Turchia, esplode la guerra delle carceri di E. St.

Turchia, esplode la guerra delle carceri ANKARA Detenuti politici di sinistra guidano la lotta. Nuove proteste dopo una sanguinosa irruzione a Istanbul Turchia, esplode la guerra delle carceri Rivolte a catena, tre morti e decine di agenti in ostaggio ANKARA. Le prigioni turche sono sconvolte da una catena di rivolte di detenuti politici, in maggioranza militanti della sinistra clandestina. All'indomani del sanguinoso esito dell'insurrezione di Umraniye (il carcere di massima sicurezza di Istanbul, dove ci sono stati 3 morti fra i reclusi e una sessantina di feriti tra detenuti, soldati e secondini) ieri sono scoppiate altre due sommosse nelle prigioni di Izmir e Ankara. I carcerati hanno preso 18 ostaggi nella prigione Buca di Izmir, già teatro di una sommossa l'anno scorso, e 9 nel cacere di Ankara. Quest'ultimo episodio si è risolto in giornata senza sangue col rilascio delle guardie carcerarie trattenute. Proteste sono cominciate anche a Yozgat, in Anatolia centrale e in un'altra prigione di Istanbul, Bayram Pasa. La scintilla di queste nuove proteste è la morte dei tre detenuti nel carcere di Umraniye, uccisi in seguito all'irruzione di militari per stroncare la rivolta. Ieri i parenti dei detenuti feriti nell'operazione si sono adunati davanti agli ospedali dove sono ricoverati inscenando una dimostrazione. Anche i parenti dei detenuti della prigione di Buca stanno manifestando a sostegno della rivolta davanti alle mura del carcere. I militari e la polizia avevano attaccato una sezione della prigione di Umranye dove la protesta era iniziata il 13 dicembre. Fra i 36 detenuti feriti, sei risultano in gravi condizioni. Anche 20 soldati e dieci guardie carcerarie sono state ferite. Per protestare contro la repressione delle rivolte carcerarie in Turchia, in Germania (Paese che ospita più di un milione di immigrati turchi) sono state assalite con pietre e bottiglie incendiarie diverse agenzie di viaggio e banche turche in tre città: Amburgo, Colonia e Bruehl. Secondo le ultime notizie fornite dai media turchi, a Izmir (nome turco per la vecchia Smirne) i detenuti avrebbero rilasciato uno degli ostaggi, il direttore aggiunto del carcere, perché ha problemi di salute. L'Associazione turca per i diritti umani ha parzialmente giustificato le insurrezioni esprimendo preoccupazione per le condizioni di segregazione negli istituti di pena del Paese e anche per le leggi, ritenute illiberali, in base alle quali sono state emesse molte condanne. Ankara ha sempre respinto le accuse di violazioni dei diritti umani (riprese però anche dal Consiglio d'Europa e dal Parlamento europeo, tanto da ritardare di alcuni mesi la firma del trattato di unione doganale fra Turchia e Ue) e motivato la durezza dei suoi codici con la perdurante instabilità interna. Nella parte orientale del Paese è in corso da anni una guera civile fra i curdi e l'esercito che ha fatto migliaia di morti. Ha fatto la sua comparsa anche la violenza di marca fondamentalista, che nel recente passato ha colpito turisti occidentali (visti come veicoli d'infezione ideologica) e la comunità alauita, un ramo dell'Islam particolarmente laicizzato e tollerante cui aderisce almeno un quarto della popolazione turca. Il premier Tansu Ciller si è dimesso nei giorni scorsi in seguito alla vittoria alle urne dei radicali islamici. Proprio ieri Necmettin Erbakan, segretario del partito filoislamico Refah («Benessere») ha denunciato «una grande congiura» da parte delle altre forze politiche, prima, durante e dopo le elezioni, per impedirgli di assumere il potere malgrado la vittoria del 24 dicembre, ma ha assicurato che ineluttabilmente il Refah «andrà al governo secondo la volontà del popolo». [e. st.]

Persone citate: Bayram Pasa, Necmettin Erbakan, Tansu Ciller