L'Iran dei due ayatollah, sorrisi e veleni di Maurizio Molinari

REPORTAGE Khamenei, il falco, e Khatami, il pragmatico, giocano la grande partita per il potere I/Iran dei due ayatollah, sorrisi e veleni Dietro il summit islamico REPORTAGE IL VULCANO DELL'ISLAM TEHERAN DAL NOSTRO INVIATO L'ottavo summit del mondo islamico si apre questa mattina in una Teheran in stato di assedio, con i negozi chiusi, che affida agli imponenti murales stradali i suoi due messaggi politici. «Benvenuti in Iran, Paese garante di pace e stabilità» recita un tranquillizzante presidente Mohammad Khatami, opportunamente tradotto in lingua inglese. «Dio benedica la rivoluzione islamica»,, replica a distanza - non tradotto - Ah Khamenei, che ha ereditato dal defunto ayatollah Khomeini la «Guida Spirituale» del Paese. I due murales riflettono i differenti approcci con cui Teheran guarda al summit dell'Organizzazione della Conferenza Islamica. Da un lato la scommessa di Khatami di porre le basi per un nuovo ruolo internazionale dell'Iran, rompendo l'isolamento ed il sospetto di molti Paesi musulmani. Dall'altro la scelta di Khamenei di sfruttare il summit per rilanciare la rivoluzione islamica come simbolo nazionale e guida dei musulmani in lotta in ogni angolo del mondo, dalla Bosnia a Gaza, all'Afghanistan, all'Algeria, alle Filippine. Nella non-stop televisiva che ha seguito ieri l'arrivo di Capi di Stato ed Emiri (ne sono arrivati talmente tanti da dover dirottare alcuni aerei sugli aeroporti provinciali) Khatami e Khamenei si sono abilmente alternati in un balletto di immagini dosate con il bilancino. Ma questa mattina, ad aprire il summit, non sarà il presidente-riformatore ma il fedele successore di Khomeini. L'interrogativo è rimasto aperto fino all'ultimo, e l'affermazione di Khatami ha più di un valore simbolico in un momento in cui il caso-Hussein Ali Montazeri tiene ancora banco nei palazzi di Teheran, alle prese con i nuovi equilibri interni nati dalle ultime elezioni presidenziali. Montazeri è l'ayatollah ribelle - ha osato contestare il principio della supremazia della «Guida spirituale» sul presidente in carica - ed è raffigurato in alcune immagini pubbliche con il volto piegato verso il basso, sotto l'austero sguardo di Khamenei. I quotidiani, in lingua persiana ed inglese, insistono sulla richiesta di «procedere in tribunale» presentata, in punta di diritto, da Khamenei contro Montazeri. «C'è una cospirazione in atto, partorita dai nostri nemici esterni, l'America e i sionisti, e messa in pratica da alcuni individui indigeni» insiste, sferzante, Khamenei, consapevole che riuscendo a processare Montazeri metterebbe una forte ipoteca politica sulle future mosse di Khatami. Fonti diplomatiche occidentali a Teheran ritengono invece che «fra i due si profili un equilibrio dei poteri, basato su un accordo che consente a Khamenei di mantenere il con¬ trollo sulla situazione interna mentre a Khatami viene lasciata mano libera nei rapporti internazionali». Forse non a caso alcune scritte anti-americane a Teheran sono scomparse, come nel caso di quel gigantesco «Down with America» che fino a poco tempo fa dominava la hall di uno dei più importanti hotel della capitale. Sarà dunque Khamenei oggi a «dettare la linea» del summit, dedicato a «dignità, dialogo e partecipazione». «Sarà lui a definire i temi della discussione» ha detto il portavoce del summit Mohammad Javad Zarig. Ma al suo fianco Khamenei non avrà il presidente uscente dell'Ori, re Hassan II del Marocco, che insieme all'egiziano Hosni Mubarak ha deciso di restarsene a casa per sottolineare la di- stanza che ancora separa l'Iran dagli arabi moderati su processo di pace e fondamentalismo. Questo non significa tuttavia che il ministro degli Esteri di Teheran, Kemal Kharrazi, sia sulla difensiva. Anzi, ieri, chiudendo i lavori della «fase preparatoria» del vertice ha chiesto «energia ed efficacia ai partners islamici», incassando subito dopo il via libera del collega egiziano Amr Mussa ad un «rilancio dei rapporti bilaterali» che non farà certo piacere a Washington. Lo scambio di aperture fra Iran ed Egitto avveniva proprio mentre all'aeroporto internazionale «Mehrabad» atterrava l'aereo di Yasser Arafat. Il presidente dell'Anp, firmatario degli accordi di pace di Oslo con Israele mai accettati dall'Iran, mancava da Teheran dal 1979. Ad accoglierlo lo attende una solenne dichiarazione dell'Ori contro 1'«occupazione sionista dei luoghi santi di Gerusalemme». Al centro delle trame diplomatiche della vigilia c'è comunque, soprattutto, la Turchia. Ankara ha reagito male alla stesura della bozza di risoluzione che - pur addolcita dall'assenza di riferimenti a singoli Stati - condanna la «collaborazione militare con Israele» e «l'occupazione del Nord dell'Iraq». Il ministro della Difesa turco, Ysmet Sezgin, ha chiarito che «non si accettano imposizioni». Starà ora al presidente della Turchia - unico paese della Nato presente al summit - Suleyman Demirel difendersi durante la seduta plenaria. Non si esclude che a mediare fra Teheran ed Ankara possa essere il presidente azero Aliev. Fonti della delegazione turca ieri sera hanno anticipato che «verrà rifiutata ogni proposta di baratto» fra le due bozze di risoluzioni su Israele ed Iraq e «un eventuale sostegno alle nostre posizióni su Cipro». Fra le curiosità del summit c'è da segnalare il caso-Mercedes, ultimo strascico delle tensioni fra Iran e Germania in seguito alla sentenza con cui il tribunale di Berlino ha imputato a Teheran l'assassinio di quattro oppositori turchi. «Avevamo pensato di acquistare delle limousine tedesche per i nostri ospiti - ha dichiarato Sadeq Karrazi, responsabile dell'organizzazione del summit - ma a causa della crisi intercorsa, abbiamo preferito le Peugeot 405 opportunamente modificate». Gli unici a fare eccezione alla «ritorsione automobilistica» sono stati il principe saudita Abdallah e l'emiro del Kuwait al-Sabah, saliti a bordo delle Mercedes delle rispettive ambasciate. Maurizio Molinari Uno sgarbo ai tedeschi dopo la guerra degli ambasciatori: le Mercedes per i delegati sostituite con auto francesi Il leader palestinese Yasser Arafat all'aeroporto di Teheran con il presidente iraniano Khatami e la guardia d'onore che accoglie gli ospiti all'arrivo