LEOPARDI e il mistero di Aspasia

asta Da due carteggi una nuova immagine della donna amata LEOPARDI e il mistero asta PFIRENZE ER gli amici era familiarmente Fanny. Per la società fiorentina della Re—I staurazione la contessa Targioni Tozzetti. Per tutto il mondo, da centocinquant'anni, è Aspasia, il personaggio cantato da Leopardi, che lei aveva sempre negato di essere. E' stata la donna più dolorosamente amata dal poeta; la sola che, con un piccolo scarto della sorte, avrebbe potuto amarlo. Su lei si sono scritte tante pagine, nella critica e nella biografia leopardiana; si è frugato nelle memorie di famiglia e negli epistolari: me nessun documento ha mai potuto gettare piena luce su quel rapporto, che ha dato tanto tormento al poeta e tanta poesia a noi. Due carteggi, che due ricercatrici fiorentine hanno recuperato nella loro integrità dagli archivi, ci aiutano oggi a definire meglio la donna, anche se aprono nuovi interrogativi sull'atteggiamento di Leopardi verso di lei. Laura Meiosi ed Elisabetta Benucci lavorano da tempo a ricostruire una immagine di Leopardi nei carteggi dei contemporanei; e anticipano i primi risultati delle loro ricerche sulla Rassegna della letteratura italiana diretta da Walter Binni; con le lettere a Fanny di Pietro Giordani, pubblicate nel numero apparso a ottobre; con lo scambio epistolare fra Fanny e Antonio Ranieri, che uscirà in gennaio. La poesia di Leopardi non ne viene toccata, la figura della sua ispiratrice sì. Fanny Ronchivecchi, nata nel 1805, sposata al medico e naturalista Antonio Targioni Tozzetti, brillava nel firmamento fiorentino, quando Leopardi arrivò per la seconda volta in Toscana, nel 1830, fuggendo il borgo selvaggio di Recanati. Per molti - e per il poeta con sicurezza - era la più bella donna di Firenze. Considerata una dame salonnière, era corteggiata dalla aristocrazia e dai rifugiati politici che affluivano nel più liberale Stato dei Lorena: e lei, a quanto sembra, se ne lasciava volentieri corteggiare. «Ella è ormai fatta tutta letteratura e Signoria», scriveva il napoletano Alessandro Poerio il 18 maggio 1830 al suo concittadino Antonio Ranieri, il futuro compagno di Leopardi. E si faceva premura di aggiungere, non si sa con quale secondo fine: «Dicesi che Carlo Torrigiani sia attualmente il favorito. Altri nominarono Luigi Mannelli. Ci è pure chi pretende che Gherardo Lenzoni, e il Marchese Lucchesini di tempo in tempo facciano incursioni nell'antico dominio. Io non posso indurmi a credere di sì prudente donna così licenziose novelle, e credo che de' quattro amanti almeno due siano favolosi». Velenoso artificio retorico per far sapere che almeno due erano reali. Anche Poerio, probabilmente, avrebbe voluto essere del numero. Non poteva sapere che proprio Ranieri sarebbe entrato assai presto in competizione, sia pure involontaria. La Targioni Tozzetti avrebbe spasimato per lui, che invece spasimava per l'attrice Maddalena Pelzet. E il povero Giacomo, che spasimava per Fanny, era rimasto l'ultimo della fila. Lei era bella, lui era gobbo, lei era ammirata, lui compatito, lei era ricca, lui doveva mendicare i sussidi degli amici. Ma lei era una donna sensibile, e lui era Leopardi. Nonostante le risa dell'ambiente fiorentino, su quell'omiciattolo che si permetteva di sperare nell'amore della gran dama, un rapporto si stabilì. Ne fanno fede le due lettere del poeta, rispettose ma confidenziali (((Addio, bella e graziosa Fanny») conosciuta da tempo ai lettori, e soprattutto le quattro poesie che quell'amore ispirò: Il pensiero dominante, Consalvo, Amore e morte, fino all'ultima, fondamentale, Aspasia, scritta a Napoli, dopo un addio definitivo. E' un canto di ammirazione per la donna e insieme un gridp di vendetta contro l'amata, del poeta che si sente frustrato nelle sue speranze. Lo stesso nome scelto per evocarla, Aspasia, l'etèra di Pericle, voleva essere un affronto, riuscito solo a metà. Fanny lesse quel canto e finse di non riconoscersi. Solo sette mesi dopo la morte del poeta, rispondendo da Napoli a una sua domanda, Ranieri le svelò la verità, o meglio cercò di disarmare la sua finzione: «Aspasia siete voi, e voi lo sapete, o almeno io immaginavo che lo sapeste. Nondimeno io ho detto sempre di non saperlo, perché non so se avete o no piacere che si sappia». Fanny non aveva piacere, e