Qualità, l'Italia fa scuola

Qualità/ l'Italia fa scuola Qualità/ l'Italia fa scuola L'Anaborapi: i mercati esteri premiano la razza piemontese CUNEO. Gli allevatori italiani giocano la carta della qualità e sfondano all'estero grazie ad una carne rossa più magra e senza colesterolo, in linea con le esigenze di una alimentazione naturale. Al centro di questo successo ci sono i bovini della razza piemontese, vitelli che vengono macellati giovani, tra i 16 e i 18 mesi, ad un peso di circa 600 chilogrammi. Dotati di una massa muscolare notevole, sono capi allevati in modo naturale all'interno di aziende piccole e medie: costituiscono una «nicchia di mercato» importante, ma soprattutto - grazie ai torelli incrociati con manze locali e ai miracoli della genetica sono diventati l'ancora di salvezza in molti allevamenti sparsi su cinque continenti per ottenere bovini migliori, visto che si tratta di una razza immune dai problemi di Bse, la malattia di «mucca pazza». La conquista dei mercati mondiali parte da un piccolo centro della provincia di Cuneo, Carrù, noto in tutta Italia per i piatti di bollito misto dei suoi ristoranti e per la Fiera del bue grasso. Qui ha sede l'Anaborapi, l'Associazione nazionale allevatori razza bovina piemontese, alla quale sono iscritte circa 2 mila aziende con 106 mila capi (il 25 per cento della produzione di carne in Italia), tutti dotati di albero genealogico e pedigree. Il direttore dell'Anaborapi, Vittorio Faroppa, non nasconde la sua soddisfazione per alcuni contratti di export siglati negli ultimi mesi: ormai il valore supera i 2 miliardi l'anno. «Se è vero che noi italiani siamo abituati ad acquistare carne dall'estero - dice Faroppa -, con la razza piemontese dimostriamo che la nostra qualità viene premiata dai mercati di tutto il mondo». Alla Fiera bovina di Berlino, il 19 e 20 gennaio prossimi, ci saranno Tamara, una vacca campionessa figlia di Omero, e Virtù, manza figlia di Supremo Et, a rappresentare l'Italia: sono state acquistate nel Cuneese da produttori tedeschi ad una cura record, intorno ai 15 milioni l'una. E per la prima volta anche negli Stati Uniti è stato esportato il seme della «piemontese»: 10 mila dosi, oltre a molti embrioni, sono stati mandati in Nord Dakota, in Texas, in Colorado. In Brasile, Argentina, Germania, Svizzera ci sono già migliaia di capi con antenati piemontesi. «A fronte di questi successi all'estero - dice ancora Faroppa -, in Italia si stenta ancora a riconoscere il valore della nostra qualità, anche se il consumatore sta impa- rando a conoscere il marchio Coalvi. I prezzi al vivo sono i più alti, intorno a 5000-5500 lire al chilogrammo per i maschi da macello e 6500 lire per le femmine giovani, ma spesso i costi di produzione non vengono neppure coperti». Eppure negli Stati Uniti le carni con il timbro «premier beef» sono ormai sinonimo di tenerezza. Domani ci sarà anche un incontro tra gli allevatori e il governatore di una regione della Cina, lo Sighuan: già centinaia di soggetti puri crescono in allevamenti cinesi, ma se ci saranno accordi le prospettive per la bistecca «made in Piedmont» sono enormi. [g. pa.] Bovini piemontesi in mostra. Questa razza risulta indenne dalla Bse e quindi ricercata per ripopolare gli allevamenti stranieri

Persone citate: Faroppa, Vittorio Faroppa