«Che» l'epopea del gatto di Maurizio Assalto

14 il caso. Due libri rilanciano il mito del grande rivoluzionario «Che», l'epopea del gatto «Perse un paio di vite, me ne restano 5» CI ARI Vecchi. Tutto va per il meglio. Ne ho perdute due, me ne restano cinque». Era | la fine di dicembre del 1956 I quando i signori Guevara, in Argentina, ricevettero la busta spedita da Manzanillo, Cuba. Poche scarne parole, per i genitori in ansia, rimiate «Tete». Tete, il primo soprannome di Ernesto, meglio noto come el Che. Con il telegrafico messaggio alludeva alle proverbiali sette vite dei gatti, senza nascondere che un paio di queste già le aveva consumate: ossia, se l'era davvero vista brutta. Partito il 25 novembre dalle coste messicane con Fidel Castro e ottanta compagni per andare a abbattere la dittatura di Fulgenzio Batista, il Che era miracolosamente scampato dal primo scontro con le truppe del regime, che il 5 dicembre avevano sorpreso e decimato i barbudos nei pressi di una piantagione di canna da zucchero dal nome beffardo di Alegiia del Pio. Ma era soltanto l'inizio di una lunga guerriglia. Dopo aver trovato rifugio sulle alture della Sierra Maestra, nella parte orientale di Cuba, i castristi ricomputtarono le fila, si riorganizzarono, e in capo a tre anni ebbero partita vinta. L'epopea del Che e i primi mesi della leggendaria impresa tornano ad affascinare l'immaginario della nostra era post-ideologica. Mentre in Inghilterra il soprannome del rivoluzionario argentino ha battezzato una birra di gran moda, in Italia provvede l'editoria a rinfrescarne il mito. Un libro a novembre, autrice Liliana Bucellini per Zelig (Il Che: l'uomo, la politica, la rivolta, che adesso sta per diventare un cdrom). E altri due volumi vengono distribuiti in questi giorni. Uno esce da Marco Tropea Editore, con il titolo La conquista della speranza. Sono i diari di guerra inediti del periodo cruciale a cavallo fra il '56 e il '57, scritti dallo stesso Guevara e dal fratello minore di Fidel, Raul Castro. Vanno dai drammatici momenti iniziali, dopo lo sbarco sulla spiaggia di Las Coronas, ai primi importanti successi, quando la rivolta si radica nel contatto con i campesinos (in questa pagina anticipiamo le annotazioni del Che sulla conquista della caserma di La Piata, nel gennaio '57). L'altro volume è una appassionata biografia che Rizzoli manderà a giorni in libreria, Le battaglie non si perdono, si vincono sempre. Autore il giornalista francese Jean Cormier, che si è valso della collaborazione di Hilda Guevara Gadea, la figlia del Che recentemente scomparsa, e di Alberto Granado Jimenez, il grande amico e «fratello maggiore» del rivoluzionario. Un ritratto sfaccettato dell'uomo, più che del marxista. Con una puntata significativa negli anni della formazione. Nato il 14 giugno '28 a Rosario de La Fe da una famiglia di lontane ascendenze basco-irlandesi («una miscela particolarmente esplosiva», annota il biografo), ancora bambino Ernesto aveva affrontato le prime discussione politiche con il padre, un ingegnere civile generosamente schierato dalla parte dei poveri, e poi con Alberto Granado. Idee chiare già nel '43, quando invitato dall'amico a organizzare un dimostrazione studentesca per chiedere la liberazione di centinaia di universitari imprigionati, fra cui Granado stesso, rispose risoluto: «Scendere in strada per farmi pestare dalla polizia? Se non mi danno uno schioppo, io non ci vado». Un concetto ripetuto spesso in seguito, alla base della sua concezione guerrigliera: «Alla violenza reazionaria, si può rispondere solo con la violenza rivoluzionaria!». La biografia segue tutta la parabola di Guevara, dalla laurea in medicina all'incontro con Fidel, dalla battaglia contro Batista alla carica di presidente della Banca nazionale cubana e responsabile della politica economica e industriale del regime castrista. Fino alla misteriosa partenza dall'Avana, dopo un contrasto mai a fondo chiarito con Fidel, per andare a incendiare altri popoli oppressi, dall'Africa all'America Latina. Fino all'8 ottobre '67, quando in uno sperduto villaggio della Bolivia sud-orientale, Higuera, il «gatto» rivoluzionario si giocò la sua ultima vita. Maurizio Assalto e VX Guevara nella foto di Alberto Korda. Sopra Fidel Castro Guevara nella foto di Alberto Korda. Sopra Fidel Castro

Luoghi citati: Africa, America Latina, Argentina, Avana, Bolivia, Cuba, Inghilterra, Italia, Manzanillo