«Ma lasciare la figlia in ospedale è reato?»
«Ma lasciare la figlia in ospedale è reato?» Il caso di Elena al Mauriziano «Ma lasciare la figlia in ospedale è reato?» Dubbi dell'associazione famiglie adottive La sorte della bimba è affidata ai giudici «Si può considerare davvero un "abbandono" l'aver affidato la propria figlia alle mani sicure di infermieri e medici di un ospedale?». Con questo interrogativo l'Anfaa (associazione famiglie adottive) prende posizione sulla vicenda della piccola Elena, la nigeriana lasciata al Mauriziano il giorno di Natale. «Cos'altro poteva fare un padre extracomunitario disperato - si legge nel comunicato firmato dalla presidente, Donata Micucci -, che come clandestino non può nemmeno rivolgersi ai servizi sociali? Speriamo che i giudici tengano conto del contesto sociale in cui è maturata la vicenda e prendano al più presto una decisione». Ora al Tribunale per i minorenni, in corso Unione Sovietica, c'è un fascicolo aperto: spetterà ai giudici decidere la sorte della bimba di 13 mesi. I genitori - il padre Odeh, 30 anni, e la mamma Maris, di 28 che dopo due giorni si sono presentati all'Umberto I sostenendo che nessuno dei due aveva intenzione di abbandonare la figlia, verranno sentiti nelle prossime ore. Dopo la segnalazione da parte della procura, sabato scorso è già stato emesso un primo provvedimento d'urgenza: la bambina deve rimanere presso l'ospedale Mauriziano, forse alcune settimane, almeno fino a quando non sarà chiaro se i genitori vogliono realmente prendersene cura. Odeh e Maris hanno diritto a presentare un ricorso al tribunale, ma per ora non l'hanno fatto. In casi come questi i tempi della giustizia minorile, per quanto rapidi siano, devono tener conto di una serie difficile di verifiche: si deve accertare quale sia il vero domicilio della coppia, quale sia la loro posizione rispetto alle leggi sull'immigrazione. Giulia De Marc o, giudice Il giudice Cesare Castellani, che ieri era di turno, preferisce non parlare del «caso Elena», di lei si occuperà la neo presidente del Tribunale, Giulia De Marco. Spiega però le procedure. «Anche in altri casi di bambini stranieri, figli di nigeriane o albanesi - dice Castellani - abbiamo avuto molta difficoltà a capire quali siano le reali condizioni di vita della famiglia, che si trova in condizioni gravi di marginalità sociale, in clandestinità, spesso ai limiti della legalità». Che succede in questi casi? «I bambini vengono collocati in comunità di accoglienza assieme alle madri, perché non vogliamo mai separare la mamma dal figlio. Vogliamo capire in primo luogo se c'è la validità di un rapporto affettivo, se dunque la madre o entrambi i genitori sono in grado di occuparsi del loro bambino, se possono farsi carico della loro educazione». Nel frattempo Elena resta con medici e infermieri del reparto di Pediatria, Un'infermiera: «Gioca, sorride, sta benissimo, non ha alcun problema di salute». E ieri alla mamma è stato concesso di restare con lei per tutta la mattina. Il padre, invece, è rimasto fuori dalla porta: prima di consentirgli l'ingresso, si vuol fare piena luce sulla versione dei fatti riferita sabato alla squadra mobile. Aveva raccontato che la moglie era scappata da parecchi giorni e che lui non era più in grado, da solo, di accudire la piccola. In realtà, la donna era andata a Roma con una sorella per ottenere i documenti per l'espatrio: «Voglio tornare in Nigeria, dai miei genitori. Lui mi picchia, così non si può andare avanti», aveva detto. «Abbandonare Elena? Nel nostro Paese chi vuole abbandonare un bambino, lo lascia per la strada, non all'ospedale». Giacomo Bramardo La mamma della piccola Elena ha potuto stare anche ieri alcune ore con la figlia Dicono al Mauriziano «Elena sta bene, mangia dorme e gioca» Giulia De Marco, giudice
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