Una donna sfida il padrone del Kenya

L'idolo dei giovani Charity Ngilu e uno degli oppositori storici puntano al ballottaggio L'idolo dei giovani Charity Ngilu e uno degli oppositori storici puntano al ballottaggio Una donna sfida il padrone del Kenya Domani le presidenziali, Arap Moi rischia il trono NAIROBI NOSTRO SERVIZIO Daniel Arap Moi, al potere in Kenya da diciannove anni, affronta domani quattordici sfidanti alle elezioni presidenziali. Erano solo sette nel 1992, quando si tenne il primo scrutinio pluralista. In 7 anni di multipartitismo l'opposizione si è sbranata in lotte intestine in misura sufficiente perché Moi si presenti anche stavolta come il favorito: i sondaggi gli attribuiscono il 30 per cento dei voti, molto più di qualunque altro candidato. La sua caduta di popolarità risulta contenuta rispetto al 36,8 per cento che ottenne nel 1992. L'immaturità dell'opposizione ha finito per stancare un gran numero di elettori. Nel 1992 si contavano nell'arena politica dieci partiti, oggi ce ne sono venticinque, quasi tutti di natura tribale, al punto che qualcuno parla di «multi-tribalismo». Il successore di Jomo Kenyatta (il «padre» dell'indipendenza, morto nel 1978) è riuscito a controllare l'inevitabile passaggio al multipartitismo, pur non avendo mai nascosto la sua avversione per questo «sistema importato dall'Occidente» che, a suo parere, non può che aggravare il frazionamento tribale delle società africane. Arap Moi ha resistito quanto possibile al vento pluralista che ha soffiato nel Continente nero dopo la fine della Guerra fredda, e non ha ceduto che nel 1991 quando i Paesi donatori hanno congelato la loro assistenza, esigendo la democratizzazione del regime. Sul piano economico, la crescente ingerenza del Fondo monetario internazionale nel bilancio statale ha ridotto il margine di manovra del Presidente indebolendo il sistema clientelare da lui creato, nel cui ambito i fondi pubblici servivano a conquistare o conservare i seguaci politici. Ma di fronte all'evidente cattiva volontà del regime, che perseverava quanto possibile nella corruzione, l'Fmi ha deciso nello scorso luglio di sospendere uno stanziamento di 205 milioni di dollari. L'economia kenyota ha accusato un po' il colpo ma non ne ha sofferto oltre misura. In settembre il Presidente ha superato un'altra grave crisi che rischiava di attirargli le critiche occidentali. L'opposizione militante aveva organizzato una serie di manifestazioni per chiedere uno scrutinio libero e onesto, invocando l'abrogazione delle leggi repressive in vigore fin dall'epoca coloniale, e reclamando una commissione elettorale indipendente. «Niente riforme, niente elezioni!», scandivano i contestatori per le vie di Nairobi. La repressione di queste manifestazioni ha causato la morte di sedici persone. Contemporaneamente sono scoppiate, come già nel 1992, violenze interetniche nelle re¬ gioni costiere, che hanno fatto un centinaio di morti e centomila profughi dalle circoscrizioni elettorali dove erano in vantaggio gli avversari politici di Moi. Accusato di essere all'origine di questi torbidi, il potere ha cambiato registro, annunciando di essere pronto a dialogare con l'opposizione; ma alle condizioni stabilite dal Presidente, che contava di sfruttare le divergenti ambizioni degli esponenti dell'opposizione. Alcuni di questi ultimi, di concerto con le fazioni del potere divenute riformiste, hanno votato una serie di emendamenti costituzionali che in linea di principio dovrebbero permettere una competizione elettorale equa. Per convincere gli altri leader dell'opposizione ad approvare i cambiamenti che aveva concesso, Arap Moi ha fatto balenare la possibilità di includere alcuni di loro in un futuro governo di unità nazionale. In cambio, ha chiesto di conservare la so- stanza del suo potere, e in particolare il controllo della commissione elettorale. Moi non dovrebbe avere difficoltà a conquistare il suo secondo mandato dell'era multipartitica. Si ritiene anche che farà tutto il necessario perché allo scrutinio legislativo (che si terrà domani contemporanea¬ mente a quello presidenziale) il suo partito, l'Unione nazionale kenyota, ottenga i due terzi dei seggi necessari a condure a suo modo il processo di riforme costituzionali che ha promesso. Resta tuttavia un'incertezza legata alle modalità dello scrutinio, che sono state tagliate su misura per il presidente Moi cinque anni fa, ma che oggi potrebbero giocare contro di lui. Il Parlamento votò nel 1992 un emendamento alla Costituzione che stabiliva che il vincitore avrebbe dovuto ottenere almeno il 25 per cento dei voti in almeno cinque delle otto province in cui è diviso il Paese. Cinque anni fa Moi rispondeva a questo requisito, perché era dato perdente in tre sole province, feudi delle tribù kykuyu e bio sue avversarie. Oggi, fra i diplomatici a Nairobi i più valutano che il Presidente abbia tuttora ogni vantaggio dalla sua, ma ce ne sono altri che considerano lo scrutinio incerto, perché dicono che il Capo dello Stato potrebbe non arrivare al 25 per cento in una quarta provincia, quella dell'Est. Cosa che lo obbligherebbe ad affrontare al secondo turno il candidato piazzatosi secondo, sul quale potrebbero riversarsi i voti di tutte le opposizioni, maggioritarie se unite. Tale candidato potrebbe essere, secondo i sondaggi, il kykuyu Mwai Kibaki, presidente de] partito democratico e attualmente dato per secondo, oppure Charity Kaluki Ngilu, una donna d'affari di etnia kamba, molto popolare fra i giovani e gli intellettuali, o ancora Raila Odinga, figlio di Ogioga Odinga, uno dei padri dell'indipendenza, o infine Kijana Wamaiwa della tribù luhya. Ma a parte la Ngilu, nessun candidato ha un vero programma elettorale, in particolare in materia di riforma del sistema politico. La maggior parte di loro punta semplicemente a prendere il posto di Arap Moi esercitando i suoi stessi poteri. Jean Hélène Copyright «Le Mondee per l'Italia «La Stampa» Il capo dello Stato può mancare per pochi voti la vittoria al primo turno Al secondo sarebbe facilmente battuto dagli avversari coalizzati

Persone citate: Arap Moi, Daniel Arap Moi, Jean Hélène, Jomo Kenyatta, Mwai Kibaki, Odinga, Raila Odinga

Luoghi citati: Italia, Kenya, Nairobi