Il generale D'Avossa di E. St.

Il generale D'Avossa Il generale D'Avossa «Decidere di revocami il comando per l'Italia è stato come un autogol» ROMA. Saranno il Tar ed il Consiglio di Stato a decidere sulla legittimità o meno della revoca, disposta dal ministro della Difesa, del generale Gianalfonso D'Avossa dall'incarico di vicecapo della missione di monitoraggio dell'Unione Europea nella ex Jugoslavia. Il generale il 6 febbraio prossimo dovrà rispondere davanti al Tribunale militare di Padova dell'accusa di peculato per l'uso improprio nel 1990, quando l'alto ufficiale comandava la 132n Brigata corazzata «Ariete» a Pordenone, di due autovetture militari. Una precedente sentenza di condanna a suo carico, dopo la ristrutturazione di una palazzina, per truffa ai danni dell'amministrazione militare era stata annullata nel luglio scorso dalla Cassazione. In base a questi episodi il ministro della Difesa aveva deciso di revocare l'incarico. D'Avossa ha spiegato che il ricorso prima al Tar poi al Consiglio di Stato vuole simboleggiare la «sfiducia nei confronti di tutti i diretti responsabili della mia brutale rimozione da un incarico di altissimo prestigio internazionale». Sfiducia - aggiunge il generale in un suo durissimo comunicato - per un provvedimento che «arreca un incalcolabile nocumento all'immagine dell'Italia e alla credibilità delle sue istituzioni nei rapporti con la Comunità internazionale». [e. st.]

Persone citate: D'avossa, Gianalfonso D'avossa

Luoghi citati: Italia, Jugoslavia, Pordenone, Roma