«lo Walter Armanini libero 4 ore al giorno» di Giovanni Bianconi

Detenuto modello, al lavoro fuori dal carcere Detenuto modello, al lavoro fuori dal carcere «lo, Walter Armanini libero 4 ore al giorno» IL PRIMO TANGENTISTA CONDANNATO IORVIETO L giorno che sui quotidiani campeggia Antonio Di Pietro che chiede all'«Italia ingrata» di dimenticarlo, il suo ex imputato Walter Armanini sale per la via del Duomo di Orvieto da tranquillo signore che, un po' caracollante e sovrappensiero, se ne va al lavoro. Anche lui sta sui giornali, ma perché dopo un anno di galera ha messo il naso fuori e può ricominciare. A fare che? «Quello che ho fatto per 33 anni, il mio lavoro di commercialista». Sorride, il primo tangentista condannato e incarcerato. E il passato? «E' passato, in tutti i sensi». Anche quello di tre anni fa, quando Di Pietro, nell'aula del tribunale di Milano e davanti alle telecamere, gli gridò: «Ma che, facevate le prove pratiche per rubare?». Non rispose allora, Armanini, e non risponde oggi mentre si infila nel negozio di arredamento di cui è diventato «manager». L'ufficio di Armanini è sul retro, una scrivania con macchina da scrivere e calcolatrice, un paio di monitor dove si vede ciò che accade nelle altre sale. Davanti alla vetrina, fotografi e giornalisti non demordono e nel pomeriggio il detenuto semilibero al quale il giudice ha espressamente vietato le interviste, decide che l'unico modo per rompere l'assedio è immolarsi per cinque minuti a flash e telecamere. Compare in doppio petto blu, pettinato e scherzoso: «Adesso sono vostro prigioniero, ma sto meglio con voi». Qualcuno ci riprova: e Di Pietro? «Non ne so niente e non voglio sapere niente». Ma sta su tutti i giornali. «Non leggo quelle cose. Di libri invece tanti, ne ho letti quarantotto». Come si sente? «Come uno riportato ad un livello normale. Ora però... liberatemi voi». E rientra nel negozio dove aleggia un profumo di saponi e incensi. Di fronte al bazar «Evo decor», sventola la bandiera di Alleanza nazionale. In via del Duomo c'è il circolo dell'ex Movimento sociale, e il suo presidente, il consigliere provinciale Arturo Zambrini, non vede di buon occhio questa nemesi per cui Di Pietro è sotto accusa e un «uomo delle tangenti» come Armanini «passeggia tranquillo per la città: l'opinione pubblica non è tanto soddisfatta, siamo un po' perplessi». Ma poi Zambrini si ferma, in fin dei conti a scarcerare Armanini - che resta uno dei pochi se non l'unico imputato di Mani Pulite ad essere stato condannato fino alla Cassazione e ad essersi costituito - sono stati sempre dei magistrati. «E non è il caso di fare polemiche, poi qui ci conosciamo tutti. Comunque, la posizione di Alleanza nazionale è contraria ad ogni tipo di amnistia...». Al «bar del Duomo», sull'altro angolo della via, il proprietario non scivola su temi politici, ma resta aggrappato agli argomenti dell'«uomo della strada». Vede la ressa davanti al negozio e chiede: «Ma perché tutto questo? Per vendere più giornali? Evidentemente bisogna rubare per avere le telecamere». Ma il neo-datore di lavoro di Armanini, Luciano Bel Capo, dice di aver conosciuto «un'ottima persona». Il barista scuote la testa: «Se lo era non finiva in carcere. Le persone perbene siamo noi che paghiamo le tasse per i soldi che hanno rubato quelli come lui». E lei l'avrebbe preso a lavorare? «Mah, forse sì, perché è uno che fa pubblicità al negozio. Questa storia è tutta pubblicità per Luciano, alla fine si tratta sempre di una questione commerciale». Sono chiacchiere di paese che non sembrano sfiorare Walter Armanini, che - come ha detto da tempo - ha ormai superato anche la storia d'amore con l'attrice Denetra Hampton, altro motivo di inseguimento di fotografi e te¬ lecamere, due estati fa. L'ha confermato pure lei, in una breve intervista: «Sono contenta per Walter, ma io non provo più niente per lui. La nostra è stata una magica storia d'amore, ma ormai è tutto finito». E lo conferma il direttore del carcere di Orvieto, alla fine dei cinquecento metri di strada che quattro volte al giorno, due la mattina e due il pomeriggio, Armanini percorre a piedi per uscire e rientrare nella cella che divide con altri due detenuti semiliberi: «La signorina è venuta in visita qualche volta il primo mese, ma poi non s'è più vista». Il direttore Giuseppe Donato parla di Walter Armanini come di un detenuto modello, che «al di là di quello che ha fatto e per cui è stato condannato», da quando s'è presentato alla porta del suo carcere non gli ha dato alcun problema. «Fa la vita sociale di tutti gli altri detenuti - racconta -, ed ha ottenuto il beneficio del lavoro esterno perché non è persona di "grande pericolosità". Né c'è pericolo di fuga, visto che fu lui a costituirsi. Ha anche ottenuto vari permessi per andare a Milano, a visitare la madre malata, e l'ultima volta era uscito per trascorrere il Natale a casa». Nel carcere di Orvieto Walter Armanini mangia quasi sempre il cibo che passa l'amministrazione, prende parecchi libri in biblioteca, riceve di tanto in tanto le visite della figlia che arriva da Milano, la domenica partecipa alla messa. «Se le cose vanno avanti così - continua il direttore -, è probabile che di qui a un anno chieda e ottenga l'affidamento al servizio sociale, in modo da poter anche dormire a casa. E' la legge che lo prevede, non c'è niente di strano. Ma capisco che lui è una persona famosa...». Giovanni Bianconi «Adesso sono prigioniero dei giornalisti» E la bella Demetra lo ha lasciato «Storia finita» Giuseppe Tarantola, il giudice che condannò Armanini Armanini esce dal carcere di Orvieto in compagnia del suo avvocato Patrizia Marzola Antonio Di Pietro A sinistra: Walter Armanini con Demetra Hampton

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