L'ultima cena del bollito ucciso dal «no» di Bruxelles

wwm»> a caso L'ultima cena del bollito ucciso dal «no» di Bru un sapore in pericolo CARRU' (Cuneo) DAL NOSTRO INVIATO Maledetti inglesi. Mentre l'Italia caracolla verso l'Europa, a Carrù è già atterrata, spargendo ombre jettatorie. «Oggi c'è la corsa a mangiare il bollito», sorride amaro Federico Amistà, dell'Anaborapi, la banca genetica che seleziona i bovini di razza. «Come se il pranzo di oggi fosse un'ultima cena». Mancano 20 giorni al 1° gennaio 1998 e da quel giorno Carrù, capitale italiana del bue, potrebbe fare un salto all'indietro nel tempo, quando la Fiera non esisteva: l'Unione europea programma di mettere al bando la testina e la lingua, perché a rischio mucca pazza, uccidendo una tradizione che ha un paio di secoli. Non è ancora mezzogiorno e i ristoranti si stanno riempiendo di golosi, che hanno prenotato da mesi. «Cominciamo col brodo», grida l'irriducibile Carlo Petrini, presidente dell'Arcigola, e si fa largo tra le mucche. Maledetti inglesi, si disperano gli allevatori in questa 87° edizione della manifestazione che si sente pugnalata per ima colpa non sua. «Agli animali diamo solo granturco, fave, orzo e fieno», dice Giovanni Chiecchio, di una delle famiglie che partecipano da sempre. «Certo che i mangimi sono unicamente vegetali», spiega Natale Manzo. «Manzo di nome e di professione», ci tiene a sottolineare. Qui le farine ovine che hanno trasformato in carnivori gh erbivori non le hanno mai viste. «Mi dica lei cosa c'entriamo». «Adesso aspettiamo che la legge europea la modifichino, così com'è è un'ingiustizia», aggiunge l'ex vicesindaco Pierluigi Gonella, che fino a una po' di tempo fa ha condiviso il destino di allevatore. «Non possono offendere la nostra cucina e umiliare la Razza Piemontese, una delle migliori al mondo», fa eco Gianfranco Boschetti, attuale vicesindaco e assessore all'Agricoltura. La piazza del paese si sta riempiendo di vitelli, manzi e buoi, i magnifici 500 in gara per 15 categorie, dai buoi grassi nostrani ai tori. Da Bruxelles è mai sceso qualcuno a godersi lo show di giganti da 10 quintali? «Che io sappia no. I funzionari europei non si sono visti». Nessuno ha chiesto un'opinione agli allevatori e loro - confessano quelle norme che arrivano da un Nord perso a quasi mille chilometri di distanza faticano a capirle. Per questo, domani hanno organizzato «Europa bollita o bollito europeo?», convegno per un'autodifesa in extremis. Corre voce che farà un'incursione la taumaturgica commissaria Emma Bonino. Sia come sia, il sogno è legato a quella stessa Europa degli enigmi che toghe il sonno. «Se riuscissimo a fare come a Barolo con il vino, se ottenissimo il marchio europeo Dop di garanzia, aUora saremmo in una botte di ferro», spiega Amistà, studiando le forme di uno dei vincitori di quest'anno, il bue migliorato da 964 chili di Paolo Chiecchio di Clavesana. La giuria gli consegna gualdrappa, 3 marenghi d'oro, diploma e targa, mentre le coperte bianco fosforescente con bordi dorati stanno per finire nella macelleria di Silvio Brarda di Cavour, maestro di bolliti. Il nonno Chiecchio guarda con rassegnazione il nipote Claudio, ventottenne. Lui non vuole continuare la tradizione. E infatti i giovani nella piazza di Carrù sono isolati punti neri in un mare di teste grigie e bianche. «Anche per questo motivo, i piccoli allevamenti, da 10, 20 capi, stanno scomparendo un po' alla volta», racconta Michele Almonte, presidente del team di esaminatori. Il male oscuro ha sempre le stesse cause: oltre alla fuga infinita dalle campagne - secondo Guido Bertela, veterinario - «i prezzi in calo per effetto della Bse made in England, la concoivenza dall'estero serrata, soprattutto dalla Francia, i costi troppo rigidi» e (qualcuno si sorprenderebbe?) la burocrazia asfissiante. Bisogna arrangiarsi e faticare, come Andrea Revelli, 64 anni, una dozzina di bestie: «Ormai il bue sta diventando un prodotto da amatori. Ci vogliono 3, 4 anni di lavoro notte e giorno per tirarlo su e poi lo vendi a non più di 9000 lire al chilo». Se non si ha una pensione come salvagente, oltre a un pezzo di vigneto e un noccioleto, il passivo incombe. Sembra che il rischio estinzione sia contagioso, come il non ancora sopito terrore per la mucca pazza. Se anche l'Ue salvasse il bollito piemontese, il bue, poveretto, resta Li pericolo. La flotta di trattori in esposizione a Carrù testimonia che ha perso da tempo la funzione di macchina da lavoro e i grandi allevatori lo trascurano, concentrandosi sui più proficui vitelli e vacche, come i fratelli Roberto, Giuseppe e Domenico Del Soglio, orgogliosi della loro stalla da 300 esemplari. «Per uscire dalla crisi vorremmo la diversificazione della qualità», sottolinea Roberto. In parole povere «L'ideale sarebbe che ogni azien da abbia il suo bel "marchio di fabbrica", per garantire metodi e parametri di ciascuno. Così, la smetteremmo con 'sto terrorismo del prione fatto da voi di giornali e tv e la gente ritroverebbe fiducia». Maledetti inglesi, maledetti giornalisti. Gabriele Beccaria In Piemonte protestano gli allevatori «Vogliamo subito una modifica alla normativa europea Non si può uccidere una razza pregiata per bloccare la mucca pazza inglese» e ouo, ieè rio- ia rù re a aaoil enù, bel imna co è Dal I ° gennaio del '98 l'Ue metterà fuori legge la testina e la lingua ingredienti fondamentali del bollito A fianco un'immagine della Fiera del bue di Carrù capitale della Razza Piemontese