A Khartoum l'epoca dei sorrisi di Ibrahim Refat

A Khartoum l'epoca dei sorrisi A Khartoum l'epoca dei sorrisi Espulsioni di terroristi e moderazione KHARTOUM NOSTRO SERVIZIO Carlos «lo sciacallo» non è stato l'ultimo terrorista «mollato» alla giustizia francese dai suoi ex padrini sudanesi. La stessa sorte, riferiscono fonti diplomatiche occidentali, è toccata giorni fa a altri dodici terroristi egiziani estradati in gran segreto al Cairo, quasi contemporaneamente all'espulsione di elementi tunisini e algerini ricercati nei loro Paesi. Che il Sudan tentasse di consolidare i legami con i Paesi vicini, di ricucire lo «strappo» soprattutto con l'Egitto, è una cosa che non sorprende più gli osservatori. Il Paese è prostrato da ima interminabile guerra civile, che dura dal 1983 e che costa all'erario un miliardo di dollari l'anno, l'equivalente di un quinto del reddito nazionale. Senza parlare del milione e 300 mila morti e dei 3 milioni di profughi, delle devastazioni di intere regioni meridionali. Non è tutto. La sedizione (come la definiscono i giornali ufficiosi a Khartoum) si è. estesa alla Montagna della Nubia e si è allargata a Est fino alla fascia costiera sotto Porto Sudan. Il perché di questi rovesci militari trova spiegazione nel fatto che quelli che venivano indicati con disprezzo come i «ribelli», i sudisti che combattono nelle file dell'Spia di John Garang, rinunciando all'atavica diffidenza verso i musulmani del Nord, si sono ricompattati con l'opposizione del Nord esiliatasi ad Asmara. Anche se Khartoum attribuisce i suoi insuccessi alla ingerenza militare di Uganda, Etiopia e Eritrea. Così tutti gli oppositori, cristiani, animisti e musulmani, ora, si battono per una identica causa: sbarazzarsi della giunta militare. Il tutto con la benedizione degli Stati Uniti e del segretario di Stato Madeleine Albright, la quale giorni fa a Kampala li ha invitati a sbrigarsi nel compiere questa missione, mettendo a loro disposizione altri fondi e congelando quelli di Khartoum presso le banche americane in virtù delle sanzioni economiche quali ritorsioni per «i suoi legami con il terrori¬ smo islamico». Allora ecco che l'eminenza grigia del regime, lo sceicco Hassan El-Turabi, in fretta e furia, depone nel cassetto tutte le velleità annunciate al momento della presa del potere da parte dei militari nel 1989 di voler esportare la rivoluzione islamica in tutta l'Africa. E il presidente Omar El-Bashir strizza l'occhio all'Egitto, col quale aveva rotto i ponti dal 1994 dopo il tentativo di assassinare Mubarak in Etiopia. Si dice che aspirerebbe non solo alla normalizzazione dei rapporti al fine di una mediazione egiziana con i ribelli, ma anche a stipulare un accordo di mutua difesa, in nome della minaccia alle acque del Nilo, se l'avanzata di Garang non si arrestasse. «Ora la parola d'ordine a Khartoum è congelare la Sharia, la legge islamica», spiega un giornali sta sudanese. Ecco perché giri e rigiri a Khartoum e non trovi che un solo striscione e per giunta occultato nei pressi del Parlamento dove si imieggia alla Sharia. Per contro, chiese e club parrocchiali nei sobborghi della capitale sono sempre affollati. Colpisce pure l'esiguo numero delle donne velate secondo i rigidi canoni islamici. «E' un Islam annacquato, diverso da quello di Teheran, quello che il Fronte islamico ha cercato di imporre qui in questi sei anni», osserva un diplomatico. Adesso anche su quella parvenza di islamizzazione, i governanti sudanesi sono disposti a trattare. «Pur di arrivare a un'intesa con Garang - assicura il ministro di Stato agli Affari esteri, Mustafa Ossman - siamo pronti a rinunciare alla etichetta di Repubblica islamica. E dividere il Sudan in due regioni distinte, una musulmana nel Nord e una cristiana c animista nel Sud. Ma non accetteremo mai una divisione del Sudan come quella che fu contrabbandata da Garang con il nome di confederazione». «La nuova Costituzione che stiamo per varare - spiega il ministro ammetterà l'esistenza di due Parlamenti federali dove ciascuno può scegliere le proprie leggi. Mentre il presidente della Repubblica potrà essere musulmano o cristiano. Quello che conta è il verdetto del popolo». Su pluralismo e diritti umani, due nodi dolenti per Khartoum, il regimo si è già impegnato a garantirne il rispetto adeguandosi però agli standard della regione. Ibrahim Refat La ribellione nel Sud si è alleata con gli altri oppositori e il regime ora rischia il crollo Il ministro degli Esteri: siamo pronti a dividere il Nord musulmano dalla zona cristiana

Persone citate: Garang, John Garang, Madeleine Albright, Mubarak, Mustafa Ossman, Omar El-bashir, Turabi