Camere in multiproprietà di Filippo CeccarelliAntonio Giolitti

L'ipotesi-Tonino evoca il trasformismo, le «compagnie di ventura parlamentari» e gli «ascari» giolittiani L'ipotesi-Tonino evoca il trasformismo, le «compagnie di ventura parlamentari» e gli «ascari» giolittiani Camere in multiproprietà SENATORI e deputati in prestito, gruppi parlamentari in multiproprietà... Se lo sforzo di Antonio Di Pietro va in porto, potrebbe essere questa la nuova frontiera della politica bipolare. La conferma che le vecchie appartenenze sono diventate sempre più evanescenti e i vincoli elettorali, quelli che legavano gli eletti ai loro elettori, si sono a tal punto allentati da consentire, appunto, la formazione di un gruppo «comune». 0, per meglio dire, di un gruppo in aggiunta a quelli già esistenti, cui partecipano parlamentari esplicitamente autorizzati dai rispettivi grup^5 e partiti di origine. Su questa eventuale autorizzazione già circolano comunque le prime, inevitabili leggende al momento condensate nell'avvertenza del senatore del pds Cioni: «Con Di Pietro io ci vado, ma con una dichiarazione scritta di D'Alema». I parlamentari in prestito, in effetti, temono che al momento delle elezioni il pur auspicato passaggio ad altro gruppo venga preso a pretesto per escluderli dalle liste. Di qui l'esigenza di un nulla-osta a futura memoria, con tanto di autorevole certificazione. Famo a fidasse, insomma, come si dice a Roma con amaro sarcasmo. Seppur umanamente comprensibili, tali preoccupazioni vanno comunque ad aggiungersi a una certa atmosfera tra il societario e il mercantile. La stessa che ieri avrebbe spinto Di Pietro a usare il verbo «cedere» a proposito di rappresentanti eletti; e l'altro giorno la senatrice De Zulueta a riconoscere sia pure spiritosamente che nella formazione del nuovo gruppo, «campagna acquisti è la parola giusta». Ora, com'è ovvio, ogni eventuale mercimonio dovrebbe vedersela con le singole volontà: «Non è che siamo birilli o fanti degli scacchi» sostiene Federico Orlando, pur riconoscendo onestamente di essere stato prestato dall'Ulivo al gruppo di Dini. «Insomma - esemplifica se Di Pietro mi convince ci vado senza chiedere il permesso a Dini; se no, non ci vado neanche se me lo chiede Dini». Quest'ultimo, per la verità, non sembra esattamente in condizione di chiedere, rischiando semmai lui di trovarsi i propri sudatissimi raggruppamenti di Camera e Senato svuotati dall'edificanda multiproprietà di Di Pietro. E tuttavia, se proprio occorre essere venali, è anche bene sapere che la nascita di un nuovo gruppo parlamentare nove essendocene già alla Camera e ben undici al Senato - è tutto fuorché un risparmio per i cittadini. La creazione in corsa di questo tipo di organismi collettivi comporta infatti una complicatissima redistribuzione di spazi (già terribilmente esigui) e di personale (a scapito degh" altri servizi). A Montecitorio, per dire, è dolorosamente vivo il ricordo della guerriglia divampata tra Ri e i socialisti del Si per lo «spazio vitale» di un paio di stanze. Inoltre, almeno alla Camera, aumenterebbero lievemente le spese interne per la I presidenza (4-5 milioni al mese), e un rappresentante della neonata formazione entra nell'ufficio di presidenza (quindi un'altra stanza e un altro po' di quattrini). Ma soprattutto, su un piano più elevato, è quantomeno dubbio che questi gruppi in comproprietà lascino una traccia duratura di sé, oltre che decorosa. Per quanto forte, anzi, sia la tentazione di rappresentarli come la forma più moderna ed evoluta di quelle «compagnie di ventura parlamentari» già evocate da Marco Minghetti nel 1881, o degli «ascari» giolittiani che si ponevano al servizio della maggioranza invece di difendere le posizioni per cui erano stati eletti, i precedenti più a portata di mano hanno drammaticamente che fare con la sopravvivenza di gruppi di naufraghi e profughi ex leghisti («Federalisti uberal-democratici» e «Lega Italia federale») dopo il ribaltone. Il trasformismo, certo, ha mille volti. Ma un prestito, se è davvero tale, comporta sempre la riscossione degli interessi. Filippo Ceccarelli Antonio Giolitti Sotto Orlando

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