gli rispose quasi inviperita, cercando di negare ancora: «Voi più di ogni altro sapete se mai diedi la minima lusinga a quel pover'uomo del Leo... e se il mio carattere è tale da prendersi gioco d'un infelice, e d'un brav'uomo come lui». Non si sa nemmeno se gli avesse mai mandato una lettera. Quando scriveva a Ranieri in Napoli aggiungeva sempre i saluti per l'amico, ma senza scoprirsi troppo. «Gli avrei ben volentieri scritto, per dimostrargli il mio interesse, ma ho temuto che non avrebbe gradito la mia...». Ed era il novembre 1836, quando già a Napoli infuriava il colera. I documenti venuti oggi alla luce spostano la prospettiva. Le lettere di Giordani a Fanny, pubblicate dalla Meiosi, ci dicono che il rapporto fra Leopardi e la donna fu più personale di quanto potessimo capire dalle due lettere leopardiane fino a oggi note. Altre ce n'erano, e numerose, che la nobile fiorentina non volle mostrare al suo corrispondente. Perché? Giordani le era amico, le dava del tu (cosa assai rara in quella società) e si presentava a lei come il vero scopritore del poeta: qualche diritto poteva pur accamparlo. Di più: cercava di assecondare la passione di Fanny per gli autografi procurandole testi di autori sempre più importanti. Comincia con Romagnosi, prosegue con Madame de Staèl, promette Alfieri, arriva fino all'inarrivabile Manzoni: «E' cosa assai rara e difficile ad avere - sottolinea nel mandarle il manoscritto manzoniano - essendo egli allenissimo dallo scriver lettere, a tal segno che la moglie e la madre di lui noi volevano credere, come cosa tanto fuori dal genio e dall'uso suo». Ma quando Giordani chiede il ricambio, trova un muro di silenzio. «Ho saputo che tu hai molte lettere bellissime di quel rarissimo e infelicissimo ingegno di Leopardi. Non ti propongo di staccarne da te né anche un momento gli originali; ma se ti piacesse di farne fare copie esatte, e mandarle per occasione sicura in plico, ti sarei veramente obligato». La donna non risponde, il vecchio amico toma alla carica: «Crudele Fanny, ti spiacque la mia domanda? Tu avevi pur mostrato quelle lettere di Leopardi ad altri, che me ne misero ardentissimo desiderio». Giordani bussa ancora alla porta due volte, il desiderio deve rimanere tale. «Desideravo per me solo una vista di quelle lettere. Ma nulla oppongo alle ragioni del rifiuto». Che cosa c'era in quelle carte? e perche ((Aspasia» le rifiutava con tanta durezza all'amico? «Io non dico che fossero letture d'amore, è arrischiato - si difende la Melosi -, Potrebbero essere lettere di amicizia, più riservate, che Fanny voleva tenere per sé». Ma qualche cosa di importante ci doveva essere, riconosce Enrico Ghidetti, che ha curato l'Opera Omnia di Leopardi con Walter Binili. «Dietro Consalvo e Aspasia c'era un retroterra di rapporti personali, una storia d'amore. E Leopardi era un uomo che scriveva molto, mentre le due lettere finora uscite dicono poco». Ci sono altre lettere, che parlano. Il carteggio inedito fra Fanny e Ranieri, curato dalla Benucci, ci rivela un volto diverso di Fanny, rispetto a quello tramandato. Non la donna che mette in fila gli amanti, e sembra quasi divertirsi a farli spasimare. Ma la madre di famiglia, che si prende cura delle iglie, tiene al proprio decoro, si interessa degli amici lontani, colpiti dalla epidemia. Qua e là scivolano pettegolezzi, sulle altre dame di Firenze: «La sig.ra Carlotta (Lenzoni dei Medici), la Cecchina (Cancellotti) stanno benone, la prima si da sempre gran moto colle braccia e le mani, la seconda colle gambe». «La Gherardini fa all'amore senza riposo». Ma si offende quando Ranieri la chiama pettegola: «Tutto, tutto vi lascio passare, fuori che la parola pettegola, perché voi dovreste sapere che io non ne conosco neanche il significato, e non ho neppure amiche, per tema che vogliano insegnarmelo». Perfino dei circoli dotti, che quelle signore frequentano, «attesa la mia nullità, non faccio quasi mai parte», scrive quella che è stata presentata per tanti anni come la signora dei salotti. Fa parte invece, e con precisa coscienza, del mondo spirituale leopardiano, «lo sono fatta più per soffrire che per godere, e pur troppo mi sono da gran tempo avvezzata a questo. Salutatemi Leopardi tantissimo», scrive a Ranieri, che è andato a Roma con il poeta, il 3 novembre 1831. Pochi