E il vecchio maestro scoppia a piangere

E il vecchio maestro scoppia a piangere E il vecchio maestro scoppia a piangere Fratel Damiano era il suo professore quando frequentava il San Giuseppe «L'ho conosciuto che era un bambino», dice. «E ho in mente il suo sorriso semplice, la sua testa riccioluta». Giovanni Alberto Agnelli è stato un suo allievo. Fratel Damiano lo ricorda quando frequentava le elementari, al San Giuseppe dei fratelli cristiani. E poi in 1a e 2a media, sempre al San Giuseppe, prima che la famiglia decidesse di portarlo via da Torino per farlo studiare all'estero, negli Stati Uniti. In quegli anni, fratel Damiano era sia vice direttore didattico, sia preside («E severissimo insegnante di francese», come sottolineano i suoi ex studenti) dell'istituto. La tivù ha appena dato la notizia della-scomparsa del figlio di Umberto Agnelli e Antonella Bechi Piaggio, presidente della Piaggio, erede alla presidenza Fiat. Edizione straordinaria alle 17: è morto a Torino Giovanni Alberto Agnelli. Fratel Damiano, che da quando ha lasciato l'insegnamento assiste anziani malati all'istituto La Salle, s'è ritirato nel suo studio per piangere e pregare. I ricordi si susseguono in una serie di flash: «Il mio Giovanni. Uno dei ragazzi che ricordo con più stima, con più affetto, anche se a volte lo studio non era, come dire?, di suo gradimento». La scuola era (è ancora) in via San Francesco da Paola 32, centro città. Fuori di lì, dice fratel Damiano, il piccolo Giovanni Alberto viveva come in una prigione. Inevitabile: «Tra scorte e guardie del corpo, non aveva mai un momento per sé. E questo gli mancava)). L'amico d'infanzia con cui andava spesso a giocare a calcio ai giardinetti di fronte casa, in largo Re Umberto («Niente nome, vi prego», lo con- L'amico d«Il suo veEssere uncome tut 'infanzia ro sogno? n ragazzo i gli altri» ferma: «Da bambini, mi sembrava che la sua massima aspirazione fosse avere una vita normale». Tra i compagni di classe, molti portavano come lui cognomi importanti: figli di imprenditori, professionisti, dirigenti industriali. «Ma Giovanni Alberto continua fratel Damiano - era attratto da chi era meno fortunato di lui. Un anno, al San Giuseppe, arrivò un gruppo di bambini assistiti dalla San Vincenzo. La loro condizione di povertà, il loro futuro incerto, avevano molto colpito Giovanni. Che mi chiese espressamente di avere uno di quei bambini come compagno di banco».% p- Era un bambino buono, dice fratel Damiano. Lo dice e lo ripete, infischiandosene della commozione e delle parole che possono suonare retoriche: «Buono per natura, mi creda. Gentile. Cordiale. Educato. Rispettoso degli altri. Quel bambino così piccolo e già così famoso aveva davvero qualcosa di speciale dentro di sé». Un ex compagno di Giovanni Alberto Agnelli al San Giuseppe, Luca Curino, giornalista alla Gazzetta dello Sport, lo ricorda come un bambino «vivacissimo e brillante». Racconta: «Qualche mese dopo il trasferimento negli Stati Uniti, arrivò una sua lettera a scuola. Diceva che lì si potevano tenere i piedi sul banco. Ci sembrò una cosa straordinaria». Aveva 13 anni, Giovanni Alberto Agnelli, quando lasciò Torino e il San Giuseppe: 20 anni fa. «Non ci siamo più rivisti», conclude fratel Damiano. «Ma so che non mi sbaglio se oggi le dico che abbiamo perso un uomo degno dei compiti che lo attendevano», [g. a. p.J L'amico d'infanzia «Il suo vero sogno? Essere un ragazzo come tutti gli altri»