«Albertone, un divo a Los Angeles»

Sordi festeggiato negli Stati Uniti con una rassegna dedicata alT«Italy's everyman» Sordi festeggiato negli Stati Uniti con una rassegna dedicata alT«Italy's everyman» «Al bertone, un divo a Los Angeles» «Avremmo dovuto fare come gli stilisti e portare i nostri film in mezzo mondo» ROMA. Gli hanno intitolato una giornata, il 4 dicembre, come fosse un santo o un eroe, su mandato del sindaco di San Francisco e ordine del governatore della California. Alberto Sordi è appena tornato dagli Stati Uniti dove, per una settimana, prima a Los Angeles, poi a San Francisco, è stata presentata una rassegna di ventiquattro suoi fimi: da «La grande guerra» a «Nestore», passando, via via, per «Una vita difficile», «Lo scopone scientifico», «Un borghese piccolo piccolo». Voluta dall'Istituto di cultura italiana, le grandi università californiane con Berkeley in testa, più Rai-international, la rassegna, intitolata «Alberto Sordi: Italy's everyman», è stala seguita in sale aperte al pubblico da una folla sorprendente, con code al botteghino di ore per l'acquisto del biglietto. Alberto Sordi, che ha appena ripreso il montaggio di «Le occasioni perdute», il film sul tango girato in coppia con Valeria Marini, racconta di esser rimasto senza parole di fronte all'entusiasmo suscitato. «Non m'aspettavo mai che in America tanta gente avesse voglia di vedere i miei film. Scoprire che anche il pubblico delle sale mi conosceva, sulle prime mi ha commosso, poi però mi ha fatto sorgere qualche sospetto». Che sospetti, Sordi? «Che so, ho pensato che se i nostri distributori, invece di starsene con le mani in mano, avessero fatto girare i film italiani in America, anche noi avremmo potuto diventare famosi come gli stilisti che si sono messe sotto il braccio le loro pezze, sono arrivati oltreoceano e hanno imposto la moda italiana». Gli americani, però, le loro sale non le prestano volentieri... «E' per questo che è necessaria l'opera degli Istituti di cultura. Magari si fossero mossi prima, non ci troveremmo oggi con una cinematografia agonizzante. Comunque, meglio tardi che mai. Oggi c'è Rai-international che diffonde la nostra cultura, ci sono le ambasciate più attive che in passato, c'è un interesse crescente per quel che facciamo: sarebbe il caso di approfittarne». I suoi film sono stati visti con i sottotitoli? «Naturalmente. Gli americani sostengono che privare un attore della sua voce è una menomazione culturale. E dal punto di vista artistico hanno ragione. Però sono contraddittori visto che nel dopoguera ci imposero il doppiaggio e, tuttora, le loro pellicole invadono il nostro mercato recitate in italiano alla grande da quei meravigbosi inter- preti che sono i nostri doppiatori». E' riuscito a capire come mai, anche se i suoi film sono usciti in America solo nei cinema d'essai, la gente comune volesse vederli? «Intanto perché la manifestazione era stata preparata per mesi e lanciata molto bene. Tutta la stampa americana l'ha seguita. Poi perché alcuni miei film, comunque, hanno girato per le sale. «Il diavolo», per esempio, che loro hanno tradotto con «To bed or not to bed», è piuttosto popolare». Quanti incontri pubblici ha avuto? «Uno o due al giorno, all'inizio e alla fine delle proiezioni. Mi presentavo parlando in inglese come cittadino onorario di Kansas-City. Dopo "Un americano a Roma", per volontà dell'allora presidente Truman, ricevetti la cittadinanza di Kansas-City e da allora sono rimasto legato agli Stati Uniti. Lo stesso Clinton, del resto, ha ricordato che per lui l'Italia è la pizza, Sofia, e Alberto Sordi». Ha visto anche qualche collega di Hollywood? «No, ho incontrato solo Coppola che mi ha voluto ospite della sua tenuta vicino San Francisco: duemila ettari di terreno con una montagna annessa, un'impresa agricola immensa iniziata da suo nonno Pennino e portata avanti dagli eredi. Di suo, Coppola, clia costruito sopra un museo del cinema dove raccoglie ed espone le macchine cinematografiche di una volta e vende cappellini, magliette e cartoline come s'usa in America». Vi conoscevate già? «Con Coppola ci eravamo incontrati a Cinecittà. Lui girava un "Padrino", io "Finché c'è vita c'è speranza". Volle incontrarmi. Mi disse che "Il mafioso", il film che avevo girato tanti anni prima con Lattuada, era il miglior film mai fatto sulla mafia». Simonetta Robiony «Secondo Coppola ho fatto con Lattuada il miglior film sulla malìa» STRISCIA LA NOTIZIA (lacchetti] CANALE 5 ORE 20,35 LA CORRIDA (Corrado) COMMISSARIO REX (Il cane) 0 ma» WÀM AMICI (De Filippi) 0 <^ Successo Successo incondizionato condizionalo dall'orario Insuccesso Alberto Sordi: sta ultimando il suo film sul tango in cui recita a fianco di Valeria Marini