Teheran, la battaglia d'Occidente

In apertura dell'ottava Conferenza Islamica esplode il contrasto (o il grande gioco) tra gli ayatollah In apertura dell'ottava Conferenza Islamica esplode il contrasto (o il grande gioco) tra gli ayatollah Teheran, la battaglia d'Occidente L Imam: è il nemico. Il Presidente: è partner TEHERAN DAL NOSTRO INVIATO Khatami apre a sorpresa all'Occidente ma al summit dell'Islam è bagarre sul negoziato di pace con Israele. Il presidente iraniano Mohammad Khatami ha inaugurato l'8° summit dell'Organizzazione della Conferenza Islamica (Oci) con un inatteso appello a «conoscere e comprendere l'Occidente» sovrapponendosi a quanto, pochi minuti prima dallo stesso palco, aveva detto l'ayatollah Ali Khamenei, successore di Khomeini alla «guida della rivoluzione», rilanciando la crociata degli «oppressi contro gli oppressori». La differenza, politica ed ideologica, fra gli interventi è tale da aver sorpreso anche molti iraniani. Con il suo discorso di 60 minuti, Khatami ha chiesto ai 55 Paesi del mondo islamico di «svegliarsi» e di uscire da «una secolare passività politica degenerata in declino». La via da seguire per il «risveglio dell'Islam» è opposta alla richiesta di Khamenei per una «unità e mobilitazione» contro l'«Occidente materialista che si affida alla pubblicità e spinge gli uomini lontano da Dio». «Nella nostra era l'Occidente prevale - ha detto Khatami parlando sempre in prima persona - e se vogliamo entrare nel futuro dobbiamo comprenderlo, dobbiamo fare nostri i suoi successi, le scoperte scientifiche, i passi in avanti, sfruttare i suoi mezzi». «La società islamica che voghamo costruire - ha sottolineato - è diversa da quelle nate a Roma e Atene, ma non è necessariamente in conflitto con loro». Nella «casa comune dell'Islam» di Khatami - la cui immagine ricorda la «casa comune europea» di Mikhail Gorbaciov - «non c'è spazio per le dittature», «tutti i popoli hanno diritto all'autodeterminazione» e «si tende la mano a ogni non musulmano, singolo o nazione, impegnato al reciproco rispetto». Insomma l'Occidente non è più tabù. 0 per lo meno non è più solo il «nemico» di cui parla Khamenei. I due uomini forti della Repubblica Islamica concordano invece sulla linea da seguire sulla scena internazionale: richiesta di un seggio permanente con diritto di veto per l'Oci nel Consiglio di Sicurezza, lotta all'occupazione sionista dei luoghi sacri, tutela della Bosnia, negoziato in Afghanistan, sostegno agli azeri contro gli armeni, trattative sul Kashmir, rispetto dell'integrità territoriale dell'Iraq. E una proposta: ((Allontaniamo le forze Usa dal Golfo - ha detto Khatami per sostituirle con un impegno dell'Ori». Ma appena si toccano le questioni concrete, emergono le divisioni presenti. II primo ad affondare i colpi è stato il principe ereditario saudita, Abdallah ibn Abdul Aziz, toccando il terrorismo dei gruppi fondamentalisti. «Perché il mondo arabo è muto - si è chiesto polemicamente il principe - davanti a questi assassini che decapitano e fanno a pezzi le loro vittime per istituire uno Sta to musulmano? E' una questione che poniamo, che inquieta e sconcerta più di ogni altra». Parole pe santi all'indomani dell'arresto in Pakistan di 11 n'amarli sospettati per l'assassinio di 4 texani. Subito dopo è venuta alla luce l'altra divisione che scotta nell'Ori, di cui Teheran avrà per tre anni la presidenza: il processo di pace in Medio Oriente. «Finora solo una volta gli arabi non hanno subito i sionisti, quando Siria ed Egitto at taccarono nell'ottobre 1973 duran te il Ramadan» ha detto Khamenei, lodando «quei giovani fedeli e dignitosi che si immolano in Palestr na e Libano». «La condanna del l'aggressione sionista ai luoghi sacri dell'Islam» è stata poi un Leitmotiv degli interventi della giornata: dal Segretario generale della Lega Araba al vicesegretario dell'Oua fino al siriano Hafez el-Assad, che ha chiesto ai delegati «aiuti per contrastare i sionisti che possiedono le nostre terre». E' stato il presidente dell'Anp, Yasser Arafat, a concludere la durissima requisitoria: «Vi avverto, c'è un piano ebrai¬ co per distruggere la Moschea di Al Aqsa ed edificare al suo posto il Tempio di Salomone» grazie «alle donazioni della lobby sionista di Washmgton. Aiutateci». Il primo a citare gli accordi di pace di Oslo è stato il Segretario generale dell'Orni, Kofi Annan, chiedendo «a entrambe le parti di rispettarli e di porre fine ai rispettivi episodi di violenza». Ma per il portavoce del summit, l'iraniano Mohammad Javad Zarif, Annan è andato troppo in là: «Credo si sbagli, non siamo d'accordo sul principio di reciprocità, il problema da risolvere è l'aggressione sionista che dura da cento anni». Ma, in tarda serata, quando il padiglione del summit stava chiudendo fra un turbinio di incontri bilaterali a porte chiuse, è arrivato il presidente turco Suleyman Demirel a sostenere Annan. «La Turchia è un'ardente sostenitrice del processo di pace che ha messo fine a secoli di ostilità - ha detto al termine di un faccia a faccia con Khatami - creando una possibilità che non deve andare perduta a causa di errori. E bisogna tenere a mente che Gerusalemme è importante per tutte e tre le religioni monoteiste». Come dire: l'apertura di Khatami all'Occidente ha ancora un ostacolo da superare, il rifiuto del negoziato di pace. In questo ch¬ ina arroventato da Gerusalemme e rimbalzata la notizia di una missione in Iran di 16 esperti agricoli israeliani che si sarebbero incontrati, grazie alla mediazione di Bonn, con il viceministro dell'Agricoltura. «Gli iraniani - ha detto Radio Gerusalemme - si sono detti interessati a proseguire discretamente la collaborazione». Maurizio Molinari I leader musulmani spaccati sulla pace con Gerusalemme Ma una delegazione di «esperti agricoli» israeliani è in Iran Il principe ereditario saudita attacca il terrorismo integralista «Il mondo arabo tace davanti agli assassini» A sinistra, la «Guida Suprema», l'ayatollah Khamenei Sotto, il presidente Mohammad Khatami