Indiana Jones scova l'oro del Tenno di Fabio Galvano

In Thailandia cacciatori di tesori individuano nella giungla tre vagoni carichi di lingotti In Thailandia cacciatori di tesori individuano nella giungla tre vagoni carichi di lingotti Indiana Jones scova l'oro del Tenno Razziato in guerra dall'armata imperiale E' nascosto presso il mitico fiume Kwai LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il primo scavo, a dicembre, era stato un buco nell'acqua. Ma improvvisamente le speranze si sono riaccese: i tre favoleggiati vagoni carichi d'oro sono stati localizzati, martedì prossimo si tenterà un'altra volta di raggiungerli. La Thailandia vive giornate frenetiche da quando il ministro dell'Istruzione Chaovvarin Latthasaksiri, che è anche sovrintendente alle arti, ha annunciato di essere sulle tracce del premio più favoloso: il bottino dell'armata imperiale nipponica, abbandonato durante la ritirata lungo la tragica «ferrovia della morte» BangkokRangoon, quella del ponte sul fiume Kwai. La notizia, questa volta, non è venuta dal ministero. E' stata la Maha Paisarn Company, una società di cacciatori di tesori che ha sede a Bangkok, ad annunciare alla radio privata Inn di avere rinvenuto ima «enorme quantità» di oro a bordo di tre vagoni ferroviari nascosti in una caverna nella provincia di Kanchanaburi, circa 130 chilometri a Ovest della capitale. Nessuna conferma del governo, per ora; ma sono gli stessi vagoni che avevano fatto da molla alle ricerche del ministro Latthasaksiri, il quale per l'occasione aveva portato sulla località degli scavi, il 19 dicembre, un centinaio di giornalisti: tutti destinati a diventare testimoni di uno storico avvenimento, se mai oro, platino e gemme fossero riemersi dopo mezzo secolo. E' destino che 50 anni dopo la fine della guerra dovunque si cerchino quei tesori, immaginari forse come le «città d'oro» che secoli fa attiravano i conquistadores spagnoli verso quella che è oggi l'America Latina. Tutti gli sconfitti della guerra, fuggendo, avrebbero lasciato un tesoro: i nazisti, con Bormann presunto fiduciario (e per questo gli Alleati avrebbero fatto a gara per salvarlo); i fascisti italiani (ma l'«oro di Dongo» continua a sfuggire); e - perché no? - i giapponesi. Con la differenza che, nel caso dell'armata imperiale nipponica, un pizzico di realtà forse c'è: durante l'avanzata in Asia i soldati del Sol Levante razziavano villaggi e città, raccogliendo dovunque un ricco bottino. Una parte veniva mandata a Tokyo, l'altra restava nelle mani dei comandanti militari (è il caso del generale Tomoyuki Yamashita, uno dei conquistatori giapponesi del Sud-Est asiatico). Le speranze thailandesi erano state alimentate dalla scoperta di un binario che si staccava dalla «ferrovia della morte» e finiva in una lunga galleria terminando in una grotta naturale ma completamente bloccata (forse da un'esplosione, forse dall'erosione del suolo). Un uomo d'affari thailandese, Tom Meesiri, aveva svolto intense ricerche storiche concludendo che quello doveva essere il punto esatto in cui i giapponesi in ritirata avevano abbandonato lingotti d'oro e sacchi di pietre preziose. Quanti sogni, da allora. E che delusione quando dei vagoni non si sono viste neppure le ruote. Ma ora la ferrovia che congiungeva Birmania e Siam, dove i prigionieri inglesi e australiani morivano come le mosche, brilla di luce propria. E' la «febbre del tesoro»: polizia e forze armate sono costrette a montare la guardia attorno alla galleria che ha acceso tante speranze; e il contagio infuria. C'è un fiorente «mercato della memoria», protagonisti i pochi reduci di quegli anni terribili, che spremono le meningi cercando di ricordare: un'immagine, un rumore, qualsiasi indizio. In molte località gruppi privati di «cercatori d'oro» scavano sulla forza di leggende popolari. Le Filippine erano diventate una base importante per le forze giapponesi; e infatti presso Manila è già stato trovato qualcosa. Ma anche la Thailandia è buon terreno di ricerche: Bangkok si era infatti alleata a Tokyo, durante la guerra, e i giapponesi avevano totale libertà di movimento. Ma del bottino nipponico, per ora, neppure una traccia concreta. Salvo quest'ultima notizia, secondo cui sarebbe stato trovato «qualcosa». Altro viaggio, con codazzo di giornalisti. Fabio Galvano Una ricerca durata 50 anni. Frutto del saccheggio giapponese nel Sud-Est asiatico andò perduto durante la ritirata davanti agli Alleati Soldati giapponesi in Birmania a bordo di un tank inglese catturato e (sotto) un'immagine del film «Il ponte sul fiume Kwai» con William Holden

Persone citate: Bormann, Jones, Siam, Tom Meesiri, Tomoyuki Yamashita, William Holden