La festa malinconica dei padri Costituenti

La festa malinconica dei padri Costituenti 50 anni fa la firma della Costituzione, ieri i 39 «superstiti» si sono ritrovati, fra ricordi e critiche alla Bicamerale La festa malinconica dei padri Costituenti EROMA sì, la Costituzione - scuote il capo Bianca Bianchi, che all'assemblea Costituente era una fragile ragazza dai capelli luminosi e dal sorriso cosi garbato, scrissero, "da ingentilire il socialismo" - qui la festeggiano, ma da un'altra parte le fanno il funerale...». Festa un po' malinconica a Palazzo Giustiniani, per il cinquantenario della Carta Costituzionale, che proprio qui venne portata alla firma del Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, nel dicembre 1947. Anniversario non del tutto scontato, per via della Bicamerale (con relative esequie). Sala degli Specchi gremita, comunque, cerimoniale sotto pressione, autorità istituzionali e partitiche al gran completo (con l'eccezione di Berlusconi), Di Pietro seduto in fondo, Speroni con una giacca più decorosa del solito, atmosfera di composta solennità, tendenzialmente a sfumare verso il retorico. Senonché tale esito è stato, se non proprio scongiurato, almeno reso più arduo dalla presenza di un gruppo di anziani «padri costituenti». Dei 39 «superstiti» - come li ha definiti con qualche realismo una nota del Comitato per le celebrazioni - si sono presentati Andreotti, la Bianchi, Bulow Boldrini, Colombo, Covelli (che come monarchicu votò contro), quindi la Nadio Gallico, Gui, la lotti, la Mattei, Mazzei, Murgia, Preti, Taviani, più il pre- sidente della Repubblica Scalfaro - il più arzillo di tutti, veniva da pensare, a riprova che il potere è un formidabile ricostituente. I patriarchi, testimoni di un'Italia quasi distrutta che hanno contribuito a ricostruire, sono stati fatti giustamente accomodare nelle prime file. Da cui hanno ascoltato la prolusione del presidente del Comitato celebrativo, il senatore popolare Gerardo Agostini, appassionato bocciofilo, che tra una «riflessione responsabile» e un «rinnovato e corale impegno» per forza ha dovuto anche affrontare il delicato problema degli «aggiornamenti» a una Costituzione che fino a pochi anni fa era ritenuta intoccabile. Aggiornamenti, d'altra parte, che anche il presidente del Senato Mancino nel suo più impegnativo intervento ritiene possibili, se non necessari. Anche se, è parso di capire, all'interno di un quadro di grande prudenza istituzionale. A tratti, anzi, a forza di magnificare la «lungimiranza» e le virtù anticipatrici dei costituenti, Mancino è sembrato parlare a suocera perché nuora intendesse. La nuora - nel caso una surreale nuora baffuta - era con tutta evidenza l'onorevole D'Alema, seduto in quinta fila, con un jet-lag messicano disegnato sul volto. Rispetto alla questione, il presidente della Bicamerale (e prossimo relatore in aula) è parso assestarsi sulla distinzione tra «strumenti invecchiati» e valori «scolpiti» in modo definitivo. Ragionamento sul quale tuttavia alcuni dei padri costituenti, vuoi per ragioni sentimentali, vuoi perché convinti che la Costituzione resta un miracolo politico da salvaguardare, si mostravano scettici. Della Bianca Bianchi, e delle sue meste considerazioni sul destino di quel testo, s'è detto. Ma neanche Emilio Colombo esitava, nella sua pur leggendaria cautela, a definire «arruffato» il lavoro della Bicamerale. Mentre, ancora più esplicito, Luigi Preti arrivava ad augurarsi un fallimento di quella specie di «pagliacciata». Nel frattempo, la cerimonia volgeva al termine. Dietro al tavolo, due porte spalancate a mo' di sipario lasciavano intravedere la biblioteca dove cinquant'anni fa venne promulgata la Costituzione. Ebbene proprio lì, accanto alla bandiera, investita da un fascio di luce, è comparsa a un certo punto Anna La Rosa, di Telecamere, che stava girando uno speciale. Filippo Ceccarelii Qui accanto il Presidente della Repubblica Scalfaro A destra Enrico De Nicola che nel dicembre 1947 firmò la Costituzione

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