Scrittori e denaro l'attrazione fatale di Sergio Romano

Fonte d'ispirazione Fonte d'ispirazione per la grande letteratura, per molti autori diventa Scrittori e denaro l'attrazione faide N- ICK Leeson, ventott'anni, funzionario della Banca Baring di Singapore, ha bruciato un miliardo di — dollari nella scorsa primavera scommettendo sui future della Borsa di Tokyo. Giancarlo Parretti, finanziere, già proprietario della Metro Goldwin Mayer, è stato arrestato in ottobre negli Stati Uniti per ordine delle autorità francesi che lo accusano di avere frodato il Crédit Lyonnais. Ma è appena uscito senza danni da un lungo confronto con l'autorità americana (la Securitios and Exchange Commissioni che sovrintende alle operazioni di Borsa. Con la storia delle loro vite Balzac, forse Dickens, avrebbero fatto due grandi romanzi. Luigi Rivieccio, cinquantacinque anni, orafo napoletano, si è tolto la vita a Pompei con una dose di cianuro per cancellare il debito di trecento milioni che avrebbe contratto con alcuni usurai napoletani. Un caso isolato? Secondo stime pubblicate dalla stampa negli scorsi giorni gli usurai a Napoli sarebbero 15.000 e il fatturato dei prestiti a usura ammonterebbe ogni anno alla somma di 10.000 miliardi. La storia di Rivieccio avrebbe commosso Dostoevskij {Delitto e castigo) e ispirato Shakespeare (// mercante di Venezia), Altre vicende contemporanee di denaro, eredità, speculazioni, strozzinaggio e «offerte pubbliche d'acquisto» sarebbero piaciute a Flaubert (Bouvard et Pécuchet), Verga (Mastro Don Gesualdo), Ibsen (Il costruttore Solness), Shaw (La professione della signora Warren), Zola, Maupassant, Turgenev. Fra Ottocento e Novecento il denaro entra di prepotenza nella narrativa e la ricerca del denaro diventa sentimento non meno nobile e tragico di altri - la ricerca della felicità, dell'amore, della gloria - che hanno tradizionalmente dominato il romanzo e la poesia. Molti scrittori si compiacciono di calcolare con precisione i beni e le rendite dei loro protagonisti. Stendhal conosce perfettamente il patrimonio di coloro che frequentano i salotti dei suoi romanzi. Ne La morte di Ivan Ilic Tolstoj dedica alcune pagine allo stipendio del suo eroe e al miglioramento del suo bilancio famigliare dopo il trasferimento a Pietroburgo. Ne L'illustre casa Ramires Ega de Queirós registra minuziosamente le spese dei suoi personaggi. Fontane potrebbe ricostruire con precisione i libri contabili dei proprietari terrieri dello Schleswig o della Prussia orientale a cui ha dedicato alcuni fra i suoi migliori romanzi. Persino la fragile, delicata Jane Austen sa perfettamente a quanto ammonti il capitale degli ufficiali di marina che si sono arricchiti con il bottino delle guerre napoleoniche e hanno comprato decorose residenze di campagna nella regione di Bath. Specchio e interprete della società mercantile e industriale un romanzo è plausibile soltanto se l'autore è capace di descrivere l'importanza che il denaro e gli affari hanno assunto nella vita dei loro personaggi. Non vi è scrittore tuttavia che non sia stato così fortemente preoccupato dal tema del denaro quanto Ezra Pound. Un libro recente di Giano Accame apparso presso le edizioni Settimo Sigillo (Ezra Pound economista. Contro l'usura) si propone di dimostrare che buona parte della sua poesia e della sua saggistica sono una continua, ossessiva meditazione sul ruolo del denaro nella società europea e americana. Il denaro è il leit motiv che attraversa i Cantos e l'uso del denaro nelle trame dei banchieri e dei finanzieri è la grande piaga che trasforma il lavoro in merce, crea inflazione, genera conflitti, corrompe le società contemporanee. Il primo incontro di Pound con il