giorni dopo, riceverà una lettera di Giacomo (una delle due salvate): «So che ancor voi siete inclinata alla malinconia, come sono sempre state e come saranno in eterno tutte le anime gentili e d'ingegno». Aspasia terrà nel cuore quelle parole; e, finché Leopardi sarà vivo, non mancherà mai di chiedere all'amico, in ogni circostanza, notizie di lui. «Non è vero che non aveva capito Leopardi, come si è detto. Leopardi la interessava moltissimo», dice la Benucci. E le interessava, specialmente, la sua poesia. «Bisogna in tutti i modi che io abbia tutto quello che stampa il Leopardi, ditemi dunque quali sono i librai presso i quali si trovano queste opere vendibili qua, giacche il farle venire di costì costa troppo», scriveva a Ranieri il 25 agosto 1835. Non sapeva che Leopardi stava pubblicando la nuova edizione dei Canti, dove appariva Aspasia: l'ultima sua poesia d'amore, la piii rabbiosa, e vera. Giorgio Calcagno Le lettere di Fanny '• Targioni Tozzetti agli amici del poeta Pietro Giordani e Antonio Ranieri La signora fiorentina corteggiata da aristocratici e intellettuali si rivela interessata a Giacomo e gelosa delle sue carte segrete Fanny a Antonio Ranieri Firenze 3 novembre 1831 Caro Ranieri, bisognerebbe che io potessi partecipami un poco eiella mia ocaggine che voi disprezzate tanto, ina che non è poi tanto cattiva (né punto egoista) e che vi sarebbe certo giovevole. Sì caro Ranieri per carità mitigate un poco il vostro sentire, e pensate che altrimenti mettereste in pericoli la persona che più vi e cara [l'attrice Maddalena Pel/et. ndr] e che ha bisogno ili uno che raffreni piuttosto che eli uno che la stimoli. Datevi pure alla vostra passione, ma tenete sempre in mente che voi siete fatto per cptalcosa di più che innalzi l'animo vostro [...]. Salutatemi leopardi tantissimo. Vostra affina F. T. G E N N A I O 19 a donna amata RDI o a Giacomo Leopardi in un disegno di Daniele Galliano Nell'immagine sopra Antonio Ranieri Le lettere di Fanny '• Targioni Tozzetti gli amici del poeta Pietro Giordani e Antonio Ranieri sapete, o almeno io immache lo sapeste. Nondime detto sempre di non saerché non so se avete o no che si sappia». Fanny non iacere, e gli rispose quasi ta, cercando di negare anoi più di ogni altro sapete diedi la minima lusinga a ver'uomo del Leo... e se il attere è tale da prendersi un infelice, e d'un bracome lui». Non si sa neme gli avesse mai mandato tera Quando scriveva a i sotto il letterato etro Giordani. A sinistra del disegno Fanny Targioni Tozzetti e un brano di una sua ettera a Ranieri La signora fiorentina corteggiata da aristocratici e intellettuali si rivela interessata a Giacomo e gelosa delle sue carte segrete t e Ranieri, curato dalla Benuccirivela un volto diverso di Fanrispetto a quello tramandaNon la donna che mette in fila amanti, e sembra quasi divertia farli spasimare. Ma la madrefamiglia, che si prende cura deiglie, tiene al proprio decoro,interessa degli amici lontani, cpiti dalla epidemia. Qua e là svolano pettegolezzi, sulle aldame di Firenze: «La sig.ra Clotta (Lenzoni dei Medici), la Cchina (Cancellotti) stanno benne, la prima si da sempre grmoto colle braccia e le mani,seconda colle gambe». «La Grardini fa all'amore senza riso». Ma si offende quando Ranla chiama pettegola: «Tutto, tuvi lascio passare, fuori che la rola pettegola, perché voi dovste sapere che io non ne cononeanche il significato, e non neppure amiche, per tema vogliano insegnarmelo». Perfdei circoli dotti, che quelle sigre frequentano, «attesa la nullità, non faccio quasi mai pte», scrive quella che è stata psentata per tanti anni come lagnora dei salotti. Fa parte invece, e con preccoscienza, del mondo spirituleopardiano, «lo sono fatta per soffrire che per godere, e ptroppo mi sono da gran tempo vezzata a questo. Salutatemi Lpardi tantissimo», scrive a Ranri, che è andato a Roma conpoeta, il 3 novembre 1831. Pogiorni dopo, riceverà una lettdi Giacomo (una delle due salte): «So che ancor voi siete innata alla malinconia, come sosempre state e come sarannoeterno tutte le anime gentild'ingegno». Aspasia terrà nel cuore qu a li o te Giacomo Leopardi in un disegno di Daniele Galliano Nell'immagine sopra Antonio Ranieri i sotto il letterato etro Giordani. A sinistra del disegno Fanny Targioni Tozzetti e un brano di una sua ettera a Ranieri