La cucina italiana in Cina di Edoardo Ballone

Nuovi locali Nuovi locali La cucina italiana in Cina TORINO. La Cina è vicina, anzi, sempre più vicina. O forse è preferibile dire che è l'Italia ad accostarsi a quel lontano Paese esportando prodotti industriali, commerciali, artigianali, alimentari. E adesso è arrivato il momento della gastronomia. Infatti i cinesi, in questo elenco di voghe occidentali, puntano pure sulla intrigante passione per la ristorazione. Italiana, naturalmente. Nei giorni scorsi, a Shanghai, il Jing Jiang Group, società governativa proprietaria di cinquanta hotel a cinque stelle su tutto i! territorio nazionale, ha concordato con un italiano, intermediario un italocanadese, la prossima apertura di una serie di ristoranti con cucina italiana negli alberghi del gruppo. Come dire che, dal novembre del prossimo anno, approderanno in Cina ricette cL bucatini alla amatriciana, rigatoni, bagna caoda, fonduta con tartufi, risotto alla milanese, caponata siciliana e via dicendo in ghiottonerie. Brano Libralon, presidente dell'lcif (Italian Culinary Institute for Foreigners) con sede nel castello seicentesco di Costigliole d'Asti, e John Arena, famoso ristoratore italo-canadese e fondatore del George Brown College di Toronto, sono i due artefici dell'accordo con i dirigenti del Jin Jiang di Shanghai guidati dal direttore Yang Yuan Ping. In concreto significa che dall'aprile prossimo cominceranno ad arrivare nelle aule del castello di Costigliole i primi venti professori di arte gastronomica inviati dal governo di Pechino. Apprenderanno, in uno stage di sei mesi (tre trascorsi a Costigliole e altri tre in giro per ristoranti di cuochi famosi in Italia) i grandi segreti della piacevole cucina di casa nostra. Che a loro volta, rientrati in Cina, insegneranno ai giovani cuochi asiatici. «Sono davvero soddisfatto per questo accordo - puntualizza Libralon - perché fa entrare per la prima volta ufficialmente in Cina la nostra cucina e apre inoltre un mercato di oltre un miliardo di bocche ai sapori italiani». Al di là del business, l'arrivo della cucina italiana in Cina è un momento di alto prestigio per il nostro Paese. Sì, perché, tanto per cominciare, proprio al Jing Jiang di Shanghai, prestigioso grattacielo-albergo, sarà aperto il primo ristorante con chef nostrano e camerieri locali, guidati da un dirigente cinese con master ottenuto all'Icif di Costigliole d'Asti. «E questo ristorante, che probabilmente si chiamerà Piemonte, sostituisce l'attuale francese che pare non sia di eccessivo gradimento ai clienti dell'hotel» chiarisce Libralon. Dopo chef giunti all'Icif dagli States, dal Canada e dal Giappone le stanze che videro soggiornare la contessa di Castiglione ora accoglieranno i cinesi. I tre mesi di studio nel Castello fra le colline dell'Astigiano costeranno (uniti agli altri mesi di stages itineranti) circa 15 milioni di lire italiane. Cifra considerevole pei' un cinese abituato a pagare m yuan. Ma niente paura: ai dirigenti cuochistudenti subentreranno, nel parziale pagamento, aziende agroalimentari italiane, il ministero italiano del Commercio Estero, i'Istituto del Commercio Estero (Ice). Agli «alunni», ossia ai governo chiese, il desiderio di imparare la cucina italiana non saia dunque un conto salato. Tutti contenti, insomma, cinesi e italiani. E nel nome del buon mangiare che, si sa, affratella i popoli intorno a un tavolo. Meglio ancora se in un raffinato ristorante. Edoardo Ballone

Persone citate: Castiglione, George Brown, Jing Jiang, John Arena, Libralon, Yang Yuan