denaro ebbe luogo durante la sua infanzia. Il padre, «assistente saggiatore» alla zecca di Philadelphia, gli permise di visitare lo stabilimento dove si coniavano e custodivano le monete metalliche americane. Il poeta raccontò molti anni dopo ciò che aveva visto quel giorno: «Tutti i sacchi erano marciti in queste enormi camere di sicurezza e venivano spalati in macchine contabili con pale più grosse delle pale di carbone. Questo spettacolo delle monete spalate come se fossero rifiuti, questi tipi nudi sino alla vita che spalavano nelle luci a gas - cose come queste accendono la tua immaginazione». Più tardi, in America e in Inghilterra, incontrò o lesse tutti gli scrittori - riformatori sociali, esteti, utopisti, sindacalisti rivoluzionari - che andavano febbrilmente alla ricerca di un'economia nuova e cercavano d'immaginare un mondo da cui povertà, carestia, spreco, inflazione e deflazione sarebbero stati definitivamente banditi. Il «denaro che produce denaro» divenne da quel momento il tema centrale delle riflessioni politico-filosofiche di Pound. Lo seducevano soprattutto le idee di un economista inglese, Clifford Hugh Douglas, che nel grande marasma economico del primo dopoguer- ra sviluppò la teoria del «credito sociale». Douglas, ricorda Accame, era stato «sorpreso dalla facilità con cui lo Stato spendeva sotto la pressione delle esigenze belliche, mentre prima le risorse monetarie parevano sempre carenti». Come Rathenau, Keynes, Jean Monnet e per molti aspetti lo stesso Lenin, anche Douglas cercò di trasferire nell'economia del dopoguerra alcune delle formule - programmazione, razio¬ namento, deficit spending - che erano state adottate durante il conflitto. Bastava ribaltare la regola d'oro del sistema finanziario statale. Anziché prendere denaro ai cittadini lo Stato avrebbe dovuto «distribuirlo con oculatezza al popolo per consentirgli di comprare, rimediando all'assurdo della sovrapproduzione di prodotti invenduti, mentre il bisogno ne resta insoddisfatto perché manca ai potenziali acquirenti il denaro necessario». Nacque così la teoria, da cui Pound fu letteralmente affascinato, del «denaro deperibile» che venne sperimentata dopo la guerra in piccole comunità tedesche, austriache e americane. Il cittadino riceveva in dotazione una somma di denaro (una sorta di voucher) e lo Stato, per accelerare la circolazione del denaro, s'impegnava a tassare soltanto ciò che egli non avrebbe speso entro un mese. A Pound sembrò una soluzione geniale: non più prestiti bancari, non più tassi d'interesse, non più speculazione finanziaria, non più «usura». Alla ricerca di uno Stato che fosse disposto ad applicare le sue teorie economiche Pound scopri l'Italia fascista. Giunto a Rapallo nel 1924 si convinse che l'Italia, per le sue tradizioni e per il suo regime, era il Paese più adatto a creare un'economia di produttori, operai, contadini, in cui il valore e la funzione del denaro fossero costantemente riferiti al valore del lavoro e delle cose che esso produce. Gli piacque la storia del Monte dei Paschi, fortemente ancorata nelle esigenze economiche e sociali del popolo toscano. Gli piacquero le casse di risparmio e le banche cattoliche che erano sorte alla fine dell'Ottocento. Gli piacque il corporativismo fascista e quel tanto di sindacalismo rivoluzionario che il fascismo aveva ereditato da Sorel. E gli piacque infine Mussolini. Il duce gli dette un'udienza nel 1933 e parlò di lui con ammirazione in un lungo colloquio con Yvon de Begnac, ma dovette considerarlo soprattutto un intellettuale strambo e stravagante. Quando Pound gli chiese una nuova udienza la sua segreteria esaminò gli scritti del poeta su argomenti finanziari e annotò: «Si