Cerica: «Adesso pensiamo a quelli di Tangentopoli» di Giovanni Bianconi

Cerica: «Adesso pensiamo a quelli di Tangentopoli» Cerica: «Adesso pensiamo a quelli di Tangentopoli» IL «BRIGATISTA GENTILUOMO» ROMA E l'hanno detto ieri in carcere, all'ora di pranzo. Ero andato a vedere se c'era il permesso che avevo chiesto, invece ho trovato la grazia». E così il Natale 1997 di Claudio Cerica è diventato davvero indimenticabile. Di punto in bianco il «brigatista gentiluomo» - ribattezzato così anche se non ha mai fatto parte delle Br, perché il 1° febbraio scorso lo arrestarono dopo che aveva restituito un portafogli trovato per strada s'è ritrovato da detenuto a uomo libero. «Ma io mi considero ancora un recluso, perché continuerò a lavorare con e per i detenuti che restano in carcere. Se c'è una punta di amarezza in me, oggi, è proprio per quelli che ho lasciato dentro, e spero che la mia vicenda sia un segnale per altri provvedimenti futuri», dice l'uomo condannato a sei anni e mezzo di galera per fatti di terrorismo (ma non di sangue), legati all'Autonomia operaia e al Fronte comunista combattente. Dopo averne scontati due e mezzo, nell'83 fu scarcerato e fuggì in Francia. Lì è rimasto 13 anni, poi è tornato in Italia, fino al casuale arresto di febbraio. Aveva già ottenuto il permesso di lavorare all'esterno del carcere, ma rientrava in cella ogni sera; il suo fine pena era fissato all' 11 novembre 2001, ma la grazia l'ha spazzato via. Che cosa significa che spera in altri provvedimenti? «Mi auguro che si arrivi a una soluzione per tutti craelli ancora in galera per questo genere di reati, e che finalmente si riesca a riportare le lancette dell'orologio a prima delle leggi dell'emergenza. In Italia ancora oggi si rischia più per una bottiglia molotov, considerata arma da guerra, che per una pistola calibro 7,65. Spero che la mia e le altre grazie siano lette come il segnale di una persona autorevole in favore di una soluzione globale di un problema anche politico nato più di vent'anni fa, e non nel senso opposto». Che sarebbe? «Il senso opposto è considerare soltanto i casi singoli, distinguendo tra detenuti buoni e meno buoni, tra casi umani e meno umani, senza porsi il problema in termini politici». A parte la politica, però, si tratta di pagare per i reati commessi, non le pare? «Certo, ma quelli sono stati in gran parte pagati. La media dei detenuti per fatti di terrorismo, condannati sulla base delle leggi d'emergenza, ha scontato tra quindici e vent'anni di galera. Che sia un periodo lungo non lo penso io, ma lo diceva un magi¬ strato come Michele Coirò, che è stato direttore generale delle carceri. So anche che c'è il problema delle vittime ma lasciare la gente in galera, purtroppo, non restitusce la vita alle persone». Ma quasi tutti gli ex terroristi sono di fatto già fuori, lei stesso stava in carcere solo la notte. «Infatti, solo che adesso tutto è in mano alla magistratura di sorveglianza, che si muove in maniera arbitraria e per certi versi medioevale. Tutto è affidato al caso e alla città dove si è detenuti: se uno capita con un magistrato illuminato può godere di certi benefici, se gliene tocca uno un po' più chiuso non li ottiene, e subisce un trattamento diverso a parità di pene e di reati. Non è giusto». La domanda di grazia non l'aveva presentata Cerica, ma i suoi genitori, e lui, cittadino francese dal 1986, non ci sperava quasi più: «Io aspettavo di ottenere l'affidamento al servizio sociale, che coi tempi della magistratura romana non sarebbe arrivato prima dell'estate. E' stata una vera sopresa». S'è mai pentito di essere rientrato dalla Francia, e di aver restituito quel portafogli? «No, perché in Francia ormai stavo male, e perché quello del portafogli m'è sembrato davvero un gesto ovvio e naturale». Ora richiederà la cittadinanza italiana? «Non lo so, ma alla vigilia dell'Unione europea non mi pare un problema. Piuttosto lo è quello delle 150 o 200 persone che sono ancora latitanti e ricercate per l'Italia, mentre in Francia vivono e lavorano alla luce del sole, come persone normali. Mi sembra una contraddizione da sanare mentre si entra in Europa, per questo dico che il problema è complessivo e che serve una soluzione politica». Anche per Tangentopoli? «Sì, perché anche in quel caso non si può lasciare tutto in mano alla magistratura e alla sua discrezionalità. Anche con la corruzione i giudici hanno fatto venir fuori un fenomeno che ha risvolti politici e per il quale serve una soluzione politica. Per quel che ci riguarda il percorso è stato lungo, è almeno dall'86 che se ne parla, e ancora non ci siamo arrivati. Ma noi eravamo giovani, abbiamo potuto aspettare, mentre i miei compagni detenuti per reati di corruzione sono già avanti con l'età: se l'attesa sarà la stessa rischiano di morire prima». Giovanni Bianconi 5W»> Ss*" i«x i£ g

Persone citate: Cerica, Claudio Cerica, Michele Coirò

Luoghi citati: Europa, Francia, Italia, Roma