Minotti, una carriera in gialloblù, alza bandiera bianca: «I tifosi della curva ormai non sarebbero capaci di esultare neppure se conquistassimo lo scudetto. La frattura è netta, insanabile. Il rapporto è incancrenito. Un malumore con radici lontane, nasce dai malintesi tra ultras e società, oltre che tra sostenitori e squadra. Il clima che si è creato è deleterio. Se continua così non giocheremo più tranquilli in casa: la sconfitta col Vicenza insegna, visto che a Torino siamo andati meglio. Già in primavera avevamo notato il distacco fra la città e i giocatori: la vittoria in Uefa è stata deprezzata». Fra i contestati anche Gianfranco Zola: «Perché colpevolizzarci per i nostri guadagni? - dice amaro -. Non capisco. Ci credono perdenti perché ricchi? Io sono uno che non molla mai, però questo tipo di pungolatura non serve per aiutarci a vincere. Vogliamo serenità, da questo nascono i successi. Non dagli insulti. Sono dispiaciuto, sì. Perché credo si sia smarrita per sempre quell'atmosfera che ci aveva permesso di lavorare tranquilli. Tutto è nato due anni fa quando perdemmo a Reggio Emilia il derby. I tifosi ci accusarano persino di aver venduto la partita. Ma noi pensavamo al Benfica, dovevamo rimontare, conquistare la finale di Coppa Coppe. Poi a Cope- naghen è andata male. E adesso, per un presunto torto, ci fanno pagare le conseguenze, rovinando l'ambiente: la nostra forza si è trasformata nel vero punto debole». Scala cerca, più degli altri, di ricucire. Impresa ardua. Nella giornata dei chiarimenti ha in pro- gramma, caso inedito in sette anni, un dibattito con gli ultras. Si presenta, dopo cena, in un bar di via Spezia, covo degli irriducibili. «Voglio vederli in faccia quelli che ci hanno accolti domenica a palle di neve. Possono essere miei figli. Devo spiegare loro che distruggo¬ no la loro immagine, quanto di buono si sono guadagnati soffrendo al nostro fianco. Non credo si siano stancati di me, io vivo da 26 anni con mia moglie e sono felice di vederla ogni giorno. Aspettino a giudicarmi, non sono qui per comprare il loro silenzio o il loro applauso. A fine campionato traggano le conclusioni. Siamo terzi al mondo dopo Ajax e Juve. Vogliono lo scudetto? Anche il Parma lo rincorre. Ma Tanzi per primo sa quanto sia difficile conquistarlo nonostante tutti i campioni che mi ha dato. E Tanzi, lo ripeto a questi ragazzi, non ha detto che se non vinceremo ci caccerà via tutti quanti». Nonostante i buoni propositi, la serata riserva altri colpi di scena. Piazzate davanti al covo dei tifosi, ecco le telecamere della Rai. Scala, contrariato, se ne va. Gli ultras non demordono, lo inseguono in città. Finalmente il chiarimento avviene, lontano da sguardi indiscreti. La prossima puntata è un colloquio con Tanzi. Anche con lui ha molto da chiarire. Già, il patron. Quanto durerà la sua pazienza? Chi può credere all'idea che gli basti partecipare e tenere alto il nome del Parma per vendere più latte grazie all'immagine di Asprilla o Stoichkov? Pedraneschi, il presidente, da tempo tace. Fosse per lui e per una parte cospicua della dirigenza gialloblù, Scala, il ds Pastorello e il preparatore Carminati, il gruppo indicato dai parmigiani doc come «la banda dei veneti», sarebbero già a spasso da mesi. Dietro la rivolta a palle di neve c'è anche questo retroscena: Pedraneschi non media più, s'è stufato di fare da paravento a Scala. Ecco perché il Centro di Coordinamento dei club non si immischia nel dialogo tra tecnico e ultras dei Boys. «Noi vogliamo applaudire o contestare in piena libertà» dice Franco Grossi, il presidente, in rappresentanza dell'uomo della strada. Dei ventimila abbonati. Di un pubblico che va al Tarami così come al Regio: per assistere a uno spettacolo, e fischiare chi stecca. Franco Battolato Scala (foto grande): «Sì al dialogo ma non comprerò mai gli applausi» Zola (a sin.): «E' finita l'armonia» Il tecnico: la città s'è stancata di me? Giudichi alla fine Il sardo: ci serve serenità, non insulti
Luoghi citati: Parma, Reggio Emilia, Torino, Vicenza
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