« Ma non è una rivolta » «Strumentalizzato un fatto fisiologico»

«Strumentalizzato un fatto fisiologico» « Ma non è una rivolta » «Strumentalizzato un fatto fisiologico» IL MAGISTRATO MORVILLO ROMA OTTOR Morvillo, la sua richiesta di trasferimento, insieme a quella di altri tredici colleghi, sta suscitando allarmi e interpretazioni che ipotizzano «dissensi» e «rivolte». «Sì, ho visto, e la trovo una cosa assurda. E' il solito tentativo di prendere la palla al balzo per attaccare ancora una volta il procuratore Caselli. E questo non mi va, è una manovra strumentale e fatta in malafede. Per quanto mi riguarda, auguro alla Procura e alla città di Palermo non uno, ma dieci, cento Caselli». Alfredo Morvillo lavora alla Procura di Palermo dal 1981, era il cognato di Giovanni Falcone, è uno dei pubblici ministeri che sta per chiedere in aula la condanna di Bruno Contrada, il poliziotto accusato di collusioni con la mafia. Ed è uno dei quattordici sostituti che ha chiesto di cambiare ufficio. Lui il trasferimento l'ha già ottenuto, andrà al tribunale, ma ci tiene a chiarire che il suo gesto non ha niente di polemico contro Gian Carlo Caselli. E allora quali sono le ragioni, dottor Morvillo? «Nel mio caso si tratta del desiderio di cambiare lavoro dopo quattordici anni trascorsi nello stesso ufficio. Ho aspettato di trasferirmi solo perché è ancora in corso il processo Contra- da, ma credo che anche chi, in malafede, vuol vedere una polemica contro Caselli si può rendere conto che dopo tanto tempo è legittimo chiedere di cambiare ufficio. Tra l'altro, andando nell'ufficio del gip o in un collegio giudicante, al 99 per cento mi occuperò ancora di processi di mafia, quindi non si tratta certo di un "abbandono del campo"». E gli altri suoi colleghi? «Ognuno ha le sue ragioni, ma per quello che so, si tratta per lo più di ragioni personali; c'è chi ha legittime aspirazioni di carriera e chiede uffici semi-direttivi, chi ha alt rettanto legittime aspettative di riavvicinarsi a casa e solo adesso si sono maturate le condizioni per poterle realizzare. Il semplice dato numerico di quattordici sostituti che chiedono un trasferimento non dimostra proprio niente». Davvero è tutto così semplice e lineare? «Io dall'interno posso dire che non esistono tensioni, anche se dovete immaginare che in pro¬ cura la pressione di lavoro, e non solo per chi lavora nell'antimafia, è enorme. E quindi non si può escludere che in un ufficio grande e complesso come il nostro, dove ci sono un procuratore, tre aggiunti e quarantacinque sostituti, ci possano essere anche qualche frizione o diversità di vedute. Ma dire che c'è un clima di ostitlità verso il capo, o che c'è un esodo di massa per protesta, è assolutamente falso». Ma in quello che fu il «palazzo di veleni», di ostilità e rivolte ce ne sono state eccome. Lei ricorda benissimo le dimissioni dei sostituti nell'estate del '92 contro l'allora procuratore Giammanco... «Sì, ma paragonare quella vicenda ai fatti di oggi (che poi non sono di oggi, perché si tratta di richieste accumulatesi nel tempo) è offensivo. Per quanto mi riguarda, dopo i noti fatti del 1992 io decisi di rimanere in Procura solo perché stava arrivando un uomo come Gian Carlo Caselli. In questa storia è palese il tentativo di utilizzare un fatto fisiologico per usarlo contro una persona che ha il torto di essere una persona perbene. Una uomo come lui ce lo siamo sempre sognato a Palermo, e se oggi c'è qualcuno che fa di queste manovre, vuol dire che forse non gradisce che finalmente ci sia». [gio. bia.] «Nessuna polemica Voglio soltanto cambiare lavoro dopo 14 anni Ma npn abbandono il campo dell'antimafia» Alfredo Morvillo, da quattordici anni nel pool antimafia della Procura e cognato di Giovanni Falcone

Luoghi citati: Palermo, Roma