Romiti conferma: no alla politica

Romiti conferma: no alla politica Romiti conferma: no alla politica «La disoccupazione è il nostro handicap» IL PRESIDENTE DELLA FIAT TORINO O, la politica no. Posto nuovamente di fronte alla domanda più gettonata degli ultimi mesi, Cesare Romiti torna a negare di avere in programma una discesa nell'arena parlamentare: «Se anche avessi voglia di farlo - spiega -, non potrei. Per essere un uomo politico è necessario essere più cauti, bisogna spesso ricorrere ai compromessi. E tutti mi conoscono. Quando esprimo il mio pensiero è quello che io penso veramente». Discorso chiuso, assicura il presidente della Fiat, che pure non esita a prendere posizioni contro le misure adottate dal governo Prodi per raggiungere l'obiettivo europeo, e a suggerire una sua cura per i grandi malanni che affliggono il Paese, cioè il debito pubblico e la disoccupazione. L'occasione per fare il punto su una Fiat che si prepara a chiudere un anno formidabile, e su un'Italia che corre verso l'Europa fra i sacrifici, l'ha offerta a Romiti un'intervista sul campo neutro del Financial Times. In due ore di conversazione con l'inviato del quotidiano britannico, finite nel lettissimo Monday Profile del giornale rosa sotto l'ammicante titolo di «Le politiche della successione», il numero uno del gruppo torinese ha affrontato tutti i temi del momento, partendo da un quadro generale che non sembra soddisfarlo appieno per arrivare ad un'azienda, quella della famiglia Agnelli, che invece sta dando grandi soddisfazioni. L'intervista cade alla vigilia del tradizionale incontro con il top management che oggi, al Lingotto, vedrà il vertice della Fiat con- frontarsi con gli oltre 400 uomini che dirigono le aziende del gruppo in ogni parte del mondo. Si farà il bilancio di dodici mesi da record (i profitti ante imposte dovrebbero superare i 4000 miliardi) e si discuteranno strade e strategie per l'immediato futuro. Nella sala, la stessa in cui nel dicembre '95 Giovanni Agnelli annunciò di voler lasciare le redini della Casa al compimento dei 75 anni di età, aleggerà anche l'interrogativo sulla successione a Romiti, ormai prossimo all'appuntamento con il limite statutario. Ma il presidente ritiene che si tratti di un problema sopravvalutato. Decideranno i grossi azionisti, dice al Financial Times ribadendo un indirizzo espresso più volte dall'Avvocato, e «quando succederà non sarà un grande avvenimento. Non importa che venga nominato Tizio o Caio. Dopo tutto, io chiedo spesso ai miei interlocutori di dirmi chi sia il presidente della Shell e loro non sanno darmi una risposta». Come dire che i nomi contano meno della qualità del gruppo. «Il mio obiettivo è stato di creare un'azienda con un gruppo di manager leali, uniti e determinati - ha detto Romiti -. E' motivo di orgoglio il fatto che i nostri risultati confermi- no il successo nel mettere insieme un'orchestra ben organizzata». Chiaro però che per funzionare bene, una multinazionale come la Fiat ha bisogno di muoversi in un contesto nazionale - ed internazionale - equilibrato. Con ciò in mente, Romiti contesta le scelte dell'esecutivo Prodi nei confronti dell'avvicinamento all'Euro, «ma non perché sono antieuropeo» anzi «credo fermamente che il futuro di questo Paese sia l'Europa» - bensì «perché non sono d'accordo con il metodo adottato dal governo». A suo avviso, si è optate per la quadratura aritmetica di Maastricht senza tenere da conto gli effetti sull'economia reale. Ed è stato un errore. «Il problema del debito pubblico - afferma Romiti nell'intervista - avrebbe dovuto essere risolto insieme con una politica di promozione della crescita e dello sviluppo». L'esempio del presidente della Fiat è quello di Madrid. «Qui in Italia molti consideravano la Spagna inferiore al nostro Paese - precisa - eppure hanno risanato i conti pubblici e la loro economia cresce del 3,3-3,4 per cento. Quest'anno, noi cresceremo dell'1,2 per cento, e la metà dell'aumento va attribuita al settore automobilistico e agli incentivi per l'acquisto di auto nuove». La «questione sviluppo» si lega direttamente ad un altro dei Lenii cari al presidente della Fiat: la lotta alla disoccupazione. «E' il nostro handicap - dice -. E' oneroso entrare in Europa e risanare con un tasso di senzalavoro così elevato». Come se non bastasse, c'è l'incognita dell'instabilità politica. «Il pericolo della mancanza di un'opposizione rischia di creare una maggioranza di governo "bulgara" con un miscuglio di ideologie di sinistra, di destra e di centro». Lo si è visto con la recente crisi che ha impegnato la maggioranza, conclude Romiti: la maggioranza ha mostrato le sue contraddizioni interne dovute ad una componente, Rifondazione comunista, «che non crede o quasi all'Europa, alle privatizzazioni e al vero mercato». In queste condizioni, è il messaggio di Romiti, le cose non possono essere facili per nessuno. [m. zat.l «La Fiat funziona come un'ottima orchestra» «Creato un gruppo di manager uniti e determinati» Inflazione bassa, segnali di ripresa economica: e i tassi di interesse potranno scendere? Da Basilea, ovviamente il governatore di Bankitalia non anticipa le sue mosse. Da tempo e soprattutto da qualche giorno c'è attesa Il presidente della Fiat Cesare Romiti pubblico fermo restando il rispetto del rapporto del 3% tra disavanzo e prodotto interno lordo, obbligatorio per l'adesione alla moneta unica Il presidente della Fiat Cesare Romiti

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