tratta di un progetto strampalato concepito da una mente nebbiosa, sprovvista di ogni senso della realtà». Era paradossalmente ciò che pensavano di lui molti suoi amici americani. «Per me è spacciato - disse di lui il poeta William Carlos Williams -, a meno che nei prossimi anni non riesca a scacciare dal cervello la nebbia del fascismo». Questi giudizi non lo scoraggiarono. Continuò a denunciare l'usura nei suoi versi e a scrivere piccoli trattati (A che serve il de naro?, ABC dell'economia, Il credito sociale) in cui immaginava un mondo in cui «il denaro non produce denaro» e diventa semplicemente il segno convenzionale con cui viene espresso il valore del lavoro e della produzione. Trascinato dall'odio per le banche e i «poteri forti della finanza internazionale» credette che la seconda guerra mondiale fosse davvero «la guerra del sangue contro l'oro» e divenne il più autorevole protagonista della propaganda radiofonica italiana in lingua inglese. Fu arrestato da due partigiani a Rapallo il 3 maggio 1945 e consegnato agli americani. Quando vennero a prenderlo stava lavorando alla sua traduzione da Confucio. A quanto pare si mise in tasca il volume di Confucio e disse: «Se un uomo non è disposto ad affrontare qualche rischio per le sue opinioni o le sue opinioni non valgono niente, o non vale niente lui». Il resto della storia fu al tempo stesso tragico e grottesco. Quando venne processato a Washington nel febbraio del 1946, dopo i mesi trascorsi in una gabbia a Pisa, il suo avvocato si appellò, per evitare la condanna, all'infermità di mente e cercò di usare come prova l'astrusa complessità dei Canti pisani. Il tribunale colse l'argomento al volo e ordinò che venisse rinchiuso in manicomio: meglio un poeta pazzo che un traditore poeta. Dalla storia, alla fine, tutti uscirono male: Pound perché accettò di parlare male del suo Paese in tempo di guerra, il fascismo perché lo usò senza credere a una parola di ciò che diceva, l'America perché lo rinchiuse in un manicomio da dove uscì dodici anni dopo grazie all'intervento di molti intellettuali, fra cui Bacchelli, Bo, Montale, Moravia, Saba, Silone, Ungaretti. Ecco la tragi-grottesca storia di Ezra Pound, poeta dantesco e confuciano, economista anticapitalista e grande fustigatore dell'usura. Resta da comprendere perché l'autore abbia deciso di riproporla all'attenzione dei lettori italiani in questo particolare momento. Giano Accame non è uno studioso neutrale. Fu volontario giovanissimo nella Repubblica Sociale Italiana (il libro contiene un'appassionata rivendicazione del clima morale di alerai ambienti dell'ultimo Stato fascista), ha militato con Randolfo Pacciardi nel primo movimento presidenzialista italiano, è stato direttore del quotidiano missino Secolo d'Italia e appartiene ancora verosimilmente all'ala sinistra del vecchio Movimento Sociale Italiano. E' lecito presumere che questo libro su Pound, sposso brillante e interessante, appartenga a quella corrente d'opinione - gollisti di sinistra, ultraconservatori, ex comunisti, nazionalisti rossobruni - che spara le sue ultime raffiche contro l'Europa di Maastricht. Poco ascoltato negli Anni Venti e Trenta Pound potrebbe diventare il santo protettore della grande coalizione anticapitalista che si sta mobilitando contro l'Unione economico-monetaria in vista del 1° gennaio 1999. Mi auguro (e presumo se lo auguri anche Gianfranco Fini) che venga letto per ciò che è: un appassionato omaggio a un uomo che credette di essere economista ed era poeta. Sergio Romano Le bizzarre teorie di Pound economista Ma che cosa nasconde la loro riproposta? * IIIN' er la grande letteratura, per molti autori diventa * IIIN' Giovanni Verga. Giovanni